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venerdì 29 luglio 2011

Una rete per lo spionaggio




SASSARI. Che non si trattasse di un sistema per contrastare l’immigrazione clandestina era facilmente intuibile. Prima di tutto perché sfuggiva a ogni logica il fatto che si volesse «proteggere» con una rete di radar tutta la costa occidentale dell’isola. Cioè dove storicamente non ci sono mai stati sbarchi di clandestini. Poi, elemento non secondario: la Sardegna è considerata una porta per l’Europa solo dagli «harraga» algerini. E il fenomeno ha avuto dimensioni marginali, di scarsissimo impatto sociale. Se quest’immigrazione, sporadica e stagionale, ha catalizzato l’attenzione dei nostri servizi segreti non è certo per paura di una possibile emergenza civile e umanitaria. Ma molto più semplicemente per il timore fondato che in quel flusso si potessero occultare infiltrazioni terroristiche, di matrice qaedista, come quella dei gruppi salafiti radicati in Algeria. Dunque quei radar hanno un’altra funzione. L’immigrazione clandestina è infatti la foglia di fico per nascondere le vere ragioni di una rete di controllo ispirata da logiche militari. D’altra parte è stata la stessa risposta della Guardia di finanza, riferita alla Camera dal ministro per i rapporti con il Parlamento Elio Vito, ad aprire uno spiraglio che aiuta a capire meglio il senso dell’operazione. E la chiave di tutto è nell’acronimo C4I, dove le quattro C stanno per comando, controllo, comunicazioni e computer e la i sta per informazioni. Ma si potrebbe dire intelligence, cioè spionaggio. In estrema sintesi, un sistema la cui architettura include centri di rilevamento fissi e mobili che comunicano attraverso reti satellitari, strategiche e tattiche, e attraverso computer. È come se esistessero migliaia di occhi elettronici capaci di comunicare in tempo reale a una centrale remota scenari in movimento. Insomma, un formidabile sistema spionistico al quale nulla può sfuggire. Ma anche il sistema nervoso di un concetto operativo nuovo in uno scenario di guerra. Si legge in un documento della Difesa: «Per il singolo soldato la comunicazione e la condivisione delle operazioni, sia a livello di squadra che verso i livelli di comando sovraordinati, risultano di fondamentale importanza in quanto permettono di integrare l’unità di manovra in un sistema di comando e controllo network-centrico. In un ambiente network-centrico, tutti gli elementi partecipanti a un’operazione diventano nodi intelligenti e attivi di una rete unificata». Per cancellare ogni dubbio sul C4I basta leggere quanto scritto su Rivista Militare (edita dallo Stato maggiore dell’Esercito) nel giugno 2000 in un’intervista al brigadiere generale Angelo Pacifici: «... è un sistema informatico di comando, controllo e comunicazioni, informatico gestionale e/o informatico dedicato esclusivamente all’attività informativa (intelligence, spionaggio..., n.d.r.) e che nella funzione C4 è il naturale supporto per la funzione C2 (Comando e controllo)...». Scrive Antonio Camuso, dell’Osservatorio sui Balcani: «In poche parole, grazie alle alte tecnologie impiegate nel sistema C4I, utilizzando reti che viaggino su satelliti e su reti dedicate (Internet e/o Intranet della forza armata in questione), permette la presenza virtuale in ogni punto operativo del C4I del Comando (che si chiami Pentagono, o comando Nato, ecc...) e nel contempo di “processare” un’infinità di informazioni provenienti dal campo operativo (di battaglia) o dall’acquisizione da opera di spionaggio di qualsiasi genere, politico, economico o personale». Il sistema nel nostro Paese è nato nel 2004. Il comando venne affidato all’ammiraglio Bizzarri e al generale Viarengo. Ma interagiscono anche i servizi segreti Aise e Aisi e il cuore tecnologico del network è costituito dalla brigata Rista-Ew, che raggruppa le unità di guerra elettronica delle forze armate. L’origine politica di questa rete militare risale al luglio 1997: venne decisa in un vertice di capi di Stato e di Governo dei Paesi dell’Alleanza atlantica, a Madrid. Un mondo che avrebbe dovuto rimanere segreto o comunque molto riservato. Ma l’esistenza della rete C4I venne a galla quasi per caso nel febbraio 2004, quando fu casualmente scoperta da un giornalista pugliese che frugava nel sito internet del Pentagono. Si apprese così che Taranto era diventato uno dei gangli strategici della rete militare statunitense, controllata dal Navy Center for Tactical System Interoperability che ha base a San Diego, in California. A questo punto è chiaro che la sintesi politica della polemica nata sull’installazione dei radar sulla costa occidentale dell’isola è che, ancora una volta, è mancata la chiarezza e la trasparenza. Ma soprattutto che questa opacità serve a nascondere una nuova pesante servitù militare per la Sardegna

da la Nuova Sardegna

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