Visualizzazioni totali

giovedì 9 agosto 2012

E' USCITO IL NUOVO NUMERO DI SA TIRIA, ORMAI IL SETTIMO. PER CHI VOLESSE COMMENTARE O PARTECIPARE LA MAIL A CUI SCRIVERE E'
satirianoradar@gmail.com

scaricate e diffondete


http://www.mediafire.com/view/?v22bvh954t1or22



lunedì 25 giugno 2012


Italia, l’isola dei droni


La Sicilia sarà l’isola dei droni. In occasione del vertice tenutosi il 21 e 22 maggio a Chicago, città natale del presidente Obama, la NATO ha perfezionato l’accordo per insediare nella base aeronavale di Sigonella il centro di comando e controllo operativo dell’AGS (Alliance Ground Surveillance), il nuovo sistema di sorveglianza terrestre alleato. L’AGS sarà disponibile a partire del 2015 e comporterà l’arrivo in Sicilia di cinque velivoli senza pilota UAV RQ-4 Global Hawk (Falco globale) di ultima generazione (Block 40). Entro il 2017, invece, giungeranno tra i 600 e gli 800 militari, “analisti, piloti, assistenti e, soprattutto, formatori”, come indicato all’agenzia Ansa da un ufficiale dell’Alleanza a Bruxelles, “perché Sigonella diventerà una base molto importante di training per tutta la NATO”.

Il Global Hawk è il più grande e sofisticato velivolo senza pilota mai progettato. Con una lunghezza di 13 metri e mezzo e un’apertura alare di oltre 35, il drone è in grado di volare a circa 600 chilometri all’ora, a quote di oltre 20.000 metri e in qualsiasi condizione meteorologica. Il suo potente apparato radar è capace di localizzare e tracciare piccoli oggetti in movimento o stazionari con estrema precisione. Un “grande fratello” con cui l’Alleanza Atlantica si prepara ad intervenire militarmente in uno scacchiere strategico che comprende l’Oceano Atlantico, l’Europa, l’Africa e il Medio oriente. “L’AGS è essenziale per accrescere la capacità di pronto intervento in supporto delle forze NATO per tutta le loro possibili future operazioni”, ha spiegato il vicesegretario generale per gli investimenti alla difesa, Peter C. W. Flory.

Il centro di controllo AGS gestirà le informazioni ottenute in cooperazione con i Global Hawk della US Air Force di penultima generazione (Block 30), operativi da due anni a Sigonella e con il BAMS (Broad Maritime Area Surveillance), il sistema di sorveglianza e intelligence in via di acquisizione dalla US Navy, incentrato su una versione modificata del falco globale che trasporterà un carico addizionale di sensori di 450 Kg. Al comando AGS di Sigonella faranno riferimento pure le numerose basi per i velivoli senza pilota d’attacco del tipo Predator e Reaper che le forze armate USA gestiscono in Iraq, Afghanistan, Yemen, Gibuti e nelle isole Seychelles. Il nuovo sistema di sorveglianza terrestre opererà inoltre in coordinamento con le stazioni UAV della CIA di al-Dhafra (Emirati Arabi Uniti) e al-Udeid (Qatar).

L’AGS sarà finanziato solo da tredici paesi sui 28 aderenti all’Alleanza Atlantica: Italia, Bulgaria, Repubblica ceca, Estonia, Germania, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Norvegia, Romania, Slovacchia, Slovenia e Stati Uniti. Al summit di Chicago sono stati firmati i primi contratti per un valore di 1,7 miliardi di dollari con il gigante dell’industria aerospaziale americana Northrop Grumman Corp. che dovrà fornire i cinque aerei-drone, i sensori e le telecamere di bordo e le stazioni radar terrestri. Secondo fonti ufficiali NATO, altri 2 miliardi di dollari verranno spesi nei prossimi 20 anni per rendere pienamente operativo il sistema e garantire la manutenzione e l’aggiornamento dei Global Hawk. Solo una minima percentuale degli ingenti finanziamenti alleati andrà alle società europee partner di Northrop Grumman, comeCassidian (sussidiaria missilistica di Eads), l’italiana Selex Galileo (gruppo Finmeccanica) e Koongsberg.

Proprio il massiccio trasferimento di risorse finanziarie pubbliche europee a favore della holding statunitense ha spinto buona parte dei paesi NATO a disertare il programma AGS. La iniqua ridistribuzione dei profitti tra gli alleati ha infastidito pure uno dei maggiori sostenitori della scelta di Sigonella come “capitale mondiale” dei droni, l’ex capo di Stato maggiore della difesa, generale Vincenzo Camporini. A conclusione del vertice NATO, il militare ha commentato chel’Alliance Ground Surveillance e gli altri programmi della cosiddetta Smart Defence (la strategia di difesa intelligentevarata a Chicago) “sono stati voluti dagli Stati Uniti e hanno comportato acquisizioni off the shelf di materiale di produzione americana”. “Così si chiederà agli europei di mettere una parte più o meno cospicua di finanziamenti, ad esclusivo favore dell’industria della difesa USA”, ha concluso Camporini.

Nessun commento invece dalle forze politiche rappresentate in sede parlamentare. Solo la Campagna per la smilitarizzazione di Sigonella e la Federazione della Sinistra hanno duramente criticato la scelta di rendere operativo l’AGS in Sicilia. “Se si considera che contemporaneamente va avanti l’altrettanto pericoloso progetto del MUOS in territorio di Niscemi appare chiaro come sempre di più l’isola stia diventando una piattaforma armata nel centro del Mediterraneo”, scrive l’ex deputato Prc, Luca Cangemi. “I prezzi che le popolazioni devono pagare a questa dilagante militarizzazione sono gravissimi in termini di devastazione dell’ambiente e di negazione di sviluppo. In particolare va ribadita l’assoluta incompatibilità delle attività militari previste a Sigonella con lo sviluppo dello scalo catanese di Fontanarossa, già oggi pesantemente penalizzato dalle interferenze delle forze armate statunitensi”. Per Cangemi, l’AGS comporterà un pericolo per il traffico aereo civile con effetti economici “disastrosi” in tutta la Sicilia orientale. Ma a Roma e Palermo la cosa sembra assai poco importare.


Tecnologie per la contro-insurrezione: micro-UAV per le operazioni militari e di polizia in ambiente urbano.

Come previsto dalle dottrine contro-insurrezionali e per le operazioni militari in ambito urbano elaborate dagli analisti dell’Alleanza Atlantica, i sistemi UAV (Unmanned Aerial Vehicle) di dimensioni ridotte per poter essere trasportati all’interno di uno zaino, si stanno diffondendo a velocità esponenziale tra le forze militari e le forze di polizia di molti stati.
Il primo sistema di questo tipo ad essere largamente impiegato è l’RQ-16A T-Hawk  sviluppato da Honeywell in collaborazione con la DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency).

Questo piccolo velivolo-spia è già stato impiegato dalla società TEPCO (Tokyo Electric Power Corporation) per osservare dall’alto la centrale nucleare di Fukushima, ma era già stato largamente utilizzato in Iraq e in Afghanistan, soprattutto nell’ambito anti-IED (Improvised Explosive Device). L’RQ-16A pesa 8 kg e misura 53,68 cm di larghezza e 58,41 cm di altezza ed è quindi facilmente trasportabile in uno zaino. Può volare in presenza di vento fino a 27 km /h ed ha un’autonomia di 45-50 minuti, con un raggio d’azione di 8-10 km. Può essere impiegato per osservare l’interno di un palazzo attraverso una finestra, ma non può entrarvi non essendo dotato di un sistema anti-collisione ed è molto rumoroso a causa del suo motore a scoppio e può essere sentito in volo fino ad una distanza di 2 km. Questo sistema ha riscosso l’interesse delle forze di polizia dello stato della Florida, visto che la municipalità di Miami ne ha già acquistati un paio per i propri reparti anti-sommossa.
Piuttosto silenzioso e adatto alle operazioni in ambiente urbano è lo Scout, sviluppato dalla canadese Aeryon Labs.

Questo micro-UAV pesa solo 1,3 kg ed è spinto da 4 motori elettrici che lo rendono estremamente silenzioso, operando soprattutto di notte grazie all’impiego di una camera termica stabilizzata su due assi. Il sistema è stato concepito per essere impiegato anche da personale inesperto dopo una brevissima sessione di addestramento. Il suo debutto sul campo è avvenuto con le forze ribelli in Libia, dove è stato impiegato per missioni di ricognizione notturne. Particolarmente pericoloso per la sua silenziosità, per le sue dimensioni ridotte e per la capacità di volare di notte, lo Scout misura circa 80 cm, dispone di un’autonomia di circa 20 minuti e può operare fino a 3 km di distanza anche con venti di 50 km/h.
La capacità di spiare e penetrare negli ambienti chiusi è dell’ AR100B della tedesca AirRobot, già sperimentato in Afghanistan in contesti urbani.
Per evitare il rischio di danni da collisione in ambienti angusti, i rotori sono protetti da una sorta di paraurti che porta il diametro dell’UAV a 1 metro. La batteria ricaricabile garantisce un’autonomia di quasi 30 minuti e il raggio d’azione del velivolo è limitato a 1,5 km.
Gli UAV di Finmeccanica per le forze di polizia

