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venerdì 30 settembre 2011

Iniziativa NORADAR Tresnuraghes

Un radar a Capo Sandalo?

SABATO 1 OTTOBRE 2011 ORE 18:00 Via Roma 4
piano terra della Casa del proletariato - Cavallera

ne parliamo con:
Massimo Coraddu : dell'Istituto Nazionale di fisica Nucleare (INFN) di Cagliari e (quasi certamente) Graziano Bullegas.

 La Guardia Costiera ha previsto l'installazione di una postazione radar a Capo Sandalo nell'isola di San Pietro a Carloforte.
L'installazione fa parte di una rete di sorveglianza del traffico marittimo denominata VTS, con scopi marcatamente militari.
La rete VTS, affidata alla multinazionale degli armamenti Selex-Finmeccanica, (indagate tra l'altro per un giro di tangenti) prevede ben 73 postazioni radar simili in tutta italia (11 in sardegna), al costo stratosferico di 350 milioni di euro!!!.
Se venisse realizzata interamente farebbe dell'Italia lo stato con le coste
più sorvegliate del mondo.

Il fascio di microonde emesso dai radar risulta potenzialmente pericoloso per la salute umana e per l'ambiente, paradossalmente la maggior parte delle installazioni radar previste sarebbero collocate in siti naturalistici con un elevato grado di protezione, come il faro di Capo Sandalo, appunto. Dove proprio la settimana scorsa è stata inaugurata l'Oasi permanente di protezione faunistica della Lipu.
Tra l'altro se verrà completata la rete radar  la nostra isola sarebbe irradiata da tre potenti fasci radar, le cui onde andrebbero a sovrapporsi: radar di Capo Sperone, Capo Pecora e Capo Sandalo.
Alcuni dei radar della rete VTS in Sardegna sono stati installati, all'insaputa della popolazione, negli anni passati (a Cagliari, faro di Capo Sant'Elia, alla Maddalena, faro di Guardia Vecchia); altri hanno incontrato in tempi recenti la forte opposizione della popolazione e sono al momento bloccati (Punta Scomunica, isola dell'asinara, Faro di Capo Testa a S. Teresa di Gallura).

Opporsi all'invasione dei radar sulle coste sarde è possibile.
Oltre a questa rete  radar anche la Guardia di Finanza stà cercando di realizzare una sua rete costiera di sorveglianza (in aggiunta a quelli VTS), radar di tipo militare, di costruzione israeliana, da installare in quattro delle zone naturalistiche più importanti della costa occidentale sarda (Capo Sperone a Sant'Antioco,Capo Pecora a Fluminimaggiore, Punta Foghe a Tresnuraghes e L'Argentiera a Sassari).

Le proteste della popolazione e l'occupazione
dei cantieri, la primavera scorsa, hanno bloccato questo scempio.

CAGLIARI - Appuntamenti NORADAR!!!

Mercoledì 5 ottobre  

Mattina:
h 9.00 sit-in davanti al Tar Sardegna in piazza del Carmine


Sera:
h 17.00
Dibattito nell'aula magna della facoltà di Scienze Politiche con il giornalista Antonio Mazzeo

mercoledì 28 settembre 2011

FINMECCANICA: SELEX E I RADAR DELLE MERAVIGLIE Scritto da Antonio Mazzeo



(AGENPARL) - Roma, 27 set -  La società è al centro di alcune delle vicende giudiziarie più complesse degli ultimi mesi: l’inchiesta sulle presunte tangenti e le sovrafatturazioni negli appalti ENAV per l’ammodernamento dei radar dell’aeroporto di Palermo Punta Raisi; quella sul sistema Sistri per il tracciamento del trasporto dei rifiuti; o quella ancora sulla malagestione di appalti e commesse nella Protezione civile. Non è certo uno dei momenti migliori per Selex Sistemi Integrati, azienda del gruppo Finmeccanica specializzata nella produzione d’impianti radar per la difesa aerea, navale e terrestre. Si respira inquietudine tra manager e dipendenti e preoccupata è pure l’amministratrice delegata Marina Grossi, nota tra i mercanti d’armi come Lady F, dove la F sta per Finmeccanica, holding presieduta dal consorte Pier Francesco Guarguaglini.

Gli affari però sono non si fermano certo a colpi di ordinanze e avvisi di garanzia. Così Selex Sistemