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sabato 11 febbraio 2012

Marines USA in Afghanistan con le bandiere delle SS

Dieci marines in posa, sorridenti, in tenuta d’assalto con tanto di fucile-mitragliatore al braccio. Tutti tiratori scelti, cecchini di un reparto speciale inviato nell’inferno afgano. Al centro, in alto, la bandiera a stelle e strisce degli Stati Uniti d’America. Sotto, più grande, una bandiera blu con in mezzo le SS stilizzate della famigerata Schutzstaffel, la polizia segreta militare nazista. La foto è apparsa nei giorni scorsi sul sito internet della Knight’s Armament, azienda produttrice di armi di Titusville, Florida. Per mostrare i sistemi bellici e i servizi offerti, spiegano i general manager.
La foto con i nazi-marines è stata scattata nel settembre 2010 nel distretto di Sangin, provincia di Helmand, una delle aree più pericolose dell’Afghanistan. Gli uomini sono in forza alla compagnia “Charlie” del 1st Reconnaissance Battalion di Camp Pendleton, San Diego (California). Scout snipers li chiamano. Scrutano, spiano, intercettano, sparano, uccidono. Un solo colpo. Preventivo. Contro il nemico onnipresente, invisibile. Lo spirito di corpo è sempre quello di Full metal jacket. Ma con in più le icone della Germania hitleriana.
“Alcuni scout snipers hanno utilizzato sfortunatamente il vecchio simbolo delle SS per la loro organizzazione d’élite, ma non avevano intenti di connotazioni o discriminazioni razziste”, ha ammesso candidamente il colonnello John Guthrie del Corpo dei marines Usa. “L’ufficio del nostro ispettorato generale è venuto a conoscenza della foto lo scorso mese di novembre e abbiamo avuto conferma da un comando in Afghanistan che il personale ritratto faceva parte della compagnia “Charlie”. Usare il simbolo nazista è inaccettabile ma possiamo assicurare che si è trattato solo di un’ingenuità”.
Problema di assai poca rilevanza pure secondo il portavoce del battaglione di stanza a Camp Pendleton, maggiore Gabrielle Chapin. “La bandiera con le SS non ha niente a che fare con noi marines e con la nostra storia”, ha dichiarato. “Io non credo tuttavia che gli uomini coinvolti nella vicenda abbiano mai voluto utilizzare alcun tipo di simbolo legato all’organizzazione militare criminale della Germania nazista che ha commesso tante atrocità durante la Seconda Guerra mondiale. Non sappiamo da dove sia spuntata la bandiera anche se pensiamo che era di proprietà di uno dei marines della foto. Nessuno sarà comunque punito perché quello dei ragazzi è stato un gesto di ignoranza e di stupidità, piuttosto che una proclamazione volontaria e cosciente”. Per il maggiore è inutile eseguire ulteriori indagini per individuare e punire i responsabili anche perché “nessuno è più in servizio con l’unità”. “Non è escluso che qualcuno possa essere comunque rimasto nel Corpo dei marines”, ha tuttavia ammesso Chapin.
L’atteggiamento ambiguo ed omissivo dei vertici del battaglione d’élite è stato duramente stigmatizzato dalle organizzazioni antirazziste e dai rappresentanti delle più note associazioni ebraiche statunitensi. Per il rabbino Marvin Hier, fondatore del Centro “Simon Wiesenthal” di Los Angeles, non è assolutamente credibile che “il mettersi in posa con la bandiera nazista sia stato un semplice disguido”.
“Si tratta di un crimine atroce”, ha commentato Michael Weinstein della Military Religious Freedom Foundation di Albuquerque, New Mexico. “In questi anni abbiamo visto di tutto ma questa cosa ci ha letteralmente lasciato attoniti.Questa fotografia è realmente orribile. Se l’uso dei simboli nazisti viene in ogni caso condonato o tollerato dal Corpo dei Marines, ci sono implicazioni disgustose per tutti coloro che stanno combattendo per il nostro paese o credono nei principi costituzionali”.
La fondazione ha inviato una lettera aperta al Segretario della difesa Leon Panetta e al comandante in capo dei marines, generale James Amos, chiedendo d’intervenire e punire i militari ritratti sotto la bandiera delle SS. “Non si tratta di un fatto isolato, anzi temiamo che l’utilizzo di simboli nazisti sia stato praticato per anni all’interno del Corpo”, ha dichiarato Michael Weinstein all’agenzia Associated Press. La Military Religious Freedom Foundation ha prodotto una seconda foto, scattata nel 2004 all’interno del Marine Corps Air Ground Combat Center di Twentynine Palms, California, che ritrae due marines armati di fucili di precisione 7.62mm M40 con alle spalle ancora una bandiera con le svastiche. “Pure quei due uomini erano in forza al plotone di scout snipers del 1st Battalion del 7° Marines”.
Il segretario Leon Panetta ha fatto sapere di avere già incontrato il comandante dei marines, generale Amos, per chiedere la riapertura delle indagini su quanto accaduto in Afghanistan e l’assunzione di “un’azione appropriata contro i responsabili”. Un alto ufficiale Usa ha dichiarato adAssociated Press che Panetta “avrebbe espresso apprezzamento per le azioni intraprese dal generale Amos” e che quest’ultimo “avrebbe ordinato ai suoi comandanti di fare accertamenti su tutti i simboli utilizzati dai tiratori scelti del Corpo dei marines, assicurandosi che essi siano istruiti su quelli che sono inappropriati”. Inappropriati, appunto, non immorali, illegittimi o illegali.
Con le foto dei cecchini con tanto di bandiere delle SS, il Corpo dei Marines si trova per la seconda volta in meno di un mese al centro delle polemiche dei media. In un video postato su youtube, erano stati immortalati alcuni uomini in forza ad un reparto di base a Camp Lejeune (North Caroline) che urinavano sui cadaveri di alcuni combattenti afgani dopo un conflitto a fuoco. Corpi oltraggiati, straziati, dilaniati, stuprati. Immagini emblematiche di ciò che è la guerra in Afghanistan. E dei “valori militari” che alimentano i protagonisti-killer.

Il Ministero della difesa ha scelto alcune società del gruppo Finmeccanica per potenziare il livello di protezione delle basi operative e di supporto dei militari italiani in Afghanistan. Il contratto, per un valore poco inferiore ai cento milioni di euro, prevede la fornitura di apparecchiature di sorveglianza che includono i radar uomo-trasportabile “Lyra 10” prodotti da Selex Sistemi Integrati (già acquistati dalla Guardia costiera italiana per la vigilanza a corto raggio dei mari anche in funzione anti-migranti) e diversi sensori elettro-ottici ed acustici di Selex Galileo per la localizzazione delle sorgenti di fuoco.
Le aziende di Finmeccanica garantiranno pure l’installazione di telecamere, posti comando e di guardia per la gestione dei sistemi di sorveglianza di aeroporti e basi e “sistemi robotizzati in versione da combattimento” di Oto Melara. Responsabile del trasporto, installazione, integrazione e gestione di tutti i sistemi sarà Selex Sistemi Integrati. All’azienda di elettronica militare sarà anche affidato il potenziamento del sistema di comando e controlloSIACCON2 dell’Esercito italiano e “dell’infrastruttura connettiva attualmente utilizzata in Afghanistan per ottenere una maggiore efficacia ed interoperabilità”.
A riprova che il sanguinoso conflitto afgano è sempre più un buon affare per il complesso militare industriale italiano, a fine gennaio è giunta la notizia che US Air Force ha aggiudicato un contratto di 12 milioni di dollari a DRS Defense Solutions (gruppo DRS Technologies Inc.), società Finmeccanica con sede in Maryland, per l’installazione del sistema Improved Altitude Hold and Hover Stabilization a bordo degli elicotteri Sikorsky HH-60G “Pave Hawk” utilizzati particolarmente in Afghanistan e Iraq. Drs Defense Solutions fornirà anche l’integrazione delle piattaforme, i programmi di sviluppo dei dati tecnici, i pezzi di ricambio e l’assistenza per la flotta di elicotteri. “Gran parte delle perdite dei Sikorsky HH-60G in Iraq ed in Afghanistan possono essere attribuite a problemi legati alle condizioni atmosferiche come le tempeste di sabbia e ai rischi di quando si vola su terreni sconosciuti”, ha commentato il presidente di DRS, Logen Thiran. “La nostra tecnologia di stabilizzazione IAHHS avrà un ruolo fondamentale nel garantire la sicurezza delle persone dentro ed intorno all’aeromobile quando operano in queste condizioni sfavorevoli. Apporteremo miglioramenti che consentiranno agli elicotteri una maggiore capacità di librarsi in volo e di navigazione e migliori sistemi di discesa ed atterraggio automatico”.
Lo scorso anno, DRS Defense Solutions si era aggiudicata un contratto del valore di 23 milioni e mezzo di dollari per la fornitura dei servizi di supporto informatico della base aerea di Bagram, una delle principali infrastrutture delle forze armate Usa in Afghanistan. Nello specifico, la società italo-statunitense deve assicurare la “piena interoperabilità dei sistemi C4I (Command, Control, Communications and Computer Information) impiegati per la pianificazione, la gestione e l’integrazione delle operazioni nel campo di battaglia congiuntamente ai militari della coalizione alleata”. La base di Bagram è nota come la Guantanamo afgana: ospita infatti il maggiore centro di detenzione di cittadini afgani sospettati di “terrorismo”, vittime di gravi maltrattamenti, torture e violazioni dei diritti umani.
A fine 2008, Alenia North America, altra società controllata da Finmeccanica con sede negli Stati uniti d’America, aveva sottoscritto con US Air Force un contratto di vendita di 18 aerei da trasporto tattico C-27A, nient’altro che i vecchi G.222 in uso all’aeronautica militare italiana, successivamente dismessi e riammodernati negli stabilimenti Alenia di Napoli Capodichino. La transazione ha sollevato più di un dubbio dal punto di vista della legittimità e della trasparenza: i velivoli, infatti, sono stati ordinati dal Combined Security Transition Command, il comando per le operazioni Usa in Afghanistan, per essere poi rivenduti all’Afganistan National Army Air Force (ANAAF), la ricostituita aeronautica militare afgana. L’ammontare della commessa, comprensiva della fornitura dei velivoli, delle parti di ricambio e del supporto logistico in Italia e in Afghanistan, è stato di 287 milioni di dollari. Due anni più tardi il Pentagono ha ordinato a Finmeccanica altri due G.222 da consegnare - via Washington - alle forze afgane. Con un contratto aggiuntivo di 30 milioni di dollari, Alenia North America dovrà modificare i velivoli addizionali in funzione “trasporto VIP”, dotandoli di un nuovo sistema autopilota e delle protezioni balistiche. La società ha pure ricevuto da US Air Force altri 20 milioni di dollari per ulteriori lavori di riparazione e manutenzione degli aerei a Madison (Stati Uniti) e in Italia. A fine 2011 erano già stati consegnatiall’aeronautica afgana quattordici C-27A.
“Grazie ai G-222, Alenia North America supporterà ancora una volta le forze armate Usa nella lotta globale al terrorismo”, ha commentato Giuseppe Giordo, presidente ed amministratore delegato della società del gruppo Finmeccanica. “I velivoli sono ideali per consentire al governo di Kabul di fornire assistenza umanitaria, evacuazione feriti e supporto logistico in tutto il paese, in special modo nelle aree più remote non facilmente accessibili o isolate a causa delle condizioni del terreno”. I tecnici di Alenia North America curano pure la formazione dei piloti afgani e statunitensi e del personale addetto alla manutenzione dei velivoli. I corsi vengono tenuti presso lo stabilimento Alenia di Capodichino e nella base aerea di San Antonio (Texas). Le operazioni di supporto logistico nello scalo aereo di Kabul sono state affidate invece alla società “L-3 Vertex Aerospace”, uno dei maggiori contractor Usa nel settore aerospaziale.
I manager di Finmeccanica nutrono ancora qualche speranza di assicurarsi un’altra grossa triangolazione con destinazione finale l’Afghanistan. Due anni fa hanno proposto ad US Air Force l’acquisto di una ventina di cacciabombardieri AMX in via di dismissione dall’Aeronautica militare italiana, da trasferire in seguito alle forze aeree afgane. “I velivoli, ottimali per gli attacchi contro obiettivi terrestri, potrebbero essere migliorati nella versione ATOL, acronimo che sta perpotenziamento delle capacità operative e logistiche”, hanno spiegato ad Alenia. Inizialmente, il Dipartimento della difesa si era dichiarato interessato alla commessa, ma dopo i tagli al budget della difesa e i diktat di Obama a comprare americano è facile supporre che alla fine i “nuovi” caccia per gli afgani saranno ordinati alle holding belliche a denominazione d’origine controllata U.S.A..


dal Blog di Antonio Mazzeo

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