Sviluppato da Selex Galileo, il Drako è un sistema piccolissimo di 70 cm di diametro e dal peso inferiore ai 2 kg. Opera fino a 5 km di distanza da chi lo pilota ed ha un’autonomia di 30 minuti con una velocità massima di 45 km/h. L’azienda lo propone con un sensore elettro-ottico adatto per il giorno e la notte ed è dotato di un sistema automatico anti-collisione che gli impedisce di avvicinarsi a meno di due metri da un ostacolo, il che lo rende adatto a poter spiare anche volando all’interno di edifici.
Più piccolo e compatto è lo Spyball (il nome è indicativo dei compiti di questo micro-UAV), sviluppato alla fine del 2011 dall’UTRI s.p.a. (controllata Finmeccanica). Lo Spyball ha un peso di 1,7 kg e misura solo 35 cm di diametro e 40 cm di altezza, pesa 8 kg, può tranquillamente essere trasportato all’interno di uno zaino ed è adatto a svolgere la sua missione di controllo sia di giorno che di notte. È molto silenzioso perché propulso da un motore elettrico e questa caratteristica, sommata alle ridotte dimensioni del velivolo, lo rendono pressoché invisibile. Le sue dimensioni lo rendono praticamente perfetto per l’impiego in ambiente urbano e per il monitoraggio dei cortei. Selex Galileo lo dota anche di un sistema di guida adatto al volo in ambienti chiusi e all’interno di edifici. Questo UAV si sposta ad una velocità massima di circa 22 km/h con un’autonomia di 30 minuti e può operare fino a una distanza di 12 km da colui che lo guida.
Anche l’ASIO (sempre sviluppato nell’ultimo anno da UTRI s.p.a.) ha prestazioni e caratteristiche simili allo Spyball, ma è pensato soprattutto per missioni in ambienti urbani denominate “Hover and stare” (letteralmente: “appollaiarsi e guardare fisso”). In questo caso il micro-UAV viene fatto posare in un punto sopraelevato (sopra ad un tetto, per esempio) in modo che possa continuare ad osservare la zona d’interesse per un periodo di tempo molto più lungo rispetto all’autonomia di volo, fino a 4 ore.
Questi tre sistemi di Finmeccanica sono da poco disponibili sul mercato, e non è peregrino pensare ad un loro uso prossimo per conto delle forze di polizia dello stato italiano.

giovedì 31 maggio 2012

NUOVO NUMERO DI BIRDI KE SU PORRU - RIVISTA ANTIAUTORITARIA




http://www.mediafire.com/view/?tdtcx5ppg1mp04p



EuroGendFor. L’esercito privato della UE è in procinto di partire per la Grecia.

Non tutti conoscono questa unità segreto che risponde al nome di «EuroGendFor». Il quartier generale di questa speciale task force di 3000 uomini si trova a Vicenza, Italia. L’ex ministro della Difesa francese Alliot-Marie ha iniziato la formazione di questa truppa, dopo le sempre più comuni forme di battaglie di strada e saccheggi provocati da giovani in Francia. L’«EuroGendFor» è allo stesso tempo, polizia, polizia giudiziaria, esercito e servizi segreti. Le competenze di questa unità sono praticamente illimitate. Essa deve, in stretta collaborazione con i militari europei, garantire “la sicurezza nei territori di crisi europei”. Il suo compito è principalmente quello di sopprimere le rivolte. Sempre di più Stati membri dell’Unione Europea aderiscono al «EuroGendFor».
I governi europei sanno esattamente cosa li attende. Per evitare di dover usare i loro propri eserciti contro i cittadini del paese, le truppe paramilitari della “Forza di Gendarmeria Europea” è stata fondata in segreto. In teoria, si può ricorrere alla FEG ovunque vi sia una crisi. E’ ben stabilito nel Trattato di Velsen che regola gli interventi dell’EuroGendFor. Il suo motto motto è il seguente: “Lex paciferat” - che può essere tradotto come: “La legge porterà la pace”. Si sottolinea “il principio della stretta relazione tra l’imposizione dei principi giuridici e la restaurazione di un ambiente sicuro e protetto”. Un “consiglio di guerra” sotto forma di un comitato interministeriale composto dai ministri della Difesa e la Sicurezza dei paesi membri dell’Unione europea partecipanti, decide la strategia di intervento. La truppa può essere attivata su richiesta o dopo decisione dell’UE
All’articolo 4 del Trattato Costitutivo sui compiti e gli impegni si legge: “È possibile ricorrere alla FEG per proteggere le persone e i beni e mantenere l’ordine.” I soldati di questa unita’ paramilitare dell’Unione europea devono rispettare la legge vigente dello Stato in cui operano e dove vengono distribuiti, ma tutti gli edifici e tutte i terreni che vengono presi dalle truppe divengono estraterritoriali e non sono più accessibili dalle stesse autorità dello Stato in cui operano. Il mostro dell’Unione europea abroga inoltre il diritto nazionale anche in caso di antisommossa. 
L’«EuroGendFor» è una truppa di polizia paramilitare e servizi segreti che possono rapidamente operare. Unisce tutti i poteri e mezzi militari, di polizia e servizi segreti che possono essere utilizzati come consultani dalle forze di polizia nazionali e dall’esercito, dopo essere stato commissionato da una unità di crisi interministeriale in ogni sede per la lotta contro le rivolte, ecc. Il ministero federale della Difesa ha elogiato l’EuroGendFor sui propri siti web, scrivendo: “Polizia e esercito. Una gendarmeria europea promette la soluzione”.
L’EuroGendFor è ancora quasi completamente sconosciuto e nell’ombra. Ma non rimarrà a lungo tale. Più le persone vengono spinte alla povertà, più queste truppe ricche di poteri illimitati dovranno “regolare” la situazione. I capi di stato europei si renderanno conto con gratitudine che non saranno obbligati ad usare le proprie forze di polizia e dell’esercito contro i propri cittadini.

Il trattato di Velsen
18 ottobre 2007
TRATTATO Tra il Regno di Spagna, la Repubblica Francese, la Repubblica Italiana, il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica Portoghese, per l’istituzione della Forza di Gendarmeria Europea EUROGENDFOR
Leggere il trattato qui:
http://www.scribd.com/doc/78323752/Trattato-di-Velsen-2007

In Kosovo c’è sempre più NATO

di Antonio Mazzeo
 Dopo tredici anni di amministrazione militare del Kosovo e la spesa di ingenti risorse finanziarie, la NATO riconosce di non essere più in grado, con le forze attuali, di evitare la degenerazione del conflitto tra la maggioranza albanese e la minoranza serba. Così, alla vigilia delle prossime elezioni politiche in Serbia, il comando generale dell’Alleanza atlantica annuncia che dal primo maggio verrà rafforzato il dispositivo di uomini e mezzi che presidiano strade e villaggi del Kosovo (KFOR – Kosovo FORce). Secondo Bruxelles, saranno quasi 700 gli uomini dei corpi di pronto intervento di Germania e Austria che raggiungeranno la mini-repubblica balcanica dichiaratasi indipendente dalla Serbia nel 2008.
“Nel valutare la situazione odierna, la NATO e l’Unione Europea si sono rese conto che le forze KFOR sul campo potrebbero non essere sufficienti per rispondere in modo appropriato a eventuali incidenti e scontri in Kosovo, legati alle elezioni in Serbia”, ha ammesso il portavoce del Comando centrale militare tedesco, Hauke Bunks.
Il dispositivo KFOR prevede dal 1° marzo 2011 due Multinational Battle Groups, di cui uno a conduzione italiana. Attualmente, la missione vede schierati 31 paesi con 5.500 uomini. La Germania è il paese impegnato con il maggior numero di militari, 1.300, più altri 550 che giungeranno nei Balcani tra meno di una settimana. Seguono poi l’Italia con meno di 1.000 uomini e gli Stati Uniti con 800. Alla forza d’intervento NATO si aggiungono poi i 3.200 uomini della missione EULEX dell’Unione europea (European Union Rule of Law Mission in Kosovo), con il compito di “monitorare e guidare le nascenti istituzioni del Kosovo nei campi della Polizia, della Giustizia e della Dogana”. La missione europea ha preso il via il 4 febbraio 2008 (tredici giorni prima, cioè, della dichiarazione unilaterale d’indipendenza) ed opera, sostanzialmente, sotto il comando e la direzione della NATO. Inizialmente a capo di EULEX venne chiamato il generale francese Yves de Kermabon, dal 2004 al 2005 Comandante dell’operazione KFOR. L’odierno responsabile EULEX è il connazionale gen. Xavier Bout de Marnhac, capo KFOR nel biennio 2007-2008.
Nel caso di un inasprimento del conflitto tra le comunità albanesi e serbe, l’Alleanza Atlantica potrebbe chiamare all’Italia un maggiore impegno in Kosovo per i prossimi 5-6 mesi. Le forze armate italiane sono di base a Pec-Peja, nella parte occidentale della repubblica. Personale dell’Aeronautica militare della cosiddetta Task Force “Air” opera invece nell’aeroporto AMIKo di Djakovica in supporto e assistenza ai velivoli dei partner NATO. Nello scalo di Djakovica è presente anche il Gruppo elicotteri dell’Aviazione dell’Esercito denominato Task Force “Ercole”.
Gli altri centri operativi delle forze KFOR sorgono a Lipljan, Novo Selo, Prizren e Urosevac. Sotto il comando e la direzione dell’US Army Corps of Engineers, sono stati completati di recente i lavori di costruzione della più grande e moderna installazione militare NATO in tutta l’area balcanica: si tratta di “Camp Bondsteel”, nella regione meridionale del Kosovo, quasi alla frontiera con la Macedonia. La struttura si estende in un’area di 955 acri (poco meno 4.900.000 metri quadri) ed è in grado di ospitare sino a 5.000 uomini tra militari, civili e contractors. Nuova sede del comando generale di KFOR, “Camp Bondsteel” è una vera e propria cittadella autosufficiente: ospita numerosi magazzini e depositi di armi e munizioni, caserme e aree residenziali per i familiari dei militari, scuole, centri sportivi e commerciali e un grande ed attrezzato ospedale militare.
La nuova base kosovara avrà il compito di proiettare le forze terrestri e aeree USA e NATO in un’area compresa tra l’Adriatico e il Caucaso. Come evidenziato da alcuni analisti, la sua localizzazione consente di porre sotto controllo due corridoi terrestri ed energetici di importanza strategica per l’Occidente: quello progettato dalle imprese tedesche (e lautamente finanziato dall’Agenzia europea per la ricostruzione) che congiunge, via Belgrado, il porto rumeno di Costanza ad Amburgo, e quello “statunitense” (con fondi USAID) sulla rotta Bulgaria-Macedonia-Albania.
Le azioni di guerra alleate in Kosovo si svilupparono nel corso della primavera 1999. Secondo il Comando supremo dell’Alleanza, in 78 giorni furono lanciate più di 38.000 sortite aeree; 900 i velivoli NATO impegnati, 600 dei quali di pertinenza delle forze armate USA. Buona parte degli strikes partirono da basi aeree italiane (Aviano, Gioia del Colle e Sigonella in primis) e da unità navali dislocate nell’Adriatico. A dirigere le operazioni, il Combined Allied Operations Center installato ad hoc all’interno dell’aeroporto “Dal Molin” di Vicenza, oggi al centro dei lavori di trasformazione nella base-comando della 173^ brigata aviotrasportata dell’esercito USA e delle forze terrestri di USAFRICOM destinate al continente africano.
Alla guerra parteciparono per la prima volta i cacciabombardieri stealth B-2, fatti decollare dalla base aerea di Whiteman (Missouri) e riforniti in volo da aerei cisterna USA e NATO provenienti da basi italiane. Battesimo di fuoco anche per i giganteschi aerei cargo C-17 Globemasters , che trasportarono in Albania e Macedonia gli oltre 5.000 militari e gli elicotteri d’assalto poi utilizzati per l’invasione e l’occupazione del Kosovo. Ad oggi è ancora ignoto il numero dei civili che furono uccisi durante le operazioni aeree alleate in Serbia e Kosovo. Secondo l’organizzazione non governativa statunitense Human Rights Watch le vittime dei caccia NATO sarebbero state tra 489 e 528. Anonimi “effetti collaterali” di un conflitto-pantano insensato, la cui risoluzione manu militari appare sempre più lontana.

domenica 15 aprile 2012

L'ITER PER INSTALLARE TRE RADAR VA AVANTI SENZA OSTACOLI
[LA NUOVA SARDEGNA, 14 APRILE 2012]
 
OLBIA. Lo Stato è pronto a calpestare la volontà della Gallura. Il Ministero delle Infrastrutture porta avanti l'iter per installare tre radar, nell'Isola Bocca, nel faro di Capo Testa a Santa Teresa, sull'Isola di Razzoli nell'arcipelago della Maddalena.
La posizione contraria dei comuni non ha avuto alcun effetto sulle scelte romane. Dopo le rassicurazioni di qualche mese fa gli enti locali erano convinti di aver allontanato il pericolo di una nuova servitù. Invece in questi giorni i sindaci di Santa Teresa, Olbia e La Maddalena hanno avuto conferma che la battaglia è tutta da combattere.
Il Ministero ha presentato al SAVI, l'organismo regionale che valuta la sostenibilità dei progetti, la valtazione di incidenza ambientale dei tre radar. Il parere del SAVI è propedeutico alla conferenza di servizi che poi rilascia l'autorizzazione. È evidente che lo Stato non ha alcuna intenzione di fare marcia indietro. Uno schiaffo a comuni, in particolare a quello di Santa Teresa che qualche mese fa aveva incontrato i vertici del Comando Generale delle Capitanerie di Porto. «In quella occasione eravamo stati rassicurati - dice il sindaco Stefano Pisciottu -. Ci era stato detto che se il progetto del radar non fosse stato condiviso non era intenzione del Ministero andare contro la volontà della popolazione locale. Mi sembra invece che si stia andando nella direzione contraria».
La giunta Pisciottu studia le contromosse. Ha già affidato l'incarico di preparare una valutazione di incidenza ambientale da contrapporre a quella del Ministero. E se il progetto per installare un'antenna radar di tipo mercantile sul faro ci Capo Testa dovesse passare in conferenza di servizi farà ricorso al TAR. «Lo Stato calpesta la volontà della popolazione - aggiunge -. Solo un mese fa il consiglio comunale, dopo aver incontrato la popolazione, ha votato all'unanimità un ordine del giorno in cui dice in modo chiaro che Santa Teresa non vuole il radar a Capo Testa. Una copia della delibera è stata inviata in Regione e anche al Ministero. Non resteremo a guardare».
Pisciottu ribadisce i motivi del no al radar per sorevegliare le Bocche di Bonifacio. «Il faro di Capo Testa è il notro piccolo Coloseo - sottolinea il primo cittadino -. È un monumento che rappresenta la nostra comunità, è una parte della nostra storia e si trova in un sito di interesse comunitario. Per non parlare dei danni all'immagine turistica che la sua installazione provocherebbe. La percezione del percolo delle emissioni elettromagnetiche meterebbe in fuga i vacanzieri».

venerdì 13 aprile 2012

La guerra continua. Bombe agli AMX in Afghanistan e occupazione militare della Libia


Con 415 voti a favore, il 1° di febbraio la Camera ha approvato il disegno di legge di conversione del decreto di proroga delle missioni militari all’estero per tutto il 2012.
La novità più significativa è la proroga della copertura finanziaria alle missioni di guerra per un intero anno anziché per sei mesi, per il valore di 1,4 miliardi di euro.
Un emendamento autorizza la cessione a titolo gratuito al governo provvisorio libico di mezzi non più in uso alle forze armate italiane. Si segnala l’incremento proporzionale degli stanziamenti per le missioni dell’Unione Europea e della NATO contro la pirateria: 49,7 milioni di euro per tutto il 2012 a fronte dei 20,8 milioni del secondo semestre del 2011.
In linea con le risoluzioni 2009, 2016 e 2022 del Consiglio di sicurezza dell’ONU, viene finanziata l’occupazione della Libia da parte dell’esercito italiano stanziando 10 milioni di euro per l’impiego di personale militare in attività di “assistenza, supporto e formazione” nel paese nordafricano, presumibilmente in compiti di addestramento della neonata polizia libica e nella protezione delle infrastrutture e dei giacimenti petroliferi (ENI ringrazia).
Per concludere, dal 18 gennaio i quattro cacciabombardieri italiani AMX schierati in Afghanistan hanno avuto l’autorizzazione a impiegare “tutti gli assetti presenti nel teatro operativo afgano senza limitazioni”, ovvero uccidere anche con le bombe e non più solo con il cannoncino.
Questa scelta del governo, già considerata ma mai approvata dall’ex ministro della Difesa La Russa, è in linea all’acuirsi dei combattimenti sul fronte afgano fra le truppe d’occupazione italiane e la resistenza della popolazione.

venerdì 6 aprile 2012

Le nuove guerre dei militari USA di Vicenza



Torneranno presto nell’inferno afgano i soldati USA di stanza a Vicenza. Il Dipartimento della difesa ha reso noto che a partire della primavera 2012, due brigate di US Army verranno inviate in Afghanistan per sostituire alcuni reparti impegnati da mesi nelle operazioni di guerra. Si tratta della 173^ brigata aviotrasportata attualmente ospitata a Camp Ederle (Vicenza) e della 12th Combat Aviation Brigade di Katterbach, Germania. In vista della nuova missione bellica, oltre 3.600 uomini della 173^ brigata hanno completato un complesso ciclo addestrativo nel poligono tedesco di Hohenfels. Saranno invece 2.400 gli uomini della 12^ brigata da combattimento di US Army che raggiungeranno l’Afghanistan.

I militari USA di Vicenza sono impegnati pure in due sanguinosi fronti di guerra del continente africano: in Somalia, in qualità di consiglieri della forza multinazionale dell’Unione africana intervenuta contro le milizie degli shebab; in Uganda, nella guerra scatenata contro gli ultimi gruppi ribelli del Lord’s Resistance Army di Joseph Kony. Appartengono tutti ad US Army Africa (USARAF), il comando di US AFRICOM che coordina gli interventi dei reparti di terra nel continente nero. Lo scorso mese di febbraio, alcuni ufficiali di US Army Africa Vicenza, congiuntamente alla Guardia nazionale del Tennessee, hanno addestrato una trentina di membri dell’esercito e dell’aeronautica ugandese nel quadro delle attività dell’Africa Deployment Assistance Partnership Teams (ADAPT), il programma di assistenza del Pentagono per potenziare la prontezza operativa dei paesi partner africani (per interventi militari, peacekeeping, emergenze sanitarie, ecc.). Il training, secondo l’ufficio stampa di US Army, “ha consentito di introdurre in Uganda una serie di elementi operativi come la pianificazione del movimento delle unità, l’uso di materiale pericoloso e la preparazione del personale, degli equipaggiamenti e dei velivoli per il carico e il trasporto aereo”.

Nell’aprile 20011, US Army Africa Vicenza ha coordinato nel nord Uganda una vasta esercitazione militare con lancio di paracadutisti, a cui hanno partecipato militari ugandesi, il 21st Special Troops Battalion dell’esercito USA con sede a Kaiserslautern (Germania) e la 197th Special Troops Company della Guardia nazionale dell’Utah. “USARAF continua ad operare in partnership con le forze armate di Uganda, Rwanda, Burkina Faso, Botswana, Ghana, Burundi e Togo e punta in futuro ad estendere il programma di cooperazione ad altri paesi”, spiegano al quartier generale di Vicenza.

Un contributo per conoscere meglio la storia, gli obiettivi, le finalità e l’organizzazione del nuovo comando giunge dal recente saggio pubblicato dal generale Willian B. Garret, già comandante delle truppe statunitensi di stanza a Vicenza, e dal colonnello Stephen Mariano, alle dipendenze di USARAF. I due militari analizzano in particolare la trasformazione del Comando di US Army in Europa (SETAF) in componente terrestre del nuovo Comando degli Stati Uniti d’America per le operazioni in Africa. “Il 5 dicembre 2008, l’Ambasciatore americano in Italia, Roland P. Spogli, di concerto con il Ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, annunciò ufficialmente che la Forza Tattica dell’Esercito degli Stati Uniti del Sud d’Europa (SETAF) era stata designata quale componente terrestre del Comando AFRICOM”, scrivono Garret e Mariano. “La SETAF, di stanza e con sede a Vicenza dal 1955, ha una lunga storia costellata di iniziative portate a termine nel continente africano, nonché di rapporti di collaborazione con le nazioni dell’Africa. Negli ultimi 15 anni, è intervenuta sul suolo africano in numerose occasioni: dalle operazioni di risposta a situazioni di crisi, alle operazioni di assistenza umanitaria, a quelle di soccorso in occasione di calamità naturali”. Tra le principali operazioni, Garret e Mariano segnalano il dispiegamento di reparti a Entebbe, Etiopia (Support Hope nel 1994) e in Congo (marzo 1997), con l’evacuazione di “personale non combattente” dallo Zaire (Guardian Retrieval).

“Dopo aver preso parte alle operazioni di guerra in Iraq e Afghanistan, il Comando USA di Vicenza si ristruttura focalizzando la propria attenzione al continente africano”, aggiungono Garret e Mariano. “Oggi, la SETAF-USARAF rappresenta una squadra senza paragoni nell’ambito del settore militare statunitense, il primo contingente in seno alle Forze Terrestri dedito a operare in Africa per cambiarne in meglio il futuro”. Alla componente di AFRICOM sono stati assegnati i compiti di supporto alle operazioni e alle attività della Combined Joint Task Force Horn of Africa, la forza di pronto intervento USA con sede a Camp Lemonier (Gibuti) - la più grande sul suolo africano – e alle esercitazioni periodiche multinazionali di Enduring Freedom Trans-Sahara.

Oltre ad assistere tutto il personale dell’esercito degli Stati Uniti schierato nel continente nero, US Army Africa Vicenza ha assunto il compito di “sviluppare il potenziale africano in termini di rapporti tra e con le istituzioni per la sicurezza, le organizzazioni regionali e quelle sub-regionali”. Questo nuovo impegno si concretizza con un aumento delle attività di “cooperazione” nel settore dell’addestramento e della formazione delle forze terrestri africane, “l’organizzazione di conferenze e seminari, le vendite di attrezzature, tecnologie informatiche, ecc.”.

Sempre secondo i due alti ufficiali dell’esercito statunitense, l’impegno di USARAF è di “diventare un partner affidabile e sicuro per le controparti militari africane, le forze di sicurezza locali, i nostri alleati, tutte le componenti di AFRICOM, nonché per le altre organizzazioni governative statunitensi e organizzazioni internazionali operanti in Africa”. In quest’ottica, il Comando di Vicenza vede operare una componente mista, “civile-militare”, dove però la prima è ovviamente subordinata alla seconda. “Gli Stati Uniti – scrivono Garret e Mariano - sono fermamente convinti che mediante una nuova organizzazione civile-militare, i 250 milioni di dollari spesi all’anno per l’assistenza militare possano raggiungere i 9 miliardi e possano essere spesi annualmente in maniera più efficiente a favore della tutela della salute, del buon governo e della promozione del commercio”.

Nel loro saggio, i militari statunitensi annunciano che le dimensioni del comando di US Army Africa sarà il doppio di quello della vecchia SETAF; di conseguenza, saranno modificati anche i profili professionali del personale impiegato al Quartier Generale di Vicenza. Dalla sua costituzione (2008) ad oggi, il contingente è già cresciuto tantissimo, passando da un centinaio a più di 450 uomini. “Un’altra importante trasformazione è data dal fatto che il Comando non disporrà di un contingente militare proprio”, aggiungono Garret e Mariano. “Ciò non significa che taglierà tutti i ponti con la 173^ Brigata di fanteria aviotrasportata combattente; significa però che il Comandante di USARAF non potrà ordinare unilateralmente ai reparti della 173^ di partire per una missione in Africa”.

Con US Army Africa si sono pure rafforzati i rapporti di collaborazione con le forze armate italiane, utilizzando soprattutto le attività del Centro di Eccellenza per le Stability Police Units (CoESPU), la “scuola” dell’Arma dei carabinieri destinata alla “formazione” delle forze di polizia militare africane ed asiatiche, ospitata nella caserma “Chinotto” di Vicenza. “Il CoESPU, sancito dal G8 e fondato dall’Italia, rappresenta un esempio emblematico di un nuovo partenariato basato su solide fondamenta”, aggiungono Garret e Mariano. “Esso ricade all’interno del più ampio spettro di progetti della Comunità Internazionale atti a portare assistenza tecnica e finanziaria alle forze dell’ordine delle Nazioni in via di sviluppo, al fine di sviluppare il proprio potenziale per supportare operazioni di mantenimento della pace. L’attenzione principale del CoESPU è rivolta all’Africa, e l’obiettivo della USARAF è quello di andare oltre la semplice risoluzione dei conflitti o semplici operazioni di coordinamento; l’obiettivo finale è invece quello di sincronizzare e contribuire agli interventi di sviluppo del potenziale locale. Complessivamente, questo partenariato coinvolgerà un’ampia gamma di ufficiali di collegamento, interscambi di risorse umane, tavole rotonde interne, ecc.”

Intanto prosegue frenetico il processo di ipermilitarizzazione del territorio comunale. Il colonnello David Buckingham, comandante di US Army Garrison-Vicenza, ha formalizzato la conclusione della seconda fase dei lavori di realizzazione delle facilities destinate ai reparti statunitensi all’interno dell’ex aeroporto Dal Molin. La trasformazione dello scalo in megacaserma della 173^ brigata aviotrasportata è uno dei principali progetti di potenziamento infrastrutturale delle forze armate USA a livello mondiale. I lavori, per un importo di 245 milioni di euro, sono stati affidati nel marzo 2008 a due aziende leader di LegaCoop, la Cooperativa MuratoriCementisti di Ravenna (CMC) e il Consorzio Cooperative Costruzioni di Bologna (CCC). “Questa seconda tranche è consistita nella costruzione degli uffici e delle infrastrutture di servizio del 173rd Airborne Brigade Combat Team e delle abitazioni per circa 1.200 soldati single”, ha spiegato il colonnello Buckingham. Lo scorso mese di gennaio, al Dal Molin sono stati trasferiti i primi reparti di US Army Africa, mentre il personale restante del comando raggiungerà la base entro il giugno del 2014. “Prevediamo invece che entro il giugno 2013 si completi il trasferimento al Dal Molin dei circa 2.000 militari e delle rispettive famiglie attualmente ospitati aBamberg and Schweinfurt, in Germania. Il programma ha subìto solo qualche mese di ritardo a causa delle cattive condizioni meteorologiche, della bonifica delle munizioni non esplose ritrovate all’interno dell’aeroporto (49 bombe italiane e britanniche risalenti alla Seconda guerra mondiale) e degli scavi archeologici”. A conclusione dei lavori, il Dal Molin ospiterà quattro battaglioni e il quartier generale della 173^ brigata, mentre due battaglioni dell’esercito resteranno nella vicina Camp Ederle. “Vicenza sarà la città italiana con la più alta presenza di militari USA in termini di popolazione, con circa 5.000 uomini distribuiti tra il Dal Molin e l’Ederle”, ha concluso Buckingham.
Ai lavori nel vecchio scalo si sono aggiunti quelli all’interno delVillaggio Housing di Vicenza per la costruzione di un nuovo liceo per i figli del personale militare. La struttura sorgerà accanto agli edifici che ospitano la scuola media e comporteranno una spesa di 41.864.000 dollari sul bilancioMilitary Construction Family Housing 2012 del Dipartimento della difesa. I lavori saranno completati entro l’agosto 2014. Oltre alle aule scolastiche, ikl nuovo liceo avrà una palestra coperta, un campo di calcio e uno per il basket, campi da tennis, una multisala per incontri e proiezioni, una caffetteria, una mensa scolastica, alcuni laboratori scientifici e sale computer, un magazzino e i relativi uffici amministrativi.

giovedì 22 marzo 2012

Dopo gli Stati Uniti anche in Italia la guerra si fa “green”:

10 milioni di euro alle forze armate dallo sviluppo di energie rinnovabili

“A tre mesi dalla sua nascita, la società “Difesa Servizi Spa” ha portato i primi utili concreti”. È quanto affermato dall’ex Ministro della Difesa La Russa lo scorso novembre nel corso della conferenza stampa di presentazione dei risultati ottenuti dalla società “Difesa Servizi Spa” (costituita nel 1999) come strumento di autofinanziamento del Ministero della Difesa. Lo scorso mese di luglio il ministero  aveva concesso a “Difesa Servizi spa” la gestione di 64 siti militari per l’installazione di pannelli fotovoltaici.
“Grazie alle energie rinnovabili”, ha spiegato La Russa, “abbiamo ottenuto un introito di 10 milioni di euro per l’anno 2011”.
Nel corso dell’incontro con la stampa, alla quale hanno partecipato anche il presidente del consiglio d’amministrazione della società e generale di corpo d’armata Armando Novelli, l’amministratore delegato Lino Girometta e il consigliere Antonio Giordano, l’ex ministro ha ricordato anche le altre iniziative intraprese da “Difesa Servizi”.
Lo scorso mese di ottobre sono state infatti siglate due convenzioni riguardanti il settore della meteorologia, mentre è di prossima attivazione la convenzione per la tutela dei marchi delle forze armate, presentati il 5 novembre scorso in una sfilata a Milano.
Ricordiamo che sempre questa azienda, con i marchi di abbigliamento “Esercito Italiano-Marina Militare e Aereonautica Militare” è in continua espansione sul territorio con oltre 200 tra punti vendita e negozi monomarca, con l’obiettivo di diffondere la propaganda militarista e ricavare guadagno per il funzionamento dell’apparato militare dello Stato.
La guerra si diffonde sul territorio e nell’immaginario collettivo. Sabotare il meccanismo bellico in tutte le sue componenti parte anche da qui.

Finmeccanica è sempre più NATO


di Antonio Mazzeo
 Le società produttrici di armi controllate da Finmeccanica si confermano importanti contractor dell’Alleanza Atlantica. Selex Elsag, specializzata nella progettazione e nello sviluppo dei sistemi di comunicazione militare, si è aggiudicata in collaborazione con il colosso statunitense Northrop Grumman, un contratto di circa 50 milioni di euro per l’implementazione e la gestione del programma Computer Incident Response Capability (NCIRC) – Full Operating Capability (FOC) dell’agenzia NC3A della NATO.
“Il programma NCIRC consentirà di monitorare e rispondere rapidamente ed efficacemente alle minacce e ai problemi di vulnerabilità alla cyber security, in linea con gli obiettivi stabiliti dai capi di Stato dei paesi NATO nel novembre 2010 a Lisbona”, spiegano i manager di Finmeccanica. “Il contratto riguarda un servizio completo per garantire la sicurezza delle informazioni a oltre 50 tra comandi e siti in 28 paesi dell’Alleanza”. Alla commessa è prevista la partecipazione di Vega, la società con sede in Gran Bretagna acquistata da Finmeccanica nel 2008, attiva nella consulenza ingegneristica e tecnologica nei settori della difesa e aerospaziali.
“Questo risultato dimostra chiaramente la capacità di Finmeccanica di integrare le migliori competenze del Gruppo per fornire soluzioni avanzate di protezione da attacchi cyber a un’organizzazione internazionale di tale importanza”, ha commentato Giuseppe Orsi, presidente e amministratore delegato della holding. Particolarmente soddisfatto per la partnership con Finmeccanica si è dichiarato Mike Papay, vicepresidente di Northrop Grumman Information Systems, società dell’omonimo gruppo leader nella produzione di cacciabombardieri, sistemi missilistici convenzionali e nucleari e dei famigerati velivoli senza pilota “Global Hawk” che le forze armate Usa e NATO stanno dislocando principalmente nella base siciliana di Sigonella.
“Northrop Grumman – ha dichiarato Papay – è lieta di contribuire a questo programma con le proprie risorse ed un’esperienza pluridecennale nella realizzazione e gestione di centri di cyber security management, sia negli Stati Uniti che nel Regno Unito, al fine di proteggere le reti della NATO da minacce di natura cyber”. Northrop Grumman, insieme a MCAfee Security, ha pure firmato contratti per 189 milioni di dollari con il Dipartimento della difesa e la Defense Information Systems Agency (DISA) per lo sviluppo dell’Host Based Security System (HBSS), un software destinato alla protezione della rete dei terminali militari Usa.
Sempre in ambito NATO, un paio di mesi fa, la filiale britannica di Selex Elsag aveva sottoscritto un contratto dell’ordine di decine di milioni di euro per gestire l’ammodernamento dei centri di telecomunicazioni satellitari e delle infrastrutture collegate. Il contratto, in particolare, prevede l’installazione di un centro per le comunicazioni via satellite in Belgio, l’ammodernamento delle stazioni di terra ad antenna multipla di Kester (Belgio) e Lughezzano (Verona) e dei siti ad antenna singola di Oglaganasi (Turchia) e Atalanti (Grecia). I tecnici dell’azienda italiana sono pure chiamati alla formazione e all’addestramento del personale militare dell’Alleanza presso la NATO Communications & Information Systems School di Borgo Piave, Latina.
Nel maggio 2011, a Selex era andato un altro importante contratto dellaNACMA – NATO Air Command and Control System Management Agency, del valore di circa 30 milioni di euro, per la fornitura e l’installazione di sistemi di comunicazione in diversi siti terrestri, nell’ambito della cosiddetta “Rete Link 16” che consentirà lo scambio dati con i vettori aerei a 29.000 piedi di altitudine nello spazio aereo europeo, migliorando il sistema di “difesa missilistica” della NATO. I terminali saranno consegnati a partire di quest’anno a quattordici paesi (Danimarca, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Italia, Norvegia, Olanda, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Spagna, Turchia e Ungheria).
Con NACMA, Selex Sistemi Integrati (altra controllata Finmeccanica), aveva siglato nel 2011 un contratto del valore di 10 milioni di euro per lo sviluppo del programma interalleato Air Command and Control System (ACCS). L’azienda curerà la progettazione e la realizzazione entro il 2015 di due siti ACCS (uno in Ungheria e l’altro in Norvegia) per la gestione delle operazioni aeree. Le attività prevedono l’installazione di 173 posti operatore e l’integrazione con i sistemi nazionali e gli altri centri ACCS NATO. Nel febbraio 2010, ancora l’agenzia NACMA della NATO aveva affidato a Selex Sistemi Integrati i lavori d’“integrazione di 230 sensori per tutti gli undici siti di replica ACCS” (valore 14,5 milioni di euro).
Sempre nel 2010, Selex Sistemi Integrati ha ottenuto un contratto del valore di circa 5 milioni di euro dalla NATO Consultation, Command and Control Agency (NC3A) per fornire alle forze armate polacche tre sistemi radar secondari del tipo IFF (Identification Friend or Foe). La società italiana dovrà garantire anche il supporto logistico e l’addestramento degli operatori.
“Con questo nuovo contratto, Selex Sistemi Integrati conferma la sua posizione di fornitore di riferimento nel mercato dei sistemi radar per la difesa aerea in Europa ed in particolare per la NATO”, hanno dichiarato i responsabili di Finmeccanica. “Il sistema radar IFF incrementa la capacità di trasmissione dei dati tra aeromobili e centri di controllo a terra, migliorando le tecniche di riconoscimento ed aumentando la sicurezza del sistema e la protezione delle informazioni”. I nuovi radar saranno integrati con i tre sistemi per la difesa aerea RAT 31DL che la stessa Selex Sistemi ha recentemente installato in Polonia.

venerdì 16 marzo 2012

Missili, satelliti e aerei d’Israele per le forze armate italiane



Può essere equipaggiato con tre differenti tipologie di testata bellica a seconda dell’uso: anticarro, antifanteria e per la distruzione di bunker. Lo “Spike” è l’ultimo gioiello di morte prodotto da Rafael, una delle più importanti industrie militari israeliane. Si tratta di un missile aria-terra a corto raggio destinato agli elicotteri d’attacco. La prima versione, denominata “Er”, è capace di colpire bersagli fino a una distanza di 8 chilometri. Gli israeliani però hanno in produzione un modello con una gittata superiore ai 25 chilometri, lo “Spike Nlos”, dotato di un sensore elettro-ottico e infrarossi e di un apparato di ricerca laser.

Secondo la World Aeronautical Press Agency i nuovi missili made in Israele saranno utilizzati dagli Eurocopter Tiger e Puma e dagli AW-129 Mangusta prodotti da AgustaWestland (gruppo Finmeccanica). I Mangusta sono quelli dei raid dell’esercito italiano nei principali teatri di guerra (prima in Iraq, adesso in Afghanistan). Gli elicotteri, in numero di 60, sono in dotazione al 5° reggimento AVES “Rigel” di Casarsa della Delizia (Pn) e del 7° “Vega” di Rimini, inquadrati nella Brigata Aeromobile “Friuli”. I Mangusta vantano già una terribile potenza di fuoco: mitragliatrici FN da 12,5 mm, cannoni da 200 mm a canne rotanti e missili AGM-114 “Hellefire”, BGM-71 “Tow” anti-carro, FIM-92 Stinger” ed MBDA “Mistral” antiaerei. Con gli “Spike” si amplierà il ventaglio operativo degli elicotteri d’assalto mentre ne uscirà ulteriormente rafforzato l’interscambio bellico Roma-Tel Aviv e la partnership strategica tra le rispettive forze armate.

Dopo le recenti esercitazioni in Sardegna e nel deserto del Negev in compagnia dei cacciabombardieri d’Israele, l’Aeronautica militare italiana ha deciso d’installare a bordo degli elicotteri EH101 e degli aerei da trasporto C27J Spartan e C130 Hercules un nuovo sistema di contromisure a raggi infrarossi, denominato “Dircm - Directional infrared countermeasures”. Il sistema sarà sviluppato e prodotto dalla società Elettronica Spa di Roma assieme all’israeliana Elbit e comporterà una spesa di 25,4 milioni di euro. “Le prime consegne sono previste per la fine del 2013”, spiegano al ministero della difesa. “Con il Dircm, l’Aeronautica italiana sarà la prima forza armata europea a dotarsi di un sistema con tecnologia non americana per la difesa dai Manpads (Man-portable air-defense systems), missili che possono essere lanciati con sistemi a spalla e che rappresentano oggi una delle minacce più pericolose in fase di decollo ed atterraggio”.

Il contratto con Elettronica-Elbit ha preceduto di qualche mese l’ordine del governo israeliano di 30 caccia-addestratori “avanzati” M-346 Master di Alenia Aermacchi (altra azienda Finmeccanica). I velivoli sostituiranno entro il 2015 i vecchi A-4 Skyhawk utilizzati dalle Tigri volanti del 102° squadrone dell’aeronautica israeliana per formare i nuovi piloti dei cacciabombardieri e come mezzo di supporto alla guerra elettronica. L’M-346 potrà essere utilizzato pure per attacchi al suolo con bombe e missili aria-terra o antinave e comporterà un giro d’affari di circa un miliardo di dollari. La manutenzione dei velivoli, per una durata di venti anni, sarà invece affidata alla joint venture TOR costituita dall’industria aerospaziale israeliana IAI e da Elbit Systems.

Secondo quanto trapelato sui media statunitensi, per l’acquisizione dei caccia-addestratori italiani, Washington potrebbe offrire ad Israele una somma pari al 25% del valore della commessa nell’ambito degli aiuti militari previsti dal fondo US foreign military financing (FMF). Il Pentagono avrebbe confermato che l’Agenzia statunitense per la cooperazione alla difesa e alla sicurezza avrebbe avviato colloqui ufficiali con il ministero della difesa israeliano per concordare che alcune componenti degli M-346 Master prodotte negli USA (come ad esempio i motori turbo F124 di Honeywell e altri sistemi avionici) siano acquisite con i fondi FMF. Un “aiuto”, dunque, condizionato a favorire il complesso militare industriale statunitense.

Non altrettanto vantaggioso per l’Italia il contratto firmato tra il governo israeliano ed Alenia Aermacchi. Esso prevede infatti come contropartita che il nostro paese acquisti materiali bellici in Israele per un valore non inferiore al miliardo di dollari, in particolare sistemi satellitari spia e aerei radar. Per ilmemorandum of agreement che sarà firmato entro la fine del mese tra il premier Monti e le autorità israeliane, in cambio degli M-346, l’Italia si doterà innanzitutto di due satelliti elettro-ottici di seconda generazione “Ofeq” il cui costo è stimato in 200 milioni di dollari. dovrebbero essere lanciati entro il 2014. Gli Ofeq, prodotti dalle Israel Aerospace Industries (IAI) ed Elbit, “verranno lanciati entro il 2014, saranno al 100% italiani e verranno gestiti da una stazione terrestre italiana”, scrivono in Israele.
Alle forze armate italiane giungeranno poi due velivoli di pronto allarme (Early warning and control - AEW&C) Gulfstream 550 con relativi centri di comando e controllo, prodotti dalle aziende IAI ed Elta Systems. Il costo complessivo dei due velivoli è stimato in 760 milioni di dollari, più del doppio di quanto era stato previsto nel 2009 dall’allora ministro della difesa Ignazio La Russa per la messa a punto del sistema “multi-sensore e multi-missione” JAMMS (Joint airborne multisensor multimission system), incentrato sui Gulfstream 550. “Il costo stimato del programma ammonta a280 milioni di euro a valere sul bilancio ordinario della difesa e avrà durata di sette anni”, aveva spiegato La Russa ai parlamentari della Commissione difesa alla vigilia del voto (unanime) a favore del JAMMS. “Esso supporterà le operazioni delle forze nazionali e alleate impegnate in operazioni militari in Patria e fuori dai confini nazionali nelcontrollo e nella sorveglianza dello spazio aereo”. Dei 760 milioni previsti, quasi 500 andranno all’acquisto dei due velivoli AEW&C e i restanti 260 per finanziarne i costi logistici e la manutenzione per un periodo di 15 anni dalla loro consegna, fissata tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015.

No Tav - Cronologia della resistenza diffusa [dal 26/1 al 14/3 2012]


riceviamo e diffondiamo:

Giovedì 26 gennaio
Innumerevoli attestati di solidarietà nei confronti degli arrestati in tutta Italia. Presidi, cortei spontanei, momenti di saluto pirotecnico sotto le mura delle carceri si svolgono a Torino, Milano, Padova, Bologna, Trento, Asti, Cagliari. A Roma alcuni studenti salgono sui tetti di Trenitalia in segno di protesta.

Venerdì 27 gennaio
Torino: tre sacchi di escrementi lanciati contro la redazione del quotidiano “CronacaQui”, che ha pubblicato foto utilizzate dagli inquirenti per l’identificazioni di alcuni degli arrestati.
Milano: in alcuni quartieri compaiono numerose scritte No Tav e di solidarietà.

Sabato 28 gennaio
Torino: l’iniziativa già da tempo prevista per portare le macerie della Valle presso la sede della Regione, si trasforma in una manifestazione contro gli arresti cui partecipano, sotto la neve, migliaia di persone. Imbrattata di vernice la sede de “La Stampa”, numerose scritte lasciate lungo il percorso.
Cagliari: blocco di mezz’ora dei binari della stazione e corteo spontaneo nella città.

Domenica 29 gennaio
Rouen (Francia): scritte No Tav sui muri del Centro culturale italiano.

Lunedì 30 gennaio
Milano: nel quartiere Bovisa imbrattata una sede del PD, deciso sostenitore del Tav in Val di Susa. Lasciate scritte No Tav.

Martedì 31 gennaio
Lugano (Svizzera): cori, striscioni e volantini interrompono una conferenza del procuratore Caselli, invitato a parlare del tema “Politica e giustizia. Quale rapporto?”. La scorta dei magistrati e la polizia cantonale allontanano i contestatori a calci, pugni e spray urticante.
Crema: una scritta No Tav sul muro, e fiamme alle porte d’ingresso presso una sede PD.

Mercoledì 1 febbraio
Torino: occupata per mezz’ora la sala vip della stazione di Porta Nuova.

Giovedì 2 febbraio
Milano: scritte e striscioni compaiono nel quartiere Lambrate.

Venerdì 3 febbraio
Milano: presidio musicale sotto il carcere di S. Vittore.

Sabato 4 febbraio
Milano: in piazza Duomo composte diverse scritte di solidarietà con cartelli alfabetici.
 
Domenica 5 febbraio
Latina: vergate scritte di solidarietà nei muri della città e di altre località dell’Agro Pontino.

Martedì 7 febbraio
Milano: in piazza Velasca volantinaggio solidale presso la sede della C.M.C, ditta vincitrice dell’appalto per il Tav in Val di Susa, ma anche per Expo 2015 e altre devastazioni infrastrutturali.

Giovedì 9 febbraio
Torino: per timore di contestazioni, viene annullata la presentazione pubblica di un libro in cui era prevista la presenza del Procuratore Capo Caselli. Un corteo spontaneo di un centinaio di persone attraversa le vie della città.
Genova: manifestazione e presidio.

Sabato 11 febbraio
Genova: corteo e presidio sotto il carcere di Marassi. Alcuni giornali parlano di un principio di incendio doloso ai danni di un’auto di un agente della Penitanziaria. Poche ore prima numerose scritte di solidarietà e contro Caselli appaiono in centro e nei quartieri di San Fruttuoso e Sampierdarena.
Torino: attacco telematico di Anonymous contro il sito web del carcere delle Vallette, reso inagibile per svariate ore.
Milano: murales nel quartiere San Siro recita “Da San Siro alla Val di Susa i territori sono di chi li vive”.
Trento: presidio solidale sotto il carcere.

Domenica 12 febbraio
Roma: un gruppo di solidali interrompe lo spettacolo di Ascanio Celestini “Pro Patria”.
Manifestazioni e presidi presso le carceri di Torino, Alba, Alessandria, Cuneo, Ivrea, Saluzzo, dove sono stati trasferiti alcuni degli arrestati.

Lunedì 13 febbraio
Milano: alla stazione Milano-Certosa un gruppo di solidali No Tav blocca per una trentina di minuti un Frecciarossa diretto a Torino. Lo striscione steso sui binari recita: “Come la neve blocchiamo tutto”. Nel quartiere Ticinese, nel frattempo, sono spuntati tre murales giganti di solidarietà con gli arrestati.
Val Polcerva (Genova): un murales di 40 metri con la scritta “No Tav Liberi Tutti – No Gronda – vie le truppe dalla Val Susa” viene vergato in una zona interessata dal progetto del Terzo Valico.

Martedì 14 febbraio
Milano: blitz di un gruppo di studenti presso la sede centrale di Banca Intesa-San Paolo, uno dei principali finanziatori del progetto Tav, che viene chiusa dal personale. Lasciate scritte e volantini incollati. 
Torino: danneggiata vetrata degli uffici del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.

Mercoledì 15 febbraio
Roma: presidio No Tav alla stazione Tiburtina.

Giovedì 16 febbraio
Milano: presidio presso la sede della C.M.C.
Bologna: in stazione centrale una ventina di solidali occupa per circa mezz’ora la sala Club Eurostar.
Parma: presidio davanti alla stazione.
Venezia: occupato e smontato un ufficio del Frecciarossa.

Venerdì 17 febbraio
Ravenna: critical mass e presidio presso la sede della C.M.C.

