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martedì 31 gennaio 2012

SOLIDARIETA' NOTAV

Cagliari - Il 26 gennaio un gruppo di diverse decine di solidali si riunisce in piazza repubblica a Cagliari per un presidio in solidarietà con i NoTav arrestati e colpiti dalla repressione.
Sono stati preparati due striscioni con su scritto "LA VAL SUSA NON SI ARRESTA" ed "ORA E SEMPRE NOTAV", il presidio dura alcune ore per poi trasformarsi in un temporaneo blocco della via Dante, una delle vie principali della città.

I solidali si aggiornano dandosi appuntamento al Sabato successivo e diffondendo questo comunicato :

Sbatti il mostro in prima pagina, e’ questo quello che hanno tentato di fare polizia di stato, magistratura e “giornalai” con gli arresti del 26 Gennaio ai danni del Movimento NO TAV.
Nei fatti 27 misure di custodia cautelare di cui 26 sono di custodia in carcere mentre per un altro attivista si tratta di domiciliari, in più un’altra decina di obblighi di dimora ovvero l’impossibilita’ di spostamento dal comune di residenza.
La realtà dei fatti è però meno semplice di come misere cifre possano raccontare, in carcere finiscono un consigliere comunale di Villar Focchiardo, barbieri, giardinieri della Val Susa, insomma chi tra le decine di migliaia di comuni cittadini ha partecipato alla lotta NO TAV e in particolare alle giornate di
questo ultimo anno che hanno segnato uno spartiacque importante in questi vent’anni di movimento.
Gli altri arrestati sono studenti e lavoratori, attivisti di altre regioni d’Italia che sono stati attratti dalla potenza, dalla radicalità ma anche dal radicamento di una lotta portata avanti da un popolo intero decidendo quindi di mettere in gioco tutta la loro generosità fino al punto di perdere anche quel briciolo di libertà che gli rimaneva.
Colpiti da questo evento, significativo per come uno Stato possa passare con gli anfibi dei celerini (e in val di susa anche con i cingolati dell’esercito) sul dissenso di una intera vallata, con un occhio rivolto non solo alla valle ma anche a quelle lotte che si stanno esprimendo nel territorio isolano, sentiamo la necessità di stringerci attorno agli arrestati di qualsiasi estrazione essi siano e così come sta succedendo in altre città della penisola abbiamo deciso di indire un presidio per Sabato 28 Gennaio alle 17
presso la stazione di Piazza Matteotti.
Con la richiesta di massima diffusione vi invitiamo a non delegare la solidarietà, a scrivere agli arrestati e a partecipare ai presidi e alle iniziative di solidarietà che nel tempo saranno poste in essere.
“I popoli in rivolta scrivono la storia, NO TAV fino alla vittoria”
Solidali con il movimento NO TAV - Cagliari"





Il 28 gennaio il gruppo dei solidali decide per un blocco alla stazione dei treni di Piazza Matteotti a
Cagliari ed entra scandendo slogan in solidarietà con la lotta NOTAV e con gli arrestati come
"Nessuna bugia nessuna scusa , giù le mani dalla Val Susa"; "La repressione non fermerà la lotta,
oggi come ieri la Valle non si tocca", "Fuori i compagni dalle galere, dentro nessuno, solo macerie",
Il gruppo si sposta sui binari e resta li 40 inuti sino a ritardare alcuni treni in partenza, poi decide
per un corteo spontaneo che si snoda per la via del commercio, il LargoCarlo Felice per arrivare in
piazza Jenne.
Non possiamo restare indifferenti di fronte all'ennesima ondata repressiva mirata a scoraggiare una
visione auto-organizzata dell'esistente, fuori dalle dinamiche gerarchiche e cannibali del capitale, di
chi vuole difendere il proprio territorio e i propri ideali sino al sacrificio della propria libertà.
Complici e solidali sempre, partiamo e torniamo insieme.
NOTAV SEMPRE.

Solidali con la lotta NOTAV – Cagliari – Sardegna.

domenica 29 gennaio 2012

Strategie di contro-insurrezione: convegno dell’Associazione Italiana esperti in Infrastrutture Critiche

Si è svolto il 22 Novembre a Roma, presso il salone centrale dell’ENEA – Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l’Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile, il workshop dal titolo “Considerazioni sull’applicazione operativa della Direttiva 2008/114/CE” (direttiva europea che si occupa della “sicurezza”delle infrastrutture critiche e delle “grandi opere” per gli stati dell’UE).
I lavori hanno posto l’accento sulla necessità, in questo momento di forti tensioni sociali, di innalzare la qualità e l’efficacia delle infrastrutture critiche. A Roma i principali esperti  di aziende pubbliche e private e del mondo accademico hanno approfondito questa tematica (anche alla luce dei momenti di rivolta dell’estate scorsa contro la TAV in Valsusa) e fatto considerazioni sull’applicazione operativa della direttiva UE.
L’ Associazione Italiana esperti in Infrastrutture Critiche (AIIC) ha presentato a questo convegno un modello di “Piano di sicurezza dell’operatore”.
“Il piano sicurezza dell’operatore”, ha detto Roberto Setola, segretario dell’AIIC, “tramite un’accurata attività di analisi di rischio e tenendo conto delle leggi e normative vigenti, stabilisce cosa difendere e come difendersi in una visione complessiva di difesa da tutte le minacce: eventi naturali, attacchi deliberati e sabotaggi. In tale contesto l’argomento è di particolare interesse e attualità per prevenire le conseguenze di attacchi terroristici e sabotaggi a tutte quelle infrastrutture che garantiscono il benessere della società moderna.”

Israele si addestrerà alla guerra con i caccia italiani

di Antonio Mazzeo

Saranno molto probabilmente gli M-346 “Master” di Alenia Aermacchi i nuovi aerei d’addestramento dei piloti israeliani. Mentre è in atto una pericolosissima escalation militare nelle acque del Golfo Persico e Washington e Tel Aviv preparano congiuntamente la prossima guerra (Iran o Siria?), il quotidiano “Haaretz” rivela che le forze armate israeliane starebbero per assegnare all’industria bellica italiana la commessa di oltre un miliardo di dollari per la fornitura di 25-30 caccia-addestratori “avanzati”. Gli M-346 sostituiranno i vecchi A-4 “Skyhawk” della statunitense McDonnell Douglas, utilizzati dalle “Tigri volanti” del 102° squadrone dell’aeronautica israeliana come velivolo per formare i nuovi piloti dei cacciabombardieri e come mezzo di supporto alla guerra elettronica.
La comunicazione ufficiale del ministero della Difesa è attesa per i prossimi giorni, ma il direttore generale, Udi Shadi, avrebbe già firmato un accordo preliminare con i manager di Alenia Aermacchi durante una sua recente visita in Italia. Dopo l’acquisizione, le attività di addestramento e la manutenzione dei velivoli saranno affidate ad una società privata (“Tor”), di proprietà dei due colossi Elbit Systems Ltd. e Israel Aerospace Industries Ltd.. I velivoli dovrebbero essere schierati nelle basi aeree di Hatzerim e Ovda.
L’M-346 “Master” è un addestratore al combattimento aereo con licenza d’uccidere: può essere armato infatti con due missili AIM-9L “Sidewinder” e con un cannone da 30 mm ed è configurabile per attacchi al suolo con bombe e missili aria-terra o antinave. Per le sue caratteristiche tecnico-belliche, il velivolo sarebbe stato preferito ai caccia T-50 “Golden Eagle” prodotti dall’industria sudcoreana. In un primo momento, le autorità di Tel Aviv si erano indirizzate verso il paese asiatico e avevano firmato un accordo di cooperazione per la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie militari del valore di 280 milioni di dollari. L’annuncio del possibile contratto con Alenia Aermacchi ha ovviamente irritato Seul che adesso minaccia di rivedere la propria politica commerciale con Israele.
Alcuni analisti internazionali sostengono tuttavia che la Corea del Sud avrebbe ancora qualche possibilità di soffiare l’importante commessa all’industria italiana. A ritenere che la competizione tra il “Master” e il “Golden Eagle” sia ancora aperta è in particolare il quotidiano on line statunitense Defense Industry Daily News. “Militarmente parlando – scrive – per performance e capacità di trasporto delle munizioni, l’M-346 ha caratteristiche più vicine allo “Skyhawk”. Per vincere la commessa, Finmeccanica dovrà però fornire garanzie sulla stabilità politica a lungo termine dell’Italia come fornitore, e la sua stabilità economica a lungo temine come acquirente. Il velivolo supersonico T-50 della Corea del Sud offre più alte performance aerodinamiche, e l’esistente integrazione dei sistemi d’armi consentono di operare come un cacciabombardiere del tipo F-16 oltre che da addestratore”. Tel Aviv, in realtà, punta ad avere un velivolo che, in caso di necessità belliche, possa ripetere le prestazioni del vecchio aereo di produzione USA (gli A-4 sono stati utilizzati massicciamente durante la guerra del Kippur nel 1973 e per l’invasione del Libano nel 1982).
Per la scelta del nuovo “addestratore”, Tel Aviv si baserà però principalmente su valutazioni geo-strategiche ed economiche. “Le imprese israeliane hanno fatto ingresso nel mercato coreano con i loro velivoli senza pilota UAV e con gli aerei radar e un ordine dei T-50 potrebbe rappresentare il prossimo passo per rafforzare l’interscambio tra i due paesi”, scrive il quotidiano USA. L’Italia però, potrebbe essere il trampolino per un maggiore posizionamento israeliano sui mercati europei. “Sotto il Primo ministro Berlusconi, le relazioni sono state amichevoli, e l’Italia è stato un alleato di supporto. Israele ha bisogno di lei in Europa, che non è un grande mercato per il settore della difesa, ma è il suo principale mercato per le esportazioni in genere. L’Europa diventa ancora più importante a seguito della scoperta di enormi riserve di gas a largo delle coste israeliane nel Mediterraneo. Quel gas dovrà essere esportato e l’Europa dovrebbe essere la sua area di destinazione”.
Per Defense Industry Daily News, Israele starebbe seguendo con particolare attenzione l’evolversi della situazione politica in Italia dopo la caduta del governo Berlusconi. “Anche se spodestato, l’ex premier manterrà un’influenza significativa attraverso i media italiani. Israele desidererà che le relazioni a lungo termine con Berlusconi, e l’Italia, rimangano buone. Ciò potrebbe essere difficoltoso, date le crescenti ostilità delle sinistre europee contro Israele e gli Ebrei. Ma non impossibile”.
