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mercoledì 29 febbraio 2012

SU RICHIESTA CIRCOLATA ALCUNI MINUTI FA TRASMETTO IL COMUNICATO SCRITTO DA CHI ERA IN CLAREA DURANTE LO SGOMBERO VI PREGO DI POSTARLO E FARLO GIRARE AL PIU' PRESTO VIA WEB STAMPA RADIO...




Era nell’aria da giorni.
E stamattina, pochi minuti dopo le otto è arrivata la logica
prosecuzione delle mire espansionistiche dei cantieri del TAV nella val
Susa. Ci siamo trovati in pochi in baita circondati da centinaia di
poliziotti in tenuta antisommossa, che affollavano la val Clarea. La
situazione sembrava apparentemente sotto il controllo delle guardie,
quando inaspettatamente Luca, un attivista del movimento è riuscito ad
eludere i controlli salendo sul traliccio dell’alta tensione vicino alla
baita. Uno dei due agenti che lo rincorrevano, è salito immediatamente,
con una fretta inusuale, sconsiderata e senza nessuna messa in sicurezza
sul traliccio, mentre noi siamo tenuti a distanza, isolati di fronte
alla porta della baita. In quel momento Luca in diretta con radio
Blackout manifesta esplicitamente ed in modo incontrovertibile la sua
intenzione di resistere allo sgombero. Preoccupati per il frettoloso
inseguimento verticale a cui veniva sottoposto Luca, gridavamo alle
forze dell’ordine di fermarsi. La risposta è stata: “Non vi preoccupate,
siamo professionisti”.
Pochi secondi dopo, Luca costretto a salire più in alto, per sfuggire
all’agente che lo insegue, viene folgorato da una scarica elettrica da
50.000 volt. Il suo corpo privo di sensi precipita al suolo da oltre 10
metri. Risuona nella mente il “morto” annunciato nei discorsi del capo
della polizia  Manganelli,  e dell’ex ministro dell’interno Roberto
Maroni. Mentre a noi, scioccati dall’episodio veniva impedito di
avvicinarci, il tempo passava senza che a Luca fossero prestate le prime
cure.  Solo dopo oltre mezz’ora è arrivata l’ambulanza. Nonostante vi
fosse una persona in grave pericolo di vita, ferita per terra, i lavori
per l’allargamento del cantiere procedevano ininterrotti, dimostrazione
evidente di quali siano le priorità dei rappresentanti dello stato e
degli operai presenti sul posto: la TAV prima della vita umana.
Nonostante le nostre insistenze parecchio tempo è trascorso prima che ad
uno di noi venisse dato il permesso di avvicinarsi a Luca che dopo oltre
un’ora veniva finalmente trasportato in elicottero all’ospedale.
Scriviamo questo comunicato per informare su quanto accaduto realmente
durante lo sgombero della baita Clarea, smentendo così le false
ricostruzioni partorite dai media di regime insieme a tutte le voci che
stanno girando in questi giorni. Non ci sono state trattative da parte
nostra con le guardie per far scendere Luca, non sono stati usati
lacrimogeni, nessuna corda di sicurezza era stata fissata dall’agente
che seguiva Luca sul traliccio, non vi è stato nessun barricamento
collettivo all’interno della baita. Solo nel pomeriggio ci è stato
permesso di lasciare la baita, costringendoci ad assistere allo scempio
della val Clarea e alla pantomima delle deposizioni: l’ennesimo
“incidente” avvenuto per motivi di ordine pubblico…
L’esempio di Luca esprime quello che tutti noi abbiamo nel cuore,
difendere questa terra a tutti i costi senza se e senza ma.
Il lampo che lo ha colpito rimarrà inciso nella nostra memoria per
sempre insieme all’indifferenza dimostrata dagli operai e dagli agenti
delle forze dell’ordine di fronte ad un fatto di tale gravità.
Ti abbracciamo Luca aspettando di vederti tornare al più presto a
lottare sulle montagne a te e a noi così care.

Gli ultimi ad andarsene

No Tav - Seconda notte di resistenza

da informa-azione.info

Due giorni di blocchi continui, mentre inizia la seconda notte di resistenza in Valle anche nel resto del paese proseguono le iniziative solidali. In serata è stato diffuso da Radio Blackout un aggiornamento su Luca [audio], ancora in coma farmacologico al CTO di Torino.

Nel pomeriggio alla stazione FS di Lecce, una ventina di manifestanti ha impedito per decine di minuti la partenza del Frecciargento diretto a Roma.

Da indymedia lombardia apprendiamo anche di un blocco ferroviario alla stazione Porta Garibaldi di Milano.

Dal presidio di Cagliari:
"Oggi 28 Febbraio abbiamo deciso di iniziare un presidio permanente in Piazza Garibaldi, per rispondere all'ennesimo atto di forza dello stato nei confronti del popolo No Tav in lotta. Ai No Tav esprimiamo tutta la nostra solidarietà.
Luca tieni duro!
Il presidio nasce con la volontà di sensibilizzare e allargare la solidarietà al popolo No Tav.
Per evitare che questi ennesimi soprusi passino sotto silenzio o solo filtrati attraverso le menzogne della stampa prezzolata e spesso disinformata.
PARTECIPA E DIFFONDI E PORTA QUELLO CHE VORRESTI TROVARE.
A STASERA.
Presidio No Tav Baita Casteddu"

A Torino, intorno alle 18.00, per un'ora circa, un gruppo di solidali ha interrotto il traffico sulla tangenziale di Torino all'altezza di Rivoli.

Dopo il presidio di Barcellona di ieri e l'indizione di un'iniziativa davanti al consolato italiano per mercoledì al grido di "La Lucha No Tav no tiene fronteras - A SARÁ DÜRA!", anche a Parigi i No Tav d'oltralpe hanno dimostrato la propria vicinanza:

"Oggi, martedì 28 febbraio, anche a Parigi c'è stata un'iniziativa di solidarietà con Luca e la lotta della Val di Susa. Uno striscione che recita “Solidarietà con la Val Susa. NO TAV” è stato affisso davanti alla Gare de Lyon, stazione da cui partono, tra gli altri, i treni per l'Italia. Sono stati inoltre distribuiti dei volantini per raccontare gli avvenimenti degli ultimi giorni in Val di Susa e ricordare le motivazioni di oltre vent'anni di lotta.
La resistenza della Val di Susa non è l'espressione di un malessere locale ma la manifestazione di un rifiuto radicale delle logiche economiche e politiche imposte da un sistema che sfrutta e distrugge territori e popolazioni.
Solidarietà a Luca e gli incolpati NO Tav!
Parigi, 28 febbraio 2012"

Anche a Perosa Argentina, in Val Pellice, in serata alcune decine di No Tav hanno effettuato un blocco stradale con volantinaggio sulla via percorsa dai cambi di turno delle truppe occupanti e dai militari che alloggiano a Sestriere [ascolta diretta audio dal blocco].

In Valle, alle 00.30 l'autostrada A32 continua ad essere bloccata, mentre le strade SS24 e SS25 vengono interrotte a singhiozzo. Centinaia di resistenti bloccano la quotidianità e il flusso delle merci, una pratica che oltre a comunicare la tenacia di un movimento, crea un significativo danno economico alla Sitaf, la società che gestisce la A32 ed è direttamente complice nell'attuazione del progetto TAV.