Sabato 18 febbraio
Milano: corteo di 3000 persone fino a San Vittore.
Genova: insulti, scritte sui muri e bombe carta nei vicoli del centro storico di Genova per l’arrivo di Giancarlo Caselli.

Domenica 26 febbraio
Val Susa: ad Avigliana un centinaio di No Tav  hanno tenuto aperti i caselli  per circa mezz’ora per permettere agli automobilisti di passare gratis.

Lunedì  27 febbraio
Trento: Juan, arrestato il 26 gennaio e detenuto nel carcere di Spini di Gardolo a Trento , si è  rifiutato di rientrare in cella dopo l’ora d’aria. È stato riportato in cella di peso.
Parma:  200 persone si sono trovate davanti alla Prefettura e dopo circa quaranta minuti di presidio hanno bloccato il traffico. Poi è partito un corteo spontaneo che ha bloccato il traffico in varie vie della città.
Firenze: un corteo spontaneo di circa 200 persone, partito dalla Prefettura, è arrivato alla stazione di Santa Maria Novella e, non riuscendo ad entrare, ha bloccato i binari del tramvia.
Pisa: circa cento persone hanno presidiato dalle 18 il Comune, per poi sfilare per le vie del centro cittadino fino a raggiungere la stazione. Lì hanno occupato almeno 2 binari per una quarantina di minuti.
Milano: corteo non autorizzato a San Babila culminato con il blitz che ha puntato sulla sede di “Libero”, a Porta Venezia. Esplosi petardi e fumogeni e imbrattato il portone con insulti.
Roma: alle 17 un presidio a piazzale Tiburtino si è evoluto in un corteo selvaggio, continuamente rincorso dai celerini, fino alla stazione Termini dove sono stati occupati per circa venti minuti i binari dall’1 all’11. Alcuni treni, tra cui un Frecciarossa, sono stati danneggiati. Una volta che i manifestanti entrati dentro Termini si sono ricongiunti con quelli tagliati fuori, hanno ricominciato a bloccare le strade in un corteo selvaggio dalla Tiburtina a Scalo San Lorenzo fino a Porta Maggiore e all’imbocco della Tangenziale Est, paralizzando il traffico della zona.

Martedì 28 febbraio
Roma: attaccata una sede del “Messaggero” con vernice e scritta No Tav.
Lecce: una ventina di manifestanti  ha occupato un binario bloccando un treno Frecciargento per Roma, partito con 50 minuti di ritardo. I manifestanti hanno poi liberato il binario per procedere in corteo.
Ferrara: nella notte tra il 27 e il 28 febbraio ignoti hanno dato fuoco al portone della sede locale di Unindustria. Tracciata sul muro la scritta “No Tav”.

Mercoledì 29 febbraio
Genova: in mattinata a Ponte Etiopia i lavoratori portuali hanno effettuato un blocco di un paio d’ore. Intorno alle 19, una trentina di persone ha bloccato per circa un’ora  la partenza di un Frecciabianca diretto a Roma. Prima di andare via sono state tracciate varie scritte, tra cui: “Forza Luca”, “Stato assassino”, “No Tav”. Le scritte erano ancora visibili il giorno dopo.
Barcellona: presidio davanti al Consolato italiano.
Lima: nella notte lasciato uno striscione che diceva “SOLIDARIDAD CON LOS PUEBLOS QUE LUCHAN POR LA TIERRA ¡NO TAV!” e sfregiato un affresco baroccheggiante sulla facciata con una scritta.

1 marzo
VAL SUSA. In serata è stato bloccato il tratto dell’autostrada Torino-Bardonecchia tra Bussoleno e Susa da qualche centinaio di manifestanti che hanno invaso la carreggiata verso l’alta Valsusa. Anche la vicina statale 24 è stata bloccata. Altri No Tav bloccano l’autostrada A32 all’altezza di Venaus in entrambi i sensi di marcia. Anche a Perosa Argentina, in Val Chisone, per alcune ore c’è stato il blocco dell’arteria di riserva usata dalle forze dell’ordine per giungere in Valle di Susa quando le statali 24 e 25 e l’autostrada A32 sono bloccate.
NAPOLI. I manifestanti, in tre diversi momenti, sono entrati in stazione, dirigendosi verso il binario 14. Il traffico ferroviario, già ridotto, viene bloccato a scopo precauzionale. I manifestanti hanno poi continuato in corteo spontaneo.
BERGAMO. Bloccata la circonvallazione. Poi il blocco si trasforma in una manifestazione che arriva fino a Porta Nuova, dove si incontra con il corteo partito da piazza Vittorio Veneto.
ANCONA. Neppure il tempo di cominciare il presidio di fronte alla stazione ferroviaria che la polizia carica a freddo i manifestanti  No Tav, i quali comunque riescono a bloccare il traffico lungo la statale ad Ancona e di conseguenza il traffico cittadino in direzione nord.
TRENTO. Corteo in centro con blocco del traffico. Alllestito un presidio permanente nella piazza centrale della città.
BOLOGNA. Una trentina di manifestanti hanno occupato il punto informativo della Rete Ferroviaria Italiana. Alcuni sono entrati nella struttura prefabbricata (che da anni fornisce informazioni ai residenti sullo stato di avanzamento dei lavori) e sul tetto. Un corteo è partito da Piazza Maggiore e sono state occupate la tangenziale e l’autostrada A14 sulla carreggiata Sud per oltre due ore.
PARMA. Presidio davanti alla stazione ferroviaria con striscioni, megafono e volantini. Polizia e carabinieri in assetto antisommossa hanno impedito ai manifestanti di entrare, schierandosi all’ingresso della stazione. Un corteo spontaneo ha poi bloccato il traffico di fronte alla stazione.
TORINO. Bloccato lo svincolo di Corso Francia della tangenziale, nel Comune di Rivoli. L’iniziativa si ripete per il terzo giorno consecutivo. A Torino circa 300 persone si sono radunate in via Verdi davanti alla sede della Rai torinese per poi far partire un corteo che ha attraversato il centro del capoluogo piemontese. Un bel gruppo, intonando cori contro Tav e polizia, ha raggiunto la stazione di Porta Nuova e, dopo una corsa lungo le banchine, è riuscito a piazzarsi sui binari bloccando la partenza di un treno che si era già messo in moto. Il corteo ha continuato a muoversi in città per più di 5 ore.
ALESSANDRIA. Alle 18 almeno una cinquantina di manifestanti si sono riuniti in un presidio sulla ex statale 10, all’altezza dell’ingresso di Alessandria, bloccando il traffico sia in entrata che in uscita dalla città per circa un’ora. Il corteo si è poi spostato verso il centro cittadino.
GENOVA. Circa 150 persone hanno bloccato la circolazione in via Roma, di fronte alla Prefettura, da cui è partito un corteo arrivato alla stazione di Brignole che è stata chiusa per circa un’ora dopo che un gruppo di manifestanti è riuscito a occupare un binario.
BRESCIA. Il corteo bresciano, dopo aver occupato per più di un’ora l’autostrada A4 in entrata e uscita al casello di Rovato, si dirige verso l’hinterland bloccando le arterie principali del traffico.
EMPOLI. Bloccato il traffico nei pressi della stazione ferroviaria.
Presidi e cortei a Bari, Brindisi, Campobasso, Casematte (L’Aquila), Cassino, Ferrara, La Spezia, Lucca, Mantova,  Messina, Modena, Novara, Orbassano (TO), Padova, Perugia, Pistoia, Pordenone, Potenza, Reggio Calabria, Savona, Salerno, Saronno, Sesto Calende (VA), Taranto.
VIAREGGIO. Nel tardo pomeriggio bloccato il cavalcavia di Torre Matilde. Il presidio è stato sgomberato dopo pochi minuti. Il traffico, però, data anche l’ora di punta, è andato letteralmente in tilt.
MILANO. Un corteo di circa 1000 persone ha occupato la stazione centrale, accerchiato da decine di poliziotti. I manifestanti – dopo circa un’ora di presidio – sono partiti in un corteo verso la parte nord della città.
TRIESTE. Bloccato per alcune ore il traffico nel centro della città. Dopo aver manifestato in piazza Unità d’Italia, i No Tav hanno sfilato in un breve corteo non autorizzato bloccando di tanto in tanto una strada o una piazza, creando così grande disagio alla circolazione stradale.
CREMONA. Bloccati alcuni binari in stazione per circa due ore.
SAVONA. Circa una trentina di persone hanno sfilato nelle vie principali del centro storico. La protesta, seppur breve, ha comunque creato problemi al traffico cittadino.
PALERMO. Bloccato l’ingresso dell’autostrada Palermo-Catania per circa due ore e mezza.
CAGLIARI. Dopo un corteo spontaneo, presidio davanti alla sede Rai della Sardegna.
ROMA. Occupata per circa un’ora la sede nazionale del PD. Il corteo improvvisato dai No Tav in via Prenestina ha paralizzato il traffico nella zona est della Capitale.
FIRENZE. In 200 hanno fermato la viabilità non lontano dalla stazione ferroviaria di Campo di Marte nei pressi della zona occupata dal cantiere Tav.
Telefonate di minacce e insulti alla sede di Ltf , la ditta incaricata dei lavori al cantiere della Torino-Lione. «Assassini, avete le mani sporche di sangue».
COSENZA. Un gruppo di manifestanti No Tav ha occupato i binari della stazione ferroviaria di Paola bloccando la circolazione dei treni.
ASTI. Nel pomeriggio, all’imbocco dell’autostrada, un presidio con volantinaggio rallenta le auto in ingresso.
Con un blitz elettronico il collettivo di hacker-attivisti denominato Anonymous ha bloccato il sito del “Corriere della Sera” e vari siti della regione Piemonte e della provincia di Torino.
Con un blitz elettronico il collettivo di hacker-attivisti denominato Anonymous ha bloccato il sito del “Corriere della Sera” e vari siti della regione Piemonte e della provincia di Torino.
Lione: durante una manifestazione di solidarietà un gruppo di persone è salito sui binari ed ha lanciato alcuni sacchi di sabbia sui cavi aerei che alimentano i treni, bloccandoli per un’ora e mezza.

Venerdì 2 marzo
Milano: una quarantina di studenti hanno occupato, per qualche ora,il liceo artistico Brera. I ragazzi si sono chiusi all’interno della scuola e per un po’ hanno impedito l’accesso a tuttI.
Chambery: bruciati i cavi elettrici alla fine della notte fra venerdì e sabato in tre comuni (La Ravoire, Saint-Pierre-d’Albigny et Chamousset). Sabotati oltre cento treni locali.

Sabato 3 marzo
All’estero presidi a: Londra (sotto il consolato italiano), Parigi, Dublino, Ginevra (davanti alla sede Onu), Budapest (presidio musicale vicino all’ambasciata), San Sebastian (Paesi Baschi), Lione (al consolato), Kiev (davanti alla stazione ferroviaria).
In Italia presidi a: Avellino, Udine, Trieste, Asti, Catania.
Perugia: interrotto il transito dei treni per mezz’ora.
Roma: circa 50 persone, studenti e precari, hanno occupato la sede centrale del quotidiano “La Repubblica” in via Cristoforo Colombo. Corteo di circa 5000 persone. Quando la manifestazione stava arrivando al termine, come concordato con la Questura, migliaia di persone hanno invertito la rotta e invaso la tangenziale, occupando uno svincolo che porta alla A24.
Val Susa: quasi mille persone si sono raccolte per poi suddividersi in due gruppi. Il primo, in corteo, si è diretto a piedi verso la vicina Chianocco, dove ha occupato l’autostrada innalzando barricate in un presidio festoso, colorato e caloroso. I componenti del secondo gruppo, sulle loro auto, hanno raggiunto il casello di Avigliana, dove hanno alzato le barriere delle corsie verso Torino per permettere il passaggio gratuito agli automobilisti. “Oggi pagano Monti e la Sitaf” è stato lo slogan della giornata.
Parigi: un  piccolo gruppo è partito in corteo bloccando il traffico a Sébastopol e a Rue de Rivoli fino a raggiungere Place du Chatelet, dove si teneva una manifestazione per il popolo siriano.

Domenica 4 marzo

Palermo: una cinquantina di persone ha fatto irruzione nella sede regionale del Pd imbrattando le pareti della scala con vernice spray e tentando di entrare negli uffici, ma senza riuscirci.
Nel pomeriggio sit-in di protesta davanti alla libreria Feltrinelli dove era atteso il procuratore di Torino, Giancarlo Caselli, per presentare il suo ultimo libro “Assalto alla giustizia”. Il traffico è  andato in tilt.

Domenica 5 marzo
Parigi: occupazione sede RAI.

GIovedì 9 marzo
Bologna: un gruppo di solidali ha fatto irruzione nel teatro Arena del Sole, interrompendo lo spettacolo di Ascanio Celestini e srotolando dal palco uno striscione che recitava “Giù le mani dalla Val Susa – Forza Luca!” .

Venerdì 10 marzo
Milano: corteo studentesco. Bloccati 2 Frecciarossa.
Torino: corteo studentesco No  Tav, che devia il percorso ed entra in stazione per bloccare un Frecciarossa. Nel pomeriggio un altro gruppo di solidali blocca un Frecciarossa diretto a Roma.
Roma: un Frecciarossa riceve la visita di alcuni No Tav che lasciano al loro passaggio alcune fialette puzzolenti.

Sabato 11 marzo
Saint-Martin-d’Hères (Francia): dato alle fiamme un camion di una ditta che ha lavorato ad un cantiere del TAV. Lasciata la scritta “collabora col TAV”.
Rovereto: bloccato Frecciargento. Scritte sulla fiancata del treno.

Mercoledì 14 marzo
Roma: un gruppo di solidali ha fatto irruzione all’interno della sede romana della CMC e ne ha occupato i locali, mentre alcuni manifestanti esponevano davanti all’ingresso uno striscione che recitava “Fermiamo il non-cantiere. Siamo tutti Valsusini”.

lunedì 5 marzo 2012

SOSTENIAMO LUCA ABBA'

Da più di 12 anni in una frazione del comune di Exilles, Luca Abbà, 37 anni, contadino e No TAV, unisce le sue convinzioni con l'attività che lo sostenta: la difesa e la cura della terra, inseparabili, lo portano sia in prima fila contro il devastante treno ad alta velocità, sia a coltivare i terreni che gli ha lasciato suo nonno.
Un agricoltura molto particolare: non si capisce se entra più gasolio nel trattorino o esce più sudore dalla fronte, primavera ed estate di fatica, tanti giorni dal mattino presto fino alla sera, che gli amici ancora non hanno capito dove prenda tanta forza! Poi arriva l'autunno, insieme alle castagne, che cadono dai castagni che ha ereditato, iniziano i mercati; fortunato è chi può beneficiare dei frutti del lavoro di Luca, una clientela davvero affezionata: alle patate che solo la dura terra della montagna rende così buone, alle zucche che raccolgono consensi entusiasti, alle caldarroste.
Lunedì 27 febbraio 2012, il suo coraggio lo porta di nuovo in prima fila, a mettere una bandiera con il treno crociato sopra un traliccio dell'alta tensione, a pochi metri dalla baita eretta dal movimento No TAV in val Clarea, ma purtroppo a molti metri d'altezza, troppo vicino ai cavi della corrente, incalzato da un "agente rocciatore"; non si chiamano i vigili del fuoco, non si isola la linea elettrica (come è stato fatto la sera di domenica 4 marzo 2012 con l'altro attivista Turi Vaccaro salito sullo stesso traliccio), così che la tragedia ha il suo corso, mentre le ruspe lavorano per devastare la natura circostante, ma gli adeguati soccorsi tardano lunghissime decine di minuti.
Da una settimana siamo in attesa del miracolo, da chi fin da subito ha dimostrato la tempra di resistere a numerose emorragie, molte fratture, alcuni organi compromessi e parecchie ustioni. Chiaramente sarà impossibile che Luca quest'anno, riesca a mandare avanti l'"Orto del Sole", da cui trae i mezzi per sostenersi, per cui lanciamo la campagna: SOSTENIAMO LUCA dando la possibilità ai sensibili e solidali di offrirgli un aiuto economico...
Per chi vuole contribuire all’iniziativa può utilizzare i seguenti metodi:
-versamento tramite bollettino postale sul CONTO CORRENTE POSTALE n. 59258160 intestato a Luca Abbà
-bonifico (o posta giro) sul CONTO BANCOPOSTA con IBAN  IT 35 P 07601 01000 000059258160intestato a Luca Abbà.
Per entrambe le modalità la causale è SOSTENIAMO LUCA ABBA’.
Si ringraziano anticipatamente tutti coloro che vorranno partecipare all’iniziativa anche solo con un piccolo contributo.

No Tav - Nuovo blocco pedaggi su A32 [3-1-2012]


da notav.info

Oggi sabato 3 marzo la val di Susa ha dato la prima risposta al governo Monti che con una vuota e terrificante conferenza stampa ha dichiarato di voler continuare con determinazione nel progetto tav Torino Lione. Da lunedì 27 il movimento no tav ha iniziato una mobilitazione permanente in seguito alla grave tragedia che ha colpito Luca e con lui tutta la valle. Altri terreni sono stati occupati militarmente e altre truppe occupano Chiomonte. Una prova di forza chiara alla quale il movimento non si è sottratto e con intelligenza ha deciso di rispondere. Da lunedì a giovedì i no tav hanno occupato l’autostrada A32 Torino Bardonecchia che viene usata dai mezzi delle forze di polizia per raggiungere Chiomonte. Sono seguite cariche scontri e feriti. Oggi il movimento ha deciso di ritornare su questa arteria gestita dalla società Sitaf, anch’essa complice dell’affare tav Torino Lione. Un ritorno particolare, tutto no tav e opposto alle giornate passate, oggi in val di Susa si passa gratis. Visto il numeroso flusso turistico verso l’alta val di Susa il movimento ha deciso di liberare i caselli attraverso i quali viene pagato il pedaggio alla sitaf. Oggi per passare in val di Susa non si paga, paga Monti, lui in persona si è presentato ai caselli con un grande mascherone a dare il via libera alle auto. In contemporanea a questa iniziativa svoltasi presso il casello di Avigliana da Bussoleno si è mosso un corteo di migliaia di persone verso lo svincolo autostradale di Chianocco della medesima arteria autostradale presso il quale si era svolti i gravi fatti di mercoledì 29. Qui da due giorni gli svincoli erano ostruiti dai famosi new jersey, barriere di cemento che impedivano l’accesso alle auto. Anche qui il corteo ha liberato il transito alle auto. Tutti in coro ancora “OGGI PAGA MONTI !”. Un corteo senza paura che è tornato sui luoghi in cui il movimento aveva subito le dure cariche di mercoledì notte che ribadisce come i tempi, i modi e i luoghi della protesta in val di Susa non li detta il governo ma i valsusini. Tutti soddisfatti dell’ottima giornata, tutti pronti a tornare domani, domenica 4 marzo in val Clarea.