La stipula del contratto con Alenia Aermacchi potrebbe consentire lo sviluppo di “più stretti legami in ambito economico e della difesa” e d’Israele diventerebbe sia “un cliente d’alto profilo per le esportazioni italiane”, che un “fornitore di importanti componenti militari strategiche”. All’orizzonte, infatti, ci sarebbero multimilionarie commesse per il complesso militare industriale israeliano, a partire dalla fornitura di sistemi per le telecomunicazioni satellitari e di aerei senza pilota. Secondo la stampa israeliana, in cambio degli M-346 “Master”, l’Italia si sarebbe impegnata ad acquistare in particolare due aerei AWACS del tipo “Gulfstream 550” CAEW (Conformal Aerial Early Warning) con relativi centri di comando e controllo. Prodotti da Elta e Israel Aerospace Industries, i velivoli sono già operativi con le forze armate d’Israele e Singapore; una variante dell’aereo radar è stato pure fornito a Cile ed India.
In vista dell’affaire, Alenia avrebbe siglato con Israele un accordo preliminare per lo sviluppo di velivoli a pilotaggio remoto e dell’aereo “multi-sensore e multi-missione JAMMS (Joint airborne multisensor multimission system)”, approvato già due anni fa. Il “JAMMS” è un altro dei costosissimi programmi militari approvati dal Parlamento italiano, con voto bipartisan di centrodestra e centrosinistra. Il 10 marzo 2009, il Ministero della difesa italiano ha spiegato ai parlamentari che il “programma pluriannuale” di acquisizione di due velivoli “JAMMS” “risponde alla necessità operativa di sostituire il velivolo SIGINT G-222VS (G222 Versione Speciale), ancora in servizio ma destinato ad essere prossimamente dismesso, nonché all’esigenza di supportare le operazioni delle forze nazionali e alleate impegnate in operazioni militari in Patria e fuori dai confini nazionali nel controllo e nella sorveglianza dello spazio multidimensionale del conflitto”. I velivoli, caratterizzati “da avanzate capacità di ricognizione”, incrementeranno “i database delle forze nazionali con i relativi ordini di battaglia elettronici dei paesi di interesse” e supporteranno “la predisposizione delle librerie degli apparati di guerra elettronica”.
 Lo “JAMMS” è composto dalla piattaforma aerea, dal sistema di comunicazione e raccolta informazioni SIGINT-ESM (Signal Intelligence – Electronic Support Measures), dai radar di osservazione ad alta quota per l’individuazione di oggetti in movimento e dal segmento di terra per il processamento e l’analisi dei dati. L’integrazione delle differenti componenti consente di “operare nei tre domini del campo di battaglia: aereo, navale e terrestre”.
Nel valutare le possibili soluzioni esistenti sul mercato internazionale, più di tre anni fa gli esperti del Ministero della difesa indicavano il “Gulfstream G550” come il “velivolo più idoneo al soddisfacimento del requisito operativo”. “Il coinvolgimento di industrie nazionali, allo stato non ancora definito, è previsto per i diversi sottosistemi di bordo”, aggiungeva il report della Difesa. “Il costo stimato del programma ammonta a 280 milioni di euro a valere sul bilancio ordinario della difesa e avrà durata di sette anni, con avvio pianificato a partire dal 2009”. La nota aggiuntiva allo stato di previsione del bilancio della Difesa per l’anno 2009 non indicò però lo stanziamento finalizzato all’acquisizione del sistema “JAMMS”, limitandosi a specificare che esso “sarà oggetto di successiva valutazione di compatibilità/percorribilità”. Che nelle intenzioni dello Stato maggiore e del governo ci fosse già l’intenzione di subordinare l’acquisto degli aerei radar alla vendita dei caccia–addestratori di Alenia Aermacchi ad Israele?
Intanto le aeronautiche militari dei due paesi sembrano aver stretto la più solida delle alleanze. Lo scorso mese di ottobre, gli israeliani hanno inviato i propri caccia F-15 ed F-16 a cannoneggiare e bombardare i grandi poligoni terrestri della Sardegna, nel quadro dell’esercitazione multinazionale “Vega 2011”. Due mesi più tardi è stata la volta dei caccia “Tornado” ed “Amx” dell’Aereonautica italiana a sorvolare il deserto del Negev per partecipare ai war games con la forza aerea partner (“Desert Dusk 2011”). Entro la fine del 2013, inoltre, i grandi aerei da trasporto della nostra aeronautica C27J e C130 e gli elicotteri Eh101 cominceranno ad essere equipaggiati con il sistema di contromisure a raggi infrarossi “Dircm” (Directional infrared countermeasures) co-prodotto dalla italiana “Elettronica” e dalla israeliana “Elbit”. Il contratto avrà durata triennale e comporterà una spesa di 25,4 milioni di euro. L’Aeronautica italiana sarà così la prima forza armata europea a dotarsi di un sistema con tecnologia non americana per la difesa dai Manpads (Man-portable air-defense systems), i missili che possono essere lanciati con sistemi a spalla. A danno dei contribuenti e a beneficio dei piazzisti di morte.

sabato 28 gennaio 2012

CAGLIARI PRESIDIO IN SOLIDARIETA' CON IL MOVIMENTO NOTAV COLPITO DALLA REPRESSIONE

Sbatti il mostro in prima pagina, e’ questo quello che hanno tentato di 
fare polizia di stato, magistratura e “giornalai” con gli arresti del 26 Gennaio ai danni del Movimento NO TAV. Nei fatti 27 misure di custodia cautelare di cui 26 sono 
di custodia in carcere mentre per un altro attivista si tratta di domiciliari, in più un’altra decina di obblighi di dimora ovvero l’impossibilita’ di spostamento dal comune 

di residenza.

La realtà dei fatti è però meno semplice di come misere cifre possano raccontare, in carcere finiscono un consigliere comunale di Villar Focchiardo, barbieri,
 giardinieri della Val Susa, insomma chi tra le decine di migliaia di comuni cittadini ha partecipato alla lotta NO TAV e in particolare alle giornate di questo ultimo anno 

che hanno segnato uno spartiacque importante in questi vent’anni di movimento. Gli altri arrestati sono studenti e lavoratori di altre regioni d’Italia che sono stati 
attratti dalla potenza, dalla radicalità ma anche dal radicamento di una lotta portata avanti da un popolo intero decidendo quindi di mettere in gioco tutta la loro

 generosità fino fino al punto di perdere anche quel briciolo di libertà che gli rimaneva.

Colpiti da questo evento, significativo per come uno Stato possa passare con gli anfibi dei celerini (e in val di susa anche con i cingolati dell’esercito) 
sul dissenso di una intera vallata, con un occhio rivolto non solo alla valle ma anche a quelle lotte che si stanno esprimendo nel territorio isolano, 

sentiamo la necessità di stringerci attorno agli arrestati di qualsiasi estrazione essi siano e così come sta succedendo in altre città della penisola abbiamo deciso di 
indire un presidio per Sabato 28 Gennaio alle 17 presso la stazione di Piazza Matteotti.
Con la preghiera di massima diffusione vi invitiamo a non delegare la solidarietà, a scrivere agli arrestati e a partecipare ai presidi e alle iniziative di 
solidarietà che nel tempo decideremo di porre in essere.

“I popoli in rivolta scrivono la storia, NO TAV fino alla vittoria”

Cagliari 27 Gennaio 2012
Solidali con il movimento NO TAV

lunedì 23 gennaio 2012

MARTEDì 24 Gennaio è prevista la SENTENZA per la PORTOVESME srl, sit-in a partire dalle 9:00 a Cagliari

Presso il Palazzo di Giustizia di Cagliari, il 24 Gennaio è prevista la sentenza, contro il responsabile del sistema Gestione ambientale della Portovesme srl, Aldo Zucca, 58 anni, di Gonnosfanadiga, e alla responsabile della gestione rifiuti dello stesso stabilimento, Maria Vittoria Asara, 39 anni, di Sestu. Durante l'ultima udienza, il 20 dicembre, Giacchino Genchi per la difesa ha parlato tutto il giorno. I due responsabili della Portovesme S.r.l. sono accusati di aver sotterrato abusivamente diecimila metri cubi di scarti industriali (15.000 tonellate di rifiuti) tossico nocivi nelle zone di Settimo San Pietro, Serramanna e nei sottofondi stradali dell' ospedale Businco di Cagliari.
Contro le fabbriche dei veleni, per chiedere l'avvio di bonifiche, per la riconversione verso attività eco-sostenibili con reinserimento di tutti i lavoratori, DIAMOCI TUTTI appuntamento al Palazzo di Giustizia MARTEDì 24 gennaio 2012 dalle 9:00

Comitato Carlofortini Preoccupati!

domenica 22 gennaio 2012

PER LE INDIVIDUALITA' NORADAR SIT-IN :

Martedì 24 mattina dalle 9.00 in poi parteciperemo al sit-in davanti al palazzo di giustizia di Cagliari in occasione del processo e, probabilmente, della sentenza contro i tecnici della PORTOVESME srl. Cogliamo l'occasione per invitare all'iniziativa chiunque sia sensibile al tema.

Per mercoledì 25 mattina dalle 9.30 in piazza del Carmine, abbiamo programmato e proponiamo anche a tutti i comitati e le individualità noradar un altro sit-in in occasione della sentenza del Tar. 

COMITATO NORADAR CAGLIARI PRESENTA :

Lunedì 23 Gennaio 2012 , alle ore 20:30 ,
presso il Teatro Club in via Roma 257 a Cagliari (lato stazione ferroviaria),
il dott. Fiorenzo Marinelli
Ricercatore dell'Istituto di Genetica Molecolare del CNR di Bologna


terrà un INCONTRO DIBATTITO dal tema:


CAMPI ELETTROMAGNETICI E SALUTE


Viviamo in un’epoca nella quale la diffusione dei campi elettromagnetici
di alta frequenza è in grande espansione. Alle tradizionali trasmissioni
radiotelevisive si vanno affiancando quelle della telefonia cellulare,
delle reti wireless, dei telefoni cordless, e di un gran numero di altri
dispositivi, col conseguente continuo aumento delle emissioni.
Contemporaneamente aumenta anche la consapevolezza del fatto che,
l’esposizione a onde elettromagnetiche di alta frequenza, comporta effetti
biologici e rischi per la salute umana e l’ambiente. Anche le conoscenze
scientifiche riguardo al rischio di esposizione ai campi e.m. sono in
continuo aumento, basti pensare alla recentissima classificazione di
radiofrequenze e microonde come "possibili cancerogeni per l'uomo", nel
Maggio scorso da parte dello IARC (la Commissione Internazionale della
Ricerca sul Cancro associata all’Organizzazione Mondiale della Sanità).
Il Dottor Fiorenzo Marinelli, ricercatore dell’istituto di genetica
molecolare del CNR di Bologna conduce da anni studi sperimentali in questo
delicatissimo campo, nel corso della conferenza proverà a fare il punto
sullo stato attuale delle conoscenze scientifiche e sulla valutazione dei
rischi associati all’esposizione alle onde elettromagnetiche di alta
frequenza.




L'incontro è stato organizzato dal gruppo no-radar Sardegna di Cagliari,
l'ingresso è libero

Decreto Liberalizzazioni, Clamoroso: art. 44, arrivano le carceri private



Carceri affidate ai privati, con obbligo di partecipazione delle banche.
 Ecco cosa si nasconde nell'art. 44. La mafia ringrazia: finalmente
 potranno gestirsi le carceri da soli.
tommy lee jones.jpg
Mentre eravamo tutti intenti a preoccuparci di tassisti, crociere e forconi, 
guarda guarda cosa ti infilano nel decreto "liberalizzazioni" i nostri amici 
seduti al governo. Una ventina di righe all'articolo 44, mica niente di che,
 che ancora nessuno ha letto e di cui nessun giornale ha fatto ancora parola.

Leggetelo, lo trovate qui.Il provvedimento si chiama Project financing 
per la realizzazione di infrastrutture carcerarie, ed in sintesi realizza 
un sogno da tempo coltivato: quello di affidare le carceri ai privati
Si sa, le carceri son piene, mica vorremo un indulto al giorno con
 tutti i delinquenti che ci sono oggidì.

Non solo si permette ai privati costruire le carceri, ma si scrive nero
 su bianco cheal fine di assicurare il perseguimento dell'equilibrio
 economico-finanziario dell'investimento, al concessionario è riconosciuta,
 a titolo di prezzo, una tariffa per la gestione dell'infrastruttura e per 
i servizi connessi, ad esclusione della custodia.
Questo significa che la gestione carceraria, escluse le guardie, è affidata a 
privati imprenditori. Riuscite ad immaginare cosa significa ciò in Italia, con 
infiltrazioni mafiose a tutti i livelli ed in special modo nell'edilizia? Che
 le carceri saranno gestite dai delinquenti. Quelli di serie A, 
naturalmente, perché quelli di serie B saranno il "prodotto", ovvero 
coloro su cui si farà business. Un tot a carcerato. E il carcere,
 naturalmente, dovrà essere sempre pieno altrimenti non conviene
: non buttate più cartacce per terra, mi raccomando.
C'è dell'altro: Il concessionario nella propria offerta deve prevedere
 che le fondazioni di origine bancaria contribuiscano alla
 realizzazione delle infrastrutture di cui al comma 1, con
 il finanziamento di almeno il 20 per cento del costo di investimento.
In soldoni, è fatto obbligo di far partecipare le banche alla
 spartizione della torta. Torta di denaro pubblico, perché è 
sempre lo Stato che paga. A meno che non si voglia far lavorare
 a gratis i detenuti, in concorrenza con le aziende, e con il compenso
 intascato dall'"imprenditore carcerario". Funziona così, in USA
Siamo fiduciosi che, nel decreto "privatizzazioni", si privatizzerà 
anche il lavoro schiavo dei carcerati.
Io credo che un provvedimento del genere avrebbe meritato
 un dibattito pubblico
 in un "Paese normale". Che una simile cessione di democrazia,
 di controllo e di libertà
 da parte dello Stato dovrebbe essere ben conosciuta dai cittadini
 e dall'opinione pubblica,
 e non infilata di soppiatto tra gli articoli mentre il gregge è 
distratto a pensare ai taxi.

Foto - Natural Born Killers, il direttore del carcere

lunedì 16 gennaio 2012

Strategie di contro-insurrezione


L’arma dei carabinieri tiene il primo corso di investigazioni per la nuova polizia irachena
Sono rientrati il 24 Novembre a Baghdad dieci appartenenti all’Iraqui Federal Police reduci da un corso intensivo della durata di due settimane svoltosi in Italia presso l’Istituto Superiore di Tecniche Investigative dei carabinieri a Velletri.
I dieci ufficiali e sottufficiali Iracheni sono stati “accompagnati” durante l’intero corso dal colonnello Michele Facciorusso, comandante dei carabinieri della NATO Training Mission Iraq, che dal 2007 ad oggi hanno addestrato oltre 10.000 poliziotti iracheni.
Durante la prima settimana dell’addestramento a Velletri, particolare attenzione è stata posta sulla questione afferente agli IED (ordigni esplosivi artigianali), su come riconoscerli, affrontarli e intervenire nella raccolta delle prove.
Successivamente, l’addestramento si è concentrato sulle modalità di conduzione delle indagini, tra le quali le intercettazioni telefoniche, ambientali, i servizi di pedinamento e la rilevazione di impronte digitali in luoghi chiusi.
Questo corso evidenzia sempre di più il ruolo dell’arma dei carabinieri nell’addestramento delle forze contro-insurrezionali a livello mondiale.

resoconto della passeggiata a Capo S.Marco

" Stamattina 7 gennaio si è svolta la passeggiata promossa dal Comitato spontaneo No Radar Capo San Marco. Centinaia di persone si sono date appuntamento nella Pratza de i' ballus di San Giovanni per manifestare pacificamente contro l'installazione dei radar, uno della Guardia Costiera e l'altro della Guardia di Finanza. Intorno a mezzogiorno le persone riunite si sono avviate verso Capo San Marco, accompagnate da una guida che durante il percorso mostrava le numerose emergenze archeologiche presenti nella zona e le bellezze naturalistiche, che fanno di questa parte di terra minacciata, un bene identitario della nostra comunità.

All'iniziativa erano presenti, oltre ai cittadini di Cabras e dell'oristanese, alcuni componenti dei comitati No Radar di Tresnuraghes, Capo Pecora e Carloforte, convenuti per appoggiare la lotta e sostenerla, mettendo in campo la loro importante esperienza pregressa, disponibili a unire le loro forze alle nostre in questo momento d'emergenza.
Hanno inoltre aderito alla passeggiata alcuni esponenti del comitato “Gettiamo le basi” , rappresentanti dell'associazione “Veterans for peace” dagli USA e sventolavano inoltre bandiere portatrici di altre proteste e lotte, cicatrici e ferite aperte lasciate dai continui attacchi al nostro territorio e alla sovranità su di esso della sua gente.

Non hanno partecipato all'iniziativa gli amministratori locali che pur avendo manifestato in altra sede il rifiuto all'installazione dei radar e avendo programmato nei prossimi giorni importanti iniziative istituzionali a riguardo, non si sono uniti a questa protesta spontanea dei cittadini.
Dopo circa un'ora, il corteo dei manifestanti è giunto davanti all'area Militare dov'è prevista l'installazione dei Radar e alcuni manifestanti hanno preso la parola. In quel bellissimo scenario sembrava abbastanza assurda l'ipotesi di poter profanare un sito naturalistico unico come Capo San Marco con dei radar dannosi e inutili. Di fronte, separati da un braccio di mare, era visibile l'altra ben più imponente area militare di Capo Frasca. Altrettanto assurda è l'ipotesi di pianificare, per chi lo stesse facendo, l'installazione dei radar lì di fronte, perché comunque area già contaminata senza realizzare che l'inquinamento elettromagnetico arriverebbe anche da noi per un raggio di circa 50 miglia!

La battaglia No Radar ne qui ne altrove continua! "

venerdì 13 gennaio 2012

Guerra alla Libia con settecento super bombe italiane

di Antonio Mazzeo
“Le operazioni condotte nel 2011 sui cieli libici hanno rappresentato per l’Aeronautica Militare italiana l’impegno più imponente dopo il 2° Conflitto Mondiale”. È orgogliosissimo il Capo di Stato maggiore delle forze aeree, generale Giuseppe Bernardis. L’Italia repubblicana ha conosciuto i teatri di guerra dell’Iraq, della Somalia, del Libano, dei Balcani, dell’Afghanistan e del Pakistan, ma mai avevamo sganciato tante bombe e tanti missili aria-terra come abbiamo fatto in Libia per spodestare e consegnare alla morte l’ex alleato e socio d’affari Muammar Gheddafi. Una guerra record di cui però è meglio non andare fieri: secondo i primi dati ufficiali – ancora parziali – i nostri cacciabombardieri hanno martoriato gli obiettivi libici con 710 tra bombe e missili teleguidati. Cinquecentoventi bombe e trenta missili da crociera a lunga gittata li hanno lanciati i “Tornado” e gli AMX dell’Aeronautica; centosessanta testate gli AV8 “Harrier” della Marina militare. Conti alla mano si tratta di quasi l’80% delle armi di “precisione” a guida laser e GPS in dotazione alle forze armate. Un arsenale semi-azzerato in poco più di centottanta giorni di conflitto; il governo ha infatti autorizzato i bombardamenti solo il 25 aprile 2011 (56° anniversario della Liberazione) e la prima missione di strike in Libia è stata realizzata tre giorni dopo da due caccia “Tornado” decollati dall’aeroporto di Trapani Birgi.

“Le munizioni utilizzate dalle forze aeree italiane sono state le bombe GBU-12, GBU-16, GBU-24/EGBU-24, GBU-32, GBU-38, GBU-48 e i missili AGM-88 HARM e Storm Shadow, con una percentuale di successo superiore al 96%”, elenca diligentemente lo Stato Maggiore dell’AMI. Inutile chiedere cosa o chi sia stato colpito nel restante 4% degli attacchi dove sono state sganciate più di trenta bombe di “precisione”. Dettagliata è invece la descrizione del documento “Unified Protector: le capacità di attacco dell’AM” (6 giugno 2011) sulle caratteristiche tecniche di questi strumenti di distruzione e di morte. “I sistemi d’arma a guida laser sono stati sviluppati negli anni ‘80 con i primi test eseguiti dalla Lockheed Martin e sono stati utilizzati nei più recenti conflitti, dalla guerra del Golfo alle operazioni sui Balcani, Iraq e Afghanistan”, scrivono i comandanti delle forze aeree. “La GBU-16 è un armamento a guida laser Paveway II, basato essenzialmente su bombe della serie MK83 da 495 Kg. Della stessa famiglia di ordigni fa parte la GBU-12 (corpo bomba MK82, 500 libbre). La GBU-24 è invece un armamento basato essenzialmente sia sul corpo di bombe della serie MK da 907 Kg. che delle bombe penetranti BLU-109 modificate con un kit per la guida laser Paveway III. Sviluppato per rispondere alle sofisticate difese aeree nemiche, scarsa visibilità e limitazioni a bassa quota, l’armamento consente lo sgancio a bassa quota e con una capacità di raggio in stand off (oltre 10 miglia) tale da ridurre le esposizioni”. Ancora più sofisticate le bombe GBU-24/EGBU-24, guidate con doppia modalità GPS e laser ed usate “per distruggere i più resistenti bunker sotterranei” e le GBU-32 JDAM (Joint Direct Attack Munition) da 1.000 e 2.000 libbre, che possono essere lanciate in qualsiasi condizioni meteo, sino a 15 miglia dagli obiettivi, “per ingaggiare più target con un singolo passaggio”.
“Lo Storm Shadow è un missile aviolanciabile con telecamera a raggi infrarossi a guida Gps che può colpire obiettivi di superficie in profondità, a prescindere dalla difesa aerea, grazie alle sue caratteristiche stealth”, recita il report dell’Aeronautica. Sviluppato a partire dal 1997 dalla ditta inglese MBDA, il vettore è lungo cinque metri, pesa 1.300 Kg, ha un raggio d’azione superiore ai 250 km e può trasportare una testata di 450 kg. “È utilizzabile contro obiettivi ben difesi come porti, bunker, siti missilistici, centri di comando e controllo, aeroporti e ponti. La carica esplosiva è infatti ottimizzata per neutralizzare strutture fisse corazzate e sotterranee”. Le coordinate del target e la rotta di volo dello Storm Shadow vengono pianificate a terra e successivamente inserite all’interno del missile durante la fase di caricamento sul velivolo. “Una volta lanciato, raggiunge l’obiettivo assegnato navigando in ogni condizione di tempo, di giorno o di notte in maniera assolutamente autonoma utilizzando gli apparati di bordo e confrontando costantemente la sua posizione con il terreno circostante”. L’altro missile aria-superficie impiegato dai caccia italiani è l’AGM-88 HARM (High-speed Anti Radiation Missile) della Raytheon Company, ad alta velocità e un raggio d’azione di 150 km, in grado di individuare e “sopprimere” i radar nemici.
Secondo il generale Bernardis, nei sette mesi di operazioni in Libia, “i velivoli dell’Aeronautica Militare italiana hanno eseguito 1.900 missioni con oltre 7.300 ore di volo, pari al 7% delle missioni complessivamente condotte dalla coalizione internazionale a guida NATO”. Attacchi e bombardamenti sono stati appannaggio dei cacciabombardieri “Tornado” versione IDS (Interdiction and Strike) del 6° Stormo di Ghedi (Brescia) e dei monoreattori italo-brasiliani AMX del 32° Stormo di Amendola (Foggia) e del 51° Stormo di Istrana (Treviso). Per la “soppressione delle difese aeree” e il controllo della no-fly zone sono stati impiegati i “Tornado” ECR (Electronic Combat Reconnaissance) del 50° Stormo di Piacenza, i cacciabombardieri F-16 del 37° Stormo di Trapani-Birgi e gli “Eurofighter 2000” del 4° Stormo di Grosseto e del 36° di Gioia del Colle (Bari). “L’AMI ha pure impiegato i velivoli da trasporto C-130 “Hercules”, i tanker KC-130J e Boeing KC-767 per il rifornimento in volo e, nelle ultime fasi del conflitto, gli aerei a pilotaggio remoto Predator B per missioni di riconoscimento”. Sui cieli libici hanno pure fatto irruzione un velivolo G.222VS “per la rilevazione e il contrasto delle emissioni elettromagnetiche” e un C-130 per quella che è stata definita dal comandante di squadra aerea, Tiziano Tosi, come una “PsyOP – Psycological Operation”, finalizzata a “influenzare a proprio vantaggio la coscienza e la volontà della popolazione interessata”. Su Tripoli e altre città libiche sono stati lanciati centinaia di migliaia di volantini, il cui testo è stato concordato con il Comitato nazionale provvisorio di Bengasi. “La Libia è una e la sua capitale è Tripoli”, il titolo. “Vi chiediamo di unirvi tutti e prendere la decisione giusta e saggia. Unitevi alla nostra rivoluzione. Costruiamo a Libia lontano da Gheddafi. Libia unificata, libera, democratica”.
Quasi tutti i velivoli da guerra italiani sono stati schierati sulla base aerea di Trapani nell’ambito del Task Group Air Birgi, da cui dipendevano anche gli aerei senza pilota Predator B, operanti però dallo scalo pugliese di Amendola. Pisa e Pratica di Mare, gli aeroporti per le operazioni dei velivoli da trasporto o rifornimento. “Le operazioni d’intelligence, sorveglianza e ricognizione sono state effettuate grazie alla disponibilità di speciali apparecchiature elettroniche Pod Reccelite in dotazione ai “Tornado” e agli AMX”, scrive ancora lo Stato Maggiore. “Sugli oltre 1.600 target di ricognizione assegnati ai velivoli italiani, sono state realizzate più di 340.000 foto ad alta risoluzione, mentre circa 250 ore di filmati sono stati trasmessi in tempo reale dai Predator B”. Le missioni di attacco al suolo sono state pianificate e condotte “contro obiettivi militari predeterminati e definiti, o contro target dinamici nell’ambito di aree di probabile concentrazione di obiettivi nemici”. Probabile, dunque e non certa la concentrazione degli obiettivi militari. E gli effetti collaterali si confermano elemento integrante delle strategie di guerra del Terzo millennio…
I condottieri dell’Aeronautica Militare forniscono infine la percentuale delle ore di volo relative alle differenti tipologie di missione: il 38% ha riguardato pattugliamenti e “difese aeree” (DCA); il 23% attività di “sorveglianza e ricognizione” (ISR); il 14% l’attacco al suolo contro “obiettivi predeterminati” (OCA); l’8% la “neutralizzazione delle difese aeree nemiche” (SEAD); un altro 8% il rifornimento in volo (AAR); il 5% la “ricognizione armata e l’attacco a obiettivi di opportunità” (SCAR); il restante 4% “la rilevazione e il contrasto delle emissioni elettromagnetiche” (ECM). Come dire che ogni quattro velivoli decollati, uno serviva per colpire, ferire, uccidere.
Anche la Marina militare ha fornito dati numerici sull’intervento dei propri mezzi in Libia. Otto aerei a decollo verticale AV8 B Plus “Harrier”, stazionati sulla portaerei “Garibaldi”, hanno effettuato missioni di interdizione ed attacco per complessive 1.223 ore, utilizzando i missili aria-aria a guida infrarossa AIM-9L “Sidewinder”, quelli a medio raggio a guida laser “AMRAAM”, gli aria-terra “Maverick” e le bombe del tipo Mk82 ed Mk20. Una trentina gli elicotteri EH-101, SH-3D ed AB-212 assegnati ad Unified Protector, per complessive 3.311 ore di volo. Tremila e cinquecento gli uomini e le donne imbarcati su due sottomarini (“Todaro” e “Gazzana”) e quattordici unità navali (tre delle quali, “Etna”, “Garibaldi” e “San Giusto”, utilizzate in periodi diversi come sedi del Comando per le operazioni marittime NATO).
Come sen non bastasse, i vertici delle forze armate fanno sapere che l’80% circa delle missioni aeree alleate sono partite da sette basi italiane (Amendola, Aviano, Decimomannu, Gioia del Colle, Pantelleria, Sigonella e Trapani Birgi). “In questi aeroporti, l’Aeronautica Militare ha assicurato il supporto tecnico e logistico, sia per gli aerei italiani sia per i circa 200 aerei di undici paesi della Coalizione internazionale (Canada, Danimarca, Emirati Arabi Uniti, Francia, Giordania, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna, Stati Uniti, Svezia e Turchia), schierati sul territorio nazionale. In sostanza, il personale e i mezzi della forza armata sono stati impegnati in maniera continuativa per fornire l’assistenza a terra, il rifornimento di carburante, il controllo del traffico aereo, l’alloggiamento del personale, ecc.”.
Piattaforma avanzata per il 14% di tutte le sortite aeree di Unified Protector lo scalo siciliano di Trapani, da cui sono transitati pure 300 aerei cargo e circa 2.000 tonnellate di materiale. Dalla Forward Operating Base (FOB) di Birgi, uno dei quattro centri di cui dispone la NATO nello scacchiere europeo, hanno operato anche gli aerei radar AWACS, “assetti essenziali alle moderne operazioni aeree per garantire una efficace capacità di comando e controllo”. Lo Stato Maggiore AMI ricorda infine “l’importante supporto di personale specializzato nel campo della pianificazione operativa offerto ai vari livelli della catena di comando e controllo NATO, attivata in tutta Italia”, all’interno del Joint Force Command di Napoli e del Combined Air Operation Center 5 di Poggio Renatico (Ferrara).
No comment invece sul costo finanziario sostenuto per le tremila missioni e le oltre 11.800 ore di volo dei velivoli italiani impiegati nella guerra alla Libia. Possibile però azzardare una stima di massima tenendo conto delle spese per ogni ora di missione dei cacciabombardieri (secondo Il Sole 24Ore, 66.500 euro per l’“Eurofigher 2000”, 32.000 per il “Tornado”, 19.000 per l’F-16, 11.500 per il C-130 “Hercules” e 10.000 per l’“Harrier”). Prendendo come media un valore di 20.000 euro e moltiplicato per il numero complessivo di ore volate, si raggiunge la spesa di 236.220.000 euro. Vanno poi aggiunti i costi delle armi di “precisione” impiegate (dai 30 ai 50.000 euro per le bombe a guida laser e Gps, dai 150.000 ai 300.000 per i missili “intelligenti”). Limitandosi ad un valore medio unitario di 40.000 euro, per le 710 munizioni sganciate sul territorio libico il contribuente italiano avrebbe speso non meno di 28.400.000 euro. Così, solo per “accecare” radar, intercettare convogli e bombardare a destra e manca abbiamo sperperato non meno di 260 milioni. Fortuna che c’era la crisi.