Verso mezzanotte circola la notizia di alcune auto in fiamme nei vicoli vicini al blocco di Chianocco, anche una catasta di legna di una fabbrica di pallet avrebbe preso fuoco a un centinaio di metri di distanza. I media di regime rimbalzano la notizia trattandola come azione di rappresaglia No Tav: decisamente ridicolo trattandosi, almeno in un caso confermato, di veicoli di compagni. Come in passato, per i camper e i presidi No Tav dati alle fiamme, potrebbe trattarsi dell'opera di sgherri al soldo delle mafie del Tav, Superfluo ribadire come sia inutile tirare somme notturne e distrarre l'attenzione da altre fonti di calore.

martedì 28 febbraio 2012

PRESIDIO NO TAV - NASCE BAITA CASTEDDU

Oggi 28 Febbraio abbiamo deciso di iniziare un presidio permanente in Piazza Garibaldi, 
per rispondere all'ennesimo atto di forza dello stato nei confronti del popolo No Tav in lotta. 
Ai No Tav esprimiamo tutta la nostra solidarietà.

Luca tieni duro!

Presidio No Tav Baita Casteddu



Il presidio nasce con la volontà di sensibilizzare e allargare la solidarietà al popolo No Tav.
Per evitare che questi ennesimi soprusi passino sotto silenzio o solo filtrati attraverso le menzogne della stampa prezzolata e spesso disinformata.

Stasera dalle 19.00 assemblea e Cena No Tav.
C'è bisogno dell'aiuto di tutti.
PARTECIPA E DIFFONDI E PORTA QUELLO CHE VORRESTI TROVARE.
A STASERA.

Presidio No Tav Baita Casteddu

lunedì 27 febbraio 2012

ASSEMBLEA - URGENTE

"Questa mattina sono partiti i lavori di sgombero e demolizione della Cascina Clarea, iniseme al trasporto di materiale e all'esproprio dei terreni. Luca Abbà, resistente No Tav, alle 8.30 circa è salito su un traliccio per cercare di rallentare l'operazione industrial-militare. Un sbirro ha provato a farlo scendere, manovra assolutamente assassina, senza reti o altri strumenti di protezione. Luca dopo aver comunicato che non avrebbe desistito e anzi sarebbe salito più in alto ha preso una forte scarica elettrica ed è precipitato da diversi metri. La responsabilità delle forze dell'ordine è inconfutabile. Sbirri assassini!
Mentre Luca è stato elitrasportato al CTO di Torino, dopo quasi un'ora dall'"incidente" provocato dalle forze repressive, in Valle i lavori proseguono, partendo proprio dall'esproprio dei suoi terreni, circondati da muri di Jersey."


Luca è ancora molto grave al cto di Torino, giungono voci di 105 blindati diretti in valle, e pare che le ruspe abbiano iniziato a lavorare.
vediamoci stasera per fare il punto della situazione.

PIAZZETTA SAN GIACOMO h 19 E 30.  PUNTUALI.

ORA E SEMPRE NOTAV

Pericolo allargamento in Clarea, la Valle è in allarme generale


FIACCOLATA – LUN.27 H21 GIAGLIONE


Ci sono molte combinazioni e informazioni che ci portano a dire che da ora alle prossime 24/48 ore possa avvenire il tentativo di allargamento del non cantiere in Val Clarea. A questo si aggiungono movimenti di mezzi delle forze dell’ordine e prenotazione in alcuni hotel come avvenne per il 27 giugno scorso, giorno dello sgombero della Maddalena.
L’allargamento era in previsione, lo sappiamo, e le parole del capo della Polizia Manganelli in audizione alla Camera lo avevano ribadito con forza, alimentando di fatto la tensione e la preoccupazione sugli eventi.
Era la tempistica ad essere vaga ma è bastato trovarsi in difficoltà con una delle più imponenti manifestazioni della Valle di Susa per decidere di agire. La controparte tutta, non ha più risposte o scuse da accampare a favore della Torino Lione, sopratutto ora, quando il consenso nei nostri confronti è vastissimo.
Abbiamo manifestato in oltre 70.000 per dire basta a questa truffa mascherata da cantiere, lo abbiamo fatto con convinzione, sapendo di fare il bene del Paese, che di tutto ha bisogno, fuorchè l’ennesimo sperpero di denaro pubblico.
Invece nulla, dall’altra parte del fortino c’è solo cemento e filo spinato, ed ora tentano l’allargamento dell’area nonostante violazioni palesi della legalità e delle prassi ufficiali.
Non ci faremo portar via ancora metri del nostro territorio senza tentare di difenderlo in maniera pacifica e determinata, e per questo chiediamo a tutti di partecipare alle iniziative che abbiamo organizzato, chiedendo di venire in Clarea e agli appuntamenti collegati decisi in assemblea a VILLAR FOCCHIARDO oggi domenica 26/2 :
Lun.27/2 appuntamento alle 21 in piazza a Giaglione Fiaccolata fino alla baita.
Martedì 28, in caso di sgombero, appuntamento alle 18 alla piazza del mercato a Bussoleno.
In caso avvenga questa notte, l’appuntamento è oltre in Val Clarea nella giornata, a Bussoleno alle 18 di Lunedì 27.

Inoltre vista l'attenzione e l'appoggio dimostrati in diverse località italiane nei confronti della lotta in valsusa, invitiamo a mettere in campo iniziative di protesta e informazione in tutto il territorio nazionale nel momento in cui si verificasse l'ennesimo attacco della polizia nei confronti del movimento NO TAV.

MARTEDI' 28 FEBBRAIO SIT IN FRONTE TRIBUNALE DI CAGLIARI PER LA SENTENZA CONTRO LA PORTOVESME SRL


MARTEDì 28 Febbraio dovrebbe esserci la SENTENZA contro la PORTOVESME 
srl, sit-in a partire dalle 9:00 a Cagliari
Presso il Palazzo di Giustizia di Cagliari, Gioacchino Genchi difende 
due responsabili della Portovesme S.r.l. (Aldo Zucca e Maria Vittoria 
Asara) accusati di aver sotterrato abusivamente diecimila metri cubi di 

scarti industriali (15.000 tonellate di rifiuti) tossico nocivi nelle
zone di Settimo San Pietro, Serramanna e nei sottofondi stradali dell' 
ospedale oncologico, Businco di Cagliari.
Proprio in questi giorni lo stesso amministratore delegato della 
Portovesme srl Carlo Lolliri risulta indagato nell'inchiesta sull'affare 
eolico di Portoscuso che ha visto finire in carcere il sindaco (ormai 
ex) di Portoscuso Adriano Puddu



Contro le fabbriche dei veleni, per chiedere l'avvio di bonifiche, per
la riconversione verso attività eco-sostenibili con reinserimento di 
tutti i lavoratori, l' appuntamento è al Palazzo di Giustizia
MARTEDì 28 Febbraio 2012 dalle 9:00

Comitato popolare Carlofortini Preoccupati!

sabato 25 febbraio 2012

Le guerre future con l’AGS e i droni di Sigonella


La Sicilia sacrificata sull’altare del dio di tutte le guerre. Quelle di oggi e quelle future. Negli oceani, in cielo, in terra. Guerre satellitari, spaziali, stellari. Disumanizzate e disumanizzanti. Da combattere su un monitor a migliaia di chilometri distanti. Con aerei senza pilota e bombe teleguidate. Ordigni di ogni tipo, forma e dimensione. Al laser o all’uranio impoverito, killer elettromagnetici o nucleari. Target “virtuali” ma terribilmente reali: bambini, donne, anziani di cui nessuno conoscerà mai volti e identità. Corpi da spezzare, stuprare, dilaniare. Continenti da affamare. Popoli da sterminare.
I signori e i marcanti di morte hanno ipotecato ruolo e funzioni dell’isola: trampolino di guerra per colpire regimi disobbedienti e perpetuare ingiustizie e disuguaglianze planetarie; enorme centrale di spionaggio per incunearsi nelle vite di ognuno, dall’Atlantico agli Urali, dall’Africa all’estremo oriente. Il territorio siciliano è divorato dal cancro Sigonella, la più grande base militare Usa, Nato ed extra-Nato nel Mediterraneo. E le metastasi hanno pervaso Niscemi, Birgi, Augusta, Pantelleria, Lampedusa, Marsala, Noto-Mezzogregorio, Pachino, sedi di supersegrete installazioni militari e laboratori sperimentali dell’olocausto del terzo millennio.
A Bruxelles, l’ultimo summit dei ministri della difesa della Nato ha ufficializzato la scelta di Sigonella come “principale base operativa” dell’AGS (Alliance Ground Surveillance), il nuovo sistema di sorveglianza terrestre dell’Alleanza: un Grande Orecchio per monitorare il globo 24 ore al giorno, individuare gli obiettivi e scatenare il first stikeconvenzionale o nucleare, in nome della guerra globale e permanente, preventiva e distruttiva. Entro cinque anni, nella grande stazione aereonavale saranno ospitati i sistemi di comando e di controllo dell’AGS che analizzeranno le informazioni intercettate da migliaia di sistemi radar satellitari, aerei, navali e terrestri. Per poter poi pianificare e ordinare gli attacchi, ovunque e comunque. Senza vincoli e regole morali.
Strumento cardine del nuovo sistema Nato, il più grande e sofisticato velivolo senza pilota mai progettato, l’RQ-4 “Global Hawk”, un falco globale di 13 metri e mezzo di lunghezza e un’apertura alare di oltre 35, in grado di volare a circa 600 chilometri all’ora a quote di oltre 20.000 metri. Con un’autonomia di 36 ore, è in grado di perlustrare un’area di 103.600 chilometri quadrati, in qualsiasi condizione meteorologica, grazie ad un potentissimo radar e all’utilizzo di telecamere a bande infrarosse. La sua rotta è fissata da mappe predeterminate, un po’ come accade con i famigerati missili da crociera “Cruise”, ma da terra gli operatori possono cambiare le missioni in qualsiasi momento. Un velivolo a tecnologia avanzata che tra ricerca, sviluppo e produzione comporta un costo unitario di 125 milioni, sperimentato proprio da Sigonella in occasione del recente conflitto alla Libia.
Per gli strateghi del Pentagono, la Sicilia dovrà fare da vera e propria caput mundi di falchi e predatori teleguidati: una decina i “Global Hawk” che l’aeronautica e la marina militare Usa si apprestano a dislocare; ancora più numerosi i “Predator” e i “Reaper” lanciamissili e lanciabombe. Per l’AGS di Sigonella, i “Global Hawk” dovrebbero essere ufficiosamente quattro, forse cinque e magari sei. O perfino otto, come riferì in Parlamento il 12 giugno 2009 l’allora ministro della difesa Ignazio La Russa. “L’Alleanza atlantica acquisterà un sistema di sorveglianza aerea basato su una flotta di otto velivoli a pilotaggio remoto e un segmento terrestre di guida e controllo, da integrare nell’ambito del sistema C4ISTAR della Nato”, annunciò il ministro che più si è battuto per fare di Sigonella la centrale strategica del nuovo sistema di sorveglianza.
Di otto falchi globali ha parlato pure Ludwig Decamps, caposezione dei programmi di armamento della Nato. “Il sistema AGS sarà fondamentale per le missioni alleate nell’area mediterranea ed in Afghanistan, così come per assistere i compiti della coalizione navale contro la pirateria a largo delle coste della Somalia e nel Golfo di Aden”, ha dichiarato. “L’AGS fornirà un preciso quadro della situazione operativa soprattutto per tutti i responsabili della Nato Response Force, la forza d’intervento rapido alleata, accrescendo le capacità di sorveglianza aerea. Il sistema consentirà inoltre di supportare i crescenti requisiti operativi anche per la gestione delle crisi, la sicurezza nazionale e gli aiuti umanitari”.
Per comprendere appieno la vocazione umanitarista degli odierni apprendisti stregoni bisogna dare un’occhiata alla nuova dottrina strategica dell’Alleanza, denominata NCW Network Centric Warfare. “L’AGS è un programma di vitale importanza per poter applicare sul campo la NCW e puntare all’integrazione in tempo reale delle forze militari in un’unica rete informativa globale”, spiegano a Bruxelles. “La NCW prevede un radicale cambiamento nei rapporti tra piano strategico, operativo e tattico e un diverso modo di comunicare, pianificare ed operare tra Comandi e forze militari”. Per farla breve, stabiliti gli obiettivi prioritari “senza limiti geografici”, gli interventi vengono demandati alle componenti spaziali, aeree, navali e terrestri che operano “in piena autonomia” nei teatri di guerra. Un network dunque che azzererà le tradizionali catene di comando-decisionali e impedirà qualsivoglia forma d’interferenza da parte delle autorità politiche sulle scelte e l’operato delle forze armate. Un modello ritenuto “indispensabile” perché “il campo di battaglia è ormai indefinito, la minaccia è asimmetrica e il nemico è invisibile, onnipresente e capace di colpire ovunque”. Un’orgia di follia, mentre cresce l’assuefazione dei giusti e dei pii all’odore acre della morte. Come in Iraq, Afghanistan, Pakistan, Libia, Somalia. E il sonno della ragione genera nuovi e più terribili mostri.
AGS, affare Usa sulle tasche Nato
Come dare torto al segretario della difesa USA, Leon Panetta. È sicuramente un “ottimo accordo” quello raggiunto tra i paesi Nato per l’AGS a Sigonella. Ottimo per i massimizzare i profitti delle industrie chiave del complesso militare industriale degli Stati Uniti d’America e trasferire ai partner europei gli oneri finanziari e gli insostenibili impatti ambientali e sociali.
Merita essere rammentata la storia che ha portato a fare della Sicilia la patria-colonia dei falchi globali per le missioni di guerra del XXI secolo. Maturata la decisione di dar vita a quello che per voce di Bruxelles è il più “ambizioso e costoso” programma della storia dell’alleanza atlantica, l’ultimo governo Prodi candidò l’Italia quale main operating base del sistema AGS, negli stessi mesi in cui offriva segretamente l’ex scalo Dal Molin di Vicenza alle truppe aviotrasportate dell’esercito USA e la riserva naturale “Sughereta” di Niscemi al MUOStro per le telecomunicazioni spaziali della Us Navy.
Il 19 e 20 febbraio 2009, durante il vertice dei ministri della difesa Nato, venne raggiunto un accordo di massima per assegnare a Sigonella i comandi e gli aerei senza pilota AGS, dopo una lunga e lacerante trattativa che aveva visto ridurre progressivamente a 13 il numero dei paesi disposti a contribuire economicamente al programma (Stati Uniti, Italia,Bulgaria, Repubblica ceca, Estonia, Germania, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Norvegia, Romania, Slovacchia e Slovenia).
Originariamente, il piano di sviluppo del sistema di sorveglianza vedeva associate 23 nazioni. Tutte determinate a dividersi le ultramilionarie commesse per allestire aerei e centri d’intelligence. “C’erano in gara due consorzi d’industrie che proponevano piattaforme diverse, la Transatlantic Industrial Proposed Solution (TIPS) ed il Cooperative Transatlantic AGS System (CTAS)”, ha riferito l’esperto John Shimkus all’Assemblea Parlamentare della Nato. “Tutti e due i consorzi proponevano di utilizzare lo stesso sistema radar di base. La principale differenza era il tipo di piattaforma aerea suggerita. TIPS prospettava una combinazione del velivolo europeo Airbus A321 e dell’aereo senza pilota Global Hawkdi produzione statunitense, mentre CTAS prevedeva un’associazione di piccoli aerei Bombardier Predator. Quest’ultima proposta sarebbe risultata meno costosa per l’acquisto del velivolo, ma avrebbe presupposto il doppio di stazioni a terra rispetto al sistema TIPS (49 contro 24)”.
Fu così che il vertice Nato di Istanbul dell’aprile 2004 attribuì al consorzio TIPS la ricerca e la progettazione delle apparecchiature terrestri e aeree dell’AGS. La scelta accontentava quasi tutti i maggiori protagonisti dell’industria bellica transatlantica: dai colossi Usa Northrop Grumman e General Dynamics, al gruppo aerospaziale franco-tedesco-olandese EADS, ai francesi di Thales, agli spagnoli di Indra sino alle italiane Selex e Galileo (gruppo Finmeccanica). Nel novembre 2007, l’inatteso colpo di scena. Senza consultarsi con gli alleati, l’amministrazione degli Stati Uniti annunciò l’abbandono della soluzione “mista” e affidò in esclusiva la realizzazione dell’intero sistema AGS alla Northrop Grumman, produttrice dei “Global Hawk”. La delusione degli europei fu incontenibile e, uno dopo l’altro, Belgio, Francia, Ungheria, Olanda, Portogallo, Grecia e Spagna ritirarono il proprio appoggio finanziario ed industriale, con la conseguenza che aumentò l’onere a carico dell’Italia.
In cambio di una subfornitura delle due aziende Finmeccanica di apparecchiature destinate alle stazioni terrestri e alle comunicazioni e la trasmissione dei dati, il governo italiano si accollò una spesa di 177,23 milioni di euro, pari al 12,26% delcosto globale del programma (stimato in 1.335 milioni di euro). Nel settembre 2009, il memorandum sottoscritto in sede Nato per definire il quadro giuridico, organizzativo e finanziario dell’AGS ha tuttavia stimato i costi finali del programma a non meno di 2 miliardi di euro. Ciò significherà per il nostro paese un esborso di 245 milioni circa, a cui si aggiungeranno i costi per le trasformazioni infrastrutturali necessarie ad ospitare a Sigonella il personale Nato preposto al funzionamento del sistema, 800 militari circa, secondo l’ex ministro La Russa. Con la conseguente spinta ad accrescere la già asfissiante pressione militare sui territori della regione.
Le ombre più funeste riguardano però il futuro del traffico aereo in Sicilia. Quando le autorità spagnole che in un primo tempo avevano candidato Zaragoza come base operativa dell’AGS decisero di ritirarsi, spiegarono che i velivoli senza pilota avrebbero pregiudicato il normale funzionamento del vicino aeroporto della città. “Dato che le aeronavi della Nato voleranno continuamente per catturare le informazioni, si potevano generare restrizioni al traffico aereo, saturazione nello spazio aereo e problemi durante gli atterraggi e i decolli”, dichiarò un portavoce dell’allora governo Zapatero. Una valutazione dei rischi per la sicurezza dei sei milioni e mezzo di passeggeri in transito annualmente dallo scalo di Catania-Fontanarossa che i governi Prodi, Berlusconi e Monti non si sono sentiti di dover fare.
Il 31 marzo 2008, l’allora comandante del 41° Stormo dell’Aeronautica militare italiana, colonnello Antonio Di Fiore, aveva assicurato un parlamentare e i rappresentante dellaCampagna per la smilitarizzazione di Sigonella che mai sarebbero stati trasferiti nella base siciliana i Global Hawk in quanto “la gestione di quel tipo di aerei senza pilota non è compatibile col traffico civile del vicino aeroporto civile Fontanarossa”. Oggi, però, nella base ci sono attivi perlomeno tre falchi globali e il Congresso ha approvato un piano di 15 milioni di dollari per installarvi una selva di antenne e generatori di potenza per supportare le telecomunicazioni via satellite dell’Unmanned Aircraft System (il sistema degli aerei senza pilota) e gestire le operazioni dei droni.
“Nel nuovo centro sorgeranno dodici ripetitori con antenne, attrezzature e macchinari, con la possibilità di aggiungere altri otto ripetitori della stessa tipologia”, è riportato nella scheda progettuale del Dipartimento della difesa. Intanto procedono celermente i lavori di realizzazione del Global Hawk Aircraft Maintanance and Operations Complex, il complesso che consentirà ai militari Usa di eseguire a Sigonella la manutenzione dell’intera flotta degli aerei senza pilota schierata in Europa e Medio oriente. L’appalto per 16 milioni e mezzo di euro è stato assegnato dal Pentagono alla CMC - Cooperativa Muratori Cementisti di Ravenna, società di costruzioni leader della “rossa” Lega Coop. Rossa di vergogna per aver disseminato l’Italia di basi e infrastrutture Usa e Nato. E gestire da mercenaria i centri-prigione per migranti, rifugiati e richiedenti asilo.

Articolo pubblicato in I Siciliani giovani, n. 2, febbraio 2012

venerdì 17 febbraio 2012

RADAR A CAPO TESTA, SIGILLO UNANIME SUL NO
CONSIGLIO COMPATTO A SANTA TERESA: BOCCIATI I SISTEMI DANNOSI PER CONTROLLARE LE BOCCHE
[LA NUOVA SARDEGNA, 17 FEBBRAIO 2012]
 
SANTA TERESA. Il voto unanime del consiglio comunale è il sigillo istituzionale al no della comunità al radar di Capo Testa. La voce dell'aula è compatta, senza dubbi o tentennamenti. Il grande fratello sulle Bocche di Bonifacio con casa nel faro di Capo Testa dovrà restare nel cassetto dei sogni dello Stato. Il controllo dello stretto tra le due isole non può passare attraverso l'installazione di uno strumento dannoso per la salute e deleterio per la bellezza del paesaggio.
 
Il sindaco Stefano Pisciottu ripercorre la storia degli ultimi otto mesi. Dalla notizia dell'installazione del radar appresa dai mass media fino all'incontro con i vertici militari del comando delle Capitanerie di Porto passando per l'assemblea pubblica nella settimana di Natale. «La delibera di oggi arriva dopo aver ragionato a lungo su questo delicato tema insieme con la popolazione – spiega il primo cittadino –. Il no unanime dell'aula riflette la contrarietà che la comunità teresina ha manifestato in più occasioni. I teresini non sono d'accordo alla realizzazione dell'opera, per assicurare la tutela sia architettonica che paesaggistica del faro, sia ambientale e naturalistica per l'area circostante, per cui è in corso la procedura per ottenere l'acquisizione del sito a patrimonio dell'umanità». A sostegno delle parole del sindaco anche le due opposizioni. «Non possiamo che condividere e dare il voto favorevole a questa delibera – sono le parole della capogruppo Sandra Careddu –. In particolar modo perché abbiamo a cuore la salute dei nostri concittadini. Ragioni a cui si aggiunge l'esigenza di salvaguardare l'immagine e il paesaggio di Capo Testa». La Careddu fa notare altre situazioni in paese che potrebbero mettere a rischio la salute dei cittadini. «Nel centro del paese, come in Via Calabria, ci sono delle antenne a due passi dalle case – aggiunge –. Un problema che deve essere risolto con la stessa determinazione». Oppositrice del radar da subito la consigliera Lina Crobu. Scontato il suo voto favorevole alla delibera che boccia la proposta dello Stato. Il documento verrà inviato alla Regione e al Ministero. «Il mezzo per evitare catastrofi ambientali nelle Bocche non si esaurisce con l'installazione di un radar. La stessa Capitaneria di Porto sostiene che esitano altri strumenti meno invasivi per monitorare lo stretto».

mercoledì 15 febbraio 2012

BENEFIT NOTAV

Giovedì 16 febbraio
dalle ore 20.30 alle ore 23.00
cena benefit per gli arrestati no tav
alla baracca rossa(noto Totale), via lamarmora 94
Cagliari - quartiere castello

porta quello che vuoi trovare (cibo vegan e da bere comunque garantito)

soprattutto porta te stesso e la tua solidarietà

tireremo su un pò di soldi e raccoglieremo contributi scritti da mandare ai detenuti

organizzeremo insieme le prossime iniziative di solidarietà


passaparola

lunedì 13 febbraio 2012

Domani MARTEDì 14 Febbraio è prevista la SENTENZA contro la PORTOVESME srl, sit-in a partire dalle 9:00 a Cagliari



Presso il Palazzo di Giustizia di Cagliari, Gioacchino Genchi difende due responsabili della Portovesme S.r.l. (Aldo Zucca e Maria Vittoria Asara)  accusati di aver sotterrato abusivamente diecimila metri cubi di scarti industriali (15.000 tonellate di rifiuti) tossico nocivi nelle zone di Settimo San Pietro, Serramanna e nei sottofondi stradali dell' ospedale Oncologico, Businco di Cagliari.
Proprio in questi giorni lo stesso amministratore delegato della Portovesme srl Carlo Lolliri risulta indagato nell'inchiesta sull'affare eolico di Portoscuso che ha visto finire in carcere il sindaco (ormai ex) di Portoscuso Adriano Puddu

Contro le fabbriche dei veleni, per chiedere l'avvio di bonifiche, per la riconversione verso attività eco-sostenibili con reinserimento di tutti i lavoratori, l' appuntamento è al Palazzo di Giustizia
 MARTEDì 14 Febbraio 2012 dalle 9:00

 Comitato popolare Carlofortini Preoccupati!

sabato 11 febbraio 2012

Marines USA in Afghanistan con le bandiere delle SS

Dieci marines in posa, sorridenti, in tenuta d’assalto con tanto di fucile-mitragliatore al braccio. Tutti tiratori scelti, cecchini di un reparto speciale inviato nell’inferno afgano. Al centro, in alto, la bandiera a stelle e strisce degli Stati Uniti d’America. Sotto, più grande, una bandiera blu con in mezzo le SS stilizzate della famigerata Schutzstaffel, la polizia segreta militare nazista. La foto è apparsa nei giorni scorsi sul sito internet della Knight’s Armament, azienda produttrice di armi di Titusville, Florida. Per mostrare i sistemi bellici e i servizi offerti, spiegano i general manager.
La foto con i nazi-marines è stata scattata nel settembre 2010 nel distretto di Sangin, provincia di Helmand, una delle aree più pericolose dell’Afghanistan. Gli uomini sono in forza alla compagnia “Charlie” del 1st Reconnaissance Battalion di Camp Pendleton, San Diego (California). Scout snipers li chiamano. Scrutano, spiano, intercettano, sparano, uccidono. Un solo colpo. Preventivo. Contro il nemico onnipresente, invisibile. Lo spirito di corpo è sempre quello di Full metal jacket. Ma con in più le icone della Germania hitleriana.
“Alcuni scout snipers hanno utilizzato sfortunatamente il vecchio simbolo delle SS per la loro organizzazione d’élite, ma non avevano intenti di connotazioni o discriminazioni razziste”, ha ammesso candidamente il colonnello John Guthrie del Corpo dei marines Usa. “L’ufficio del nostro ispettorato generale è venuto a conoscenza della foto lo scorso mese di novembre e abbiamo avuto conferma da un comando in Afghanistan che il personale ritratto faceva parte della compagnia “Charlie”. Usare il simbolo nazista è inaccettabile ma possiamo assicurare che si è trattato solo di un’ingenuità”.
Problema di assai poca rilevanza pure secondo il portavoce del battaglione di stanza a Camp Pendleton, maggiore Gabrielle Chapin. “La bandiera con le SS non ha niente a che fare con noi marines e con la nostra storia”, ha dichiarato. “Io non credo tuttavia che gli uomini coinvolti nella vicenda abbiano mai voluto utilizzare alcun tipo di simbolo legato all’organizzazione militare criminale della Germania nazista che ha commesso tante atrocità durante la Seconda Guerra mondiale. Non sappiamo da dove sia spuntata la bandiera anche se pensiamo che era di proprietà di uno dei marines della foto. Nessuno sarà comunque punito perché quello dei ragazzi è stato un gesto di ignoranza e di stupidità, piuttosto che una proclamazione volontaria e cosciente”. Per il maggiore è inutile eseguire ulteriori indagini per individuare e punire i responsabili anche perché “nessuno è più in servizio con l’unità”. “Non è escluso che qualcuno possa essere comunque rimasto nel Corpo dei marines”, ha tuttavia ammesso Chapin.
L’atteggiamento ambiguo ed omissivo dei vertici del battaglione d’élite è stato duramente stigmatizzato dalle organizzazioni antirazziste e dai rappresentanti delle più note associazioni ebraiche statunitensi. Per il rabbino Marvin Hier, fondatore del Centro “Simon Wiesenthal” di Los Angeles, non è assolutamente credibile che “il mettersi in posa con la bandiera nazista sia stato un semplice disguido”.
“Si tratta di un crimine atroce”, ha commentato Michael Weinstein della Military Religious Freedom Foundation di Albuquerque, New Mexico. “In questi anni abbiamo visto di tutto ma questa cosa ci ha letteralmente lasciato attoniti.Questa fotografia è realmente orribile. Se l’uso dei simboli nazisti viene in ogni caso condonato o tollerato dal Corpo dei Marines, ci sono implicazioni disgustose per tutti coloro che stanno combattendo per il nostro paese o credono nei principi costituzionali”.
La fondazione ha inviato una lettera aperta al Segretario della difesa Leon Panetta e al comandante in capo dei marines, generale James Amos, chiedendo d’intervenire e punire i militari ritratti sotto la bandiera delle SS. “Non si tratta di un fatto isolato, anzi temiamo che l’utilizzo di simboli nazisti sia stato praticato per anni all’interno del Corpo”, ha dichiarato Michael Weinstein all’agenzia Associated Press. La Military Religious Freedom Foundation ha prodotto una seconda foto, scattata nel 2004 all’interno del Marine Corps Air Ground Combat Center di Twentynine Palms, California, che ritrae due marines armati di fucili di precisione 7.62mm M40 con alle spalle ancora una bandiera con le svastiche. “Pure quei due uomini erano in forza al plotone di scout snipers del 1st Battalion del 7° Marines”.
Il segretario Leon Panetta ha fatto sapere di avere già incontrato il comandante dei marines, generale Amos, per chiedere la riapertura delle indagini su quanto accaduto in Afghanistan e l’assunzione di “un’azione appropriata contro i responsabili”. Un alto ufficiale Usa ha dichiarato adAssociated Press che Panetta “avrebbe espresso apprezzamento per le azioni intraprese dal generale Amos” e che quest’ultimo “avrebbe ordinato ai suoi comandanti di fare accertamenti su tutti i simboli utilizzati dai tiratori scelti del Corpo dei marines, assicurandosi che essi siano istruiti su quelli che sono inappropriati”. Inappropriati, appunto, non immorali, illegittimi o illegali.
Con le foto dei cecchini con tanto di bandiere delle SS, il Corpo dei Marines si trova per la seconda volta in meno di un mese al centro delle polemiche dei media. In un video postato su youtube, erano stati immortalati alcuni uomini in forza ad un reparto di base a Camp Lejeune (North Caroline) che urinavano sui cadaveri di alcuni combattenti afgani dopo un conflitto a fuoco. Corpi oltraggiati, straziati, dilaniati, stuprati. Immagini emblematiche di ciò che è la guerra in Afghanistan. E dei “valori militari” che alimentano i protagonisti-killer.

Il Ministero della difesa ha scelto alcune società del gruppo Finmeccanica per potenziare il livello di protezione delle basi operative e di supporto dei militari italiani in Afghanistan. Il contratto, per un valore poco inferiore ai cento milioni di euro, prevede la fornitura di apparecchiature di sorveglianza che includono i radar uomo-trasportabile “Lyra 10” prodotti da Selex Sistemi Integrati (già acquistati dalla Guardia costiera italiana per la vigilanza a corto raggio dei mari anche in funzione anti-migranti) e diversi sensori elettro-ottici ed acustici di Selex Galileo per la localizzazione delle sorgenti di fuoco.
Le aziende di Finmeccanica garantiranno pure l’installazione di telecamere, posti comando e di guardia per la gestione dei sistemi di sorveglianza di aeroporti e basi e “sistemi robotizzati in versione da combattimento” di Oto Melara. Responsabile del trasporto, installazione, integrazione e gestione di tutti i sistemi sarà Selex Sistemi Integrati. All’azienda di elettronica militare sarà anche affidato il potenziamento del sistema di comando e controlloSIACCON2 dell’Esercito italiano e “dell’infrastruttura connettiva attualmente utilizzata in Afghanistan per ottenere una maggiore efficacia ed interoperabilità”.
A riprova che il sanguinoso conflitto afgano è sempre più un buon affare per il complesso militare industriale italiano, a fine gennaio è giunta la notizia che US Air Force ha aggiudicato un contratto di 12 milioni di dollari a DRS Defense Solutions (gruppo DRS Technologies Inc.), società Finmeccanica con sede in Maryland, per l’installazione del sistema Improved Altitude Hold and Hover Stabilization a bordo degli elicotteri Sikorsky HH-60G “Pave Hawk” utilizzati particolarmente in Afghanistan e Iraq. Drs Defense Solutions fornirà anche l’integrazione delle piattaforme, i programmi di sviluppo dei dati tecnici, i pezzi di ricambio e l’assistenza per la flotta di elicotteri. “Gran parte delle perdite dei Sikorsky HH-60G in Iraq ed in Afghanistan possono essere attribuite a problemi legati alle condizioni atmosferiche come le tempeste di sabbia e ai rischi di quando si vola su terreni sconosciuti”, ha commentato il presidente di DRS, Logen Thiran. “La nostra tecnologia di stabilizzazione IAHHS avrà un ruolo fondamentale nel garantire la sicurezza delle persone dentro ed intorno all’aeromobile quando operano in queste condizioni sfavorevoli. Apporteremo miglioramenti che consentiranno agli elicotteri una maggiore capacità di librarsi in volo e di navigazione e migliori sistemi di discesa ed atterraggio automatico”.
Lo scorso anno, DRS Defense Solutions si era aggiudicata un contratto del valore di 23 milioni e mezzo di dollari per la fornitura dei servizi di supporto informatico della base aerea di Bagram, una delle principali infrastrutture delle forze armate Usa in Afghanistan. Nello specifico, la società italo-statunitense deve assicurare la “piena interoperabilità dei sistemi C4I (Command, Control, Communications and Computer Information) impiegati per la pianificazione, la gestione e l’integrazione delle operazioni nel campo di battaglia congiuntamente ai militari della coalizione alleata”. La base di Bagram è nota come la Guantanamo afgana: ospita infatti il maggiore centro di detenzione di cittadini afgani sospettati di “terrorismo”, vittime di gravi maltrattamenti, torture e violazioni dei diritti umani.
A fine 2008, Alenia North America, altra società controllata da Finmeccanica con sede negli Stati uniti d’America, aveva sottoscritto con US Air Force un contratto di vendita di 18 aerei da trasporto tattico C-27A, nient’altro che i vecchi G.222 in uso all’aeronautica militare italiana, successivamente dismessi e riammodernati negli stabilimenti Alenia di Napoli Capodichino. La transazione ha sollevato più di un dubbio dal punto di vista della legittimità e della trasparenza: i velivoli, infatti, sono stati ordinati dal Combined Security Transition Command, il comando per le operazioni Usa in Afghanistan, per essere poi rivenduti all’Afganistan National Army Air Force (ANAAF), la ricostituita aeronautica militare afgana. L’ammontare della commessa, comprensiva della fornitura dei velivoli, delle parti di ricambio e del supporto logistico in Italia e in Afghanistan, è stato di 287 milioni di dollari. Due anni più tardi il Pentagono ha ordinato a Finmeccanica altri due G.222 da consegnare - via Washington - alle forze afgane. Con un contratto aggiuntivo di 30 milioni di dollari, Alenia North America dovrà modificare i velivoli addizionali in funzione “trasporto VIP”, dotandoli di un nuovo sistema autopilota e delle protezioni balistiche. La società ha pure ricevuto da US Air Force altri 20 milioni di dollari per ulteriori lavori di riparazione e manutenzione degli aerei a Madison (Stati Uniti) e in Italia. A fine 2011 erano già stati consegnatiall’aeronautica afgana quattordici C-27A.
“Grazie ai G-222, Alenia North America supporterà ancora una volta le forze armate Usa nella lotta globale al terrorismo”, ha commentato Giuseppe Giordo, presidente ed amministratore delegato della società del gruppo Finmeccanica. “I velivoli sono ideali per consentire al governo di Kabul di fornire assistenza umanitaria, evacuazione feriti e supporto logistico in tutto il paese, in special modo nelle aree più remote non facilmente accessibili o isolate a causa delle condizioni del terreno”. I tecnici di Alenia North America curano pure la formazione dei piloti afgani e statunitensi e del personale addetto alla manutenzione dei velivoli. I corsi vengono tenuti presso lo stabilimento Alenia di Capodichino e nella base aerea di San Antonio (Texas). Le operazioni di supporto logistico nello scalo aereo di Kabul sono state affidate invece alla società “L-3 Vertex Aerospace”, uno dei maggiori contractor Usa nel settore aerospaziale.
I manager di Finmeccanica nutrono ancora qualche speranza di assicurarsi un’altra grossa triangolazione con destinazione finale l’Afghanistan. Due anni fa hanno proposto ad US Air Force l’acquisto di una ventina di cacciabombardieri AMX in via di dismissione dall’Aeronautica militare italiana, da trasferire in seguito alle forze aeree afgane. “I velivoli, ottimali per gli attacchi contro obiettivi terrestri, potrebbero essere migliorati nella versione ATOL, acronimo che sta perpotenziamento delle capacità operative e logistiche”, hanno spiegato ad Alenia. Inizialmente, il Dipartimento della difesa si era dichiarato interessato alla commessa, ma dopo i tagli al budget della difesa e i diktat di Obama a comprare americano è facile supporre che alla fine i “nuovi” caccia per gli afgani saranno ordinati alle holding belliche a denominazione d’origine controllata U.S.A..


dal Blog di Antonio Mazzeo

MARTEDì 14 Febbraio, dovrebbe esserci, la SENTENZA contro la PORTOVESME srl, sit-in a partire dalle 9:00 a Cagliari



Presso il Palazzo di Giustizia di Cagliari, il 14 Febbraio è prevista 
la sentenza, contro il responsabile del sistema Gestione ambientale 
della Portovesme srl, Aldo Zucca, 58 anni, di Gonnosfanadiga, e alla 
responsabile della gestione rifiuti dello stesso stabilimento, Maria 
Vittoria Asara, 39 anni, di Sestu. Durante l'ultima udienza, il 24 
gennaio, Gioacchino Genchi per la difesa ha parlato tutto il gionro. I 
due responsabili della Portovesme S.r.l. sono accusati di aver 
sotterrato abusivamente diecimila metri cubi di scarti industriali 
(15.000 tonellate di rifiuti) tossico nocivi nelle zone di Settimo San 
Pietro, Serramanna e nei sottofondi stradali dell' ospedale Businco di 
Cagliari.

Contro le fabbriche dei veleni, per chiedere l'avvio di bonifiche, per 
la riconversione verso attività eco-sostenibili con reinserimento di 
tutti i lavoratori, DIAMOCI TUTTI appuntamento al Palazzo di Giustizia 
MARTEDì 14 Febbraio 2012 dalle 9:00


Comitato Carlofortini Preoccupati!

martedì 7 febbraio 2012

Accordo Nato: Sigonella sarà “capitale mondiale dei droni”


Per future «guerre preventive» in Medio Oriente, Africa, Est Europa, gli Usa e la Nato varano uno dei più costosi programmi nella storia dell’alleanza. Solo 13 paesi contribuiranno, Francia e Gran Bretagna restano ai margini, Spagna e Polonia si tirano fuori. L’Italia al centro del progetto. Altro che rinunciare agli F35...
“E’ un buon accordo, un grande accordo, un accordo ben fatto”. Non nasconde la sua soddisfazione il segretario della difesa Leon Panetta: la NATO si doterà entro il 2017 di un nuovo sistema di sorveglianza terrestre, l’AGS (Alliance Ground Surveillance) e il suo centro di comando e di controllo verrà installato nella base siciliana di Sigonella. La lunga ed estenuante trattativa tra i partner ha visto però ridurre progressivamente a 13 il numero di paesi che contribuiranno a quello che si preannuncia come uno dei più costosi programmi della storia dell’Alleanza atlantica. Oltre a Stati Uniti e Italia, Bulgaria, Repubblica ceca, Estonia, Germania, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Norvegia, Romania, Slovacchia e Slovenia. Un contributo operativo specifico verrà comunque da Francia e Gran Bretagna che metteranno a disposizione i propri sistemi French Heron Tp (coprodotti con Israele) e Uk Sentinel. Restano fuori Spagna e Polonia, candidatesi inizialmente con l’Italia per ospitare l’AGS con i cinque velivoli senza pilota del tipo “Global Hawk” che la Nato acquisterà dalla statunitense Northrop Grumman.
“L’accordo è un passo fondamentale verso un sistema di sorveglianza dell’Alleanza in grado di dare ai comandanti una fotografia precisa di qual è la situazione sul terreno”, ha dichiarato il segretario generale Nato, Anders Fogh Rasmussen. “E la recente operazione in Libia ha dimostrato quanto importante sia questa capacità”. Durante i mesi del conflitto libico, proprio a Sigonella l’US Air Force aveva schierato due “Global Hawk” e un imprecisato numero di droniMQ-1 Predator, utilizzati in particolare per individuare gli obiettivi e dirigere i bombardamenti dei caccia della coalizione a guida Nato. Nei programmi del Pentagono, la base siciliana è destinata a fare da vera e propria capitale mondiale dei velivoli senza pilota: entro il 2015 dovrà ospitare un reparto di Us Air Force con 4-5 “Global Hawk”, più altri 4 droni in via di acquisizione della Marina Usa.
Un accordo di massima per la trasformazione di Sigonella in “principale base operativa” del sistema AGS era stato raggiunto a Cracovia il 19 e 20 febbraio 2009, durante il vertice dei ministri della difesa della NATO. “Abbiamo scelto questa struttura dopo un’attenta valutazione e per la sua centralità strategica nel Mediterraneo che le consentirà di concentrare in quella zona le forze d’intelligence italiane, della NATO e internazionali”, dichiarò a margine dell’incontro l’allora Capo di Stato Maggiore della difesa, generale Vincenzo Camporini. Ancora più esplicito il vicesegretario generale per gli investimenti alla difesa dell’Alleanza, Peter C. W. Flory: “L’AGS è essenziale per accrescere la capacità di pronto intervento in supporto delle forze NATO per tutta le loro possibili future operazioni”. Un sistema dunque destinato non solo alle attività d’intelligence o alla raccolta ed elaborazione dati, ma che consentirà la realizzazione dei futuri piani di “guerra preventiva” e di first strike in Africa, est Europa e Medio oriente.
da Il Manifesto

venerdì 3 febbraio 2012

Da falco del Pentagono a supermanager di Finmeccanica


Finmeccanica, holding a capo del complesso militare industriale nazionale, ha scelto l’ex viceministro della Difesa degli Stati Uniti d’America, William J. Lynn, come nuovo presidente e amministratore delegato della controllata DRS Technologies, società produttrice di sistemi elettronici avanzati con sede in New Jersey. Secondo il general manager di  Finmeccanica Giuseppe Orsi, la nomina di Lynn è “fondamentale” per rafforzare il ruolo del gruppo nel mercato USA della difesa e della sicurezza e conseguire “un’organizzazione ed una struttura di management più efficienti e competitive”.

A Lynn saranno attribuiti pure i compiti di supervisione delle attività delle altre società di Finmeccanica operanti in nord America (AgustaWestland, OTO Melara, AleniaAermacchi e Selex). Incerto a questo punto il futuro di DRS Technologies. Un anno fa, il consiglio d’amministrazione di Finmeccanica retto da Pier Francesco Guarguaglini era intenzionato a vendere la società e ridurre il deficit della holding valutato intorno ai 4,6 miliardi di euro. Anche il neoamministratore delegato Orsi ha fatto accenno a un piano di ristrutturazione aziendale con la dismissione di comparti “non strategici” per più di un  miliardo di euro. Ma con un manager d’eccellenza come mister Lynn, l’azienda statunitense sarebbe tutt’altro che secondaria per i progetti di rilancio di Finmeccanica ed è dunque improbabile una sua cessione a breve termine.

Si è svolta dentro le mura del Pentagono buona parte della vita e della carriera professionale di William J. Lynn.Viceministro di Obama dal febbraio 2009 all’ottobre 2011, egli ha avuto un ruolo chiave nello sviluppo delle nuove concezioni strategiche del Dipartimento della difesa nel settore nucleare, aerospaziale e della cybersicurity. Molto tempo prima (dal 1982 al 1985) Lynn aveva ricoperto il ruolo di direttore esecutivo per i progetti della difesa dell’ultraconservatore Center for Strategic and International Studies – CSIS e di ricercatore sulle “forze strategiche nucleari e il controllo delle armi” della National Defense University. Successivamente Lynn passò a fare da consigliere militare del senatore democratico Edward Kennedy, per essere poi nominato dal presidente Bill Clinton, sottosegretario alla Difesa e responsabile dei programmi di analisi e valutazione militari.

A partire dell’agosto 2002, William Lynn scelse di dedicarsi direttamente al più redditizio business delle armi, assumendo l’incarico di vicepresidente della Raytheon Company, colosso statunitense nella produzione di sistemi missilistici e nucleari. Nove anni più tardi la contestata nomina a viceministro della Difesa: senatori repubblicani e alcune associazioni politiche denunciarono la violazione della “regola etica” promulgata da Obama secondo cui, per i nuovi membri dell’amministrazione, dovevano trascorrere almeno due anni di tempo dalla conclusione delle attività di lobbying all’assunzione di un incarico ministeriale nell’ambito dello stesso settore. Lynn, invece, si era dimesso da Raytheon solo alla vigilia di giurare fedeltà alla Costituzione. Perché Obama chiudesse un occhio fu sufficiente che il neo viceministro alienasse il pacchetto di azioni dell’industria militare di cui era entrato in possesso. Per le dimissioni bisognerà attendere la nomina di Leon Panetta a segretario del Dipartimento della difesa.

William J. Lynn sostituirà alla guida di DRS Technology l’anziano Mark Newman, figlio di Leonard Newman, fondatore nel 1968 della società di elettronica. Nel 2008 fu proprio Mark a vendere DRS agli italiani, ricevendo in cambio la cifra record di 5,2 miliardi di dollari e riuscendo pure a mantenerne la presidenza e l’amministrazione. L’acquisizione dell’azienda comportò per Finmeccanica l’assunzione di 1,2 miliardi di dollari di indebitamento netto con tre grandi istituti di credito italiani (Mediobanca, Intesa Sanpaolo e UniCredit) e con la statunitense Goldman Sachs International. Ogni singola azione venne rastrellata meticolosamente a 81 dollari, quando in Borsa era stata quotata un mese prima a 63. Alla spericolata operazione finanziaria, secondo IlSole24 Ore, partecipò come intermediario Lorenzo Cola detto “Lollo”, recentemente condannato a tre anni e quattro mesi per riciclaggio internazionale nell’ambito dell’inchiesta sull’affaire Telecom Sparkle-Fastweb.  A incaricare Cola fu l’allora amministratore delegato di Finmeccanica Pier Francesco Guarguaglini. “Fu Cola a rappresentare Finmeccanica nei confronti di Jeffrey Smith, l’avvocato dello studio legale di Washington Arnold& Porter ed ex direttore generale della Cia che si occupò degli aspetti legali dell’acquisizione per contro del gruppo italiano”, ha scritto il giornalista Claudio Gatti. Il 19 marzo del 2009, Guarguaglini e Cola parteciparono congiuntamente al ricevimento ufficiale organizzato dall’ambasciatore italiano a Washington, Giovanni Castellaneta, oggi presidente di Sace S.p.A. e membro del consiglio d’amministrazione di Finmeccanica. Ospite d’onore del sontuoso party diplomatico, l’allora vicesegretario alla difesa William Lynn.    

Con oltre diecimila dipendenti e un fatturato annuo che sfiora i tre miliardi di dollari, DRS Technologies è uno dei maggiori fornitori delle forze armate USA di apparecchiature e programmi di comando, controllo e comunicazione, computer, sistemi d’intelligence e sorveglianza, centri di elaborazione dati “AEGIS” per unità navali, componenti varie per carri armati e cacciabombardieri. A fine 2008, DRS Technologies ha venduto sistemi elettronici e di visione “JV-5” per 531 milioni di dollari, destinati ad oltre quaranta tipi di veicoli ruotati e cingolati dell’US Army e dei Marines. Nell’estate del 2009, l’azienda si è invece aggiudicata contratti per il valore complessivo di 143,9 milioni di dollari per la produzione di “addestratori P5” per i caccia F-15 ed -16 dell’aeronautica e della marina militare statunitense, e di 270 rimorchi “M1000” (Heavy Equipment Transporter) per il trasporto su strada e terreni accidentati dei carri armati M1 “Abrams”.

Due importanti contratti sono stati firmati alla fine dello scorso anno, il primo con Lockheed Martin per la fornitura alla Marina militare USA di sistemi di combattimento e sonar per i sottomarini nucleari delle classi “Los Angeles”, “Seawolf” e “Virginia” (valore 400 milioni di dollari circa); il secondo direttamente con US Army per la fornitura di servizi di supporto per l’Improved Bradley Acquisition Subsystem(IBAS) e di rimessa a punto dei sistemi M1200 “Armored Knight” destinati alle unità di artiglieria campale (47,3 milioni di dollari). Anche il 2012 promette bene per DRS Technologies: il 16 gennaio la società ha ottenuto commesse per 63 milioni di dollari relative all’ammodernamento dei sistemi Improved Altitude Hold and Hover Stabilization (IAHHS) della flotta di elicotteri HH-60G “Pave Hawk” dell’US Air Force e alla fornitura di sistemi GEDMS (Gigabit Ethernet Multiples System) e dei servizi di supporto logistico ai velivoli E-6B “Tacamo” di US Navy.

Non altrettanto fortunata l’altra azienda di punta di Finmeccanica, Alenia North America, che potrebbe perdere la multimilionaria fornitura ad US Air Force di 38 aerei per il trasporto tattico C-27J. Il Dipartimento della difesa ha fatto sapere lo scorso 26 gennaio di essere intenzionato a sospenderne l’acquisto in conseguenza dei tagli previsti al bilancio, nonostante l’azienda italiana abbia già consegnato 13 velivoli e stia completando la costruzione di altre unità. L’holding di Giuseppe Orsi spera ancora di ribaltare la decisione del Pentagono e, qualche giorno fa, ha nominato amministratore delegato di Alenia North America, l’ex ad di Ansaldo STS USA, Alan Calegari. Prima di fare il manager industriale, mister Calegari ha prestato servizio come ufficiale aviatore nel Corpo dei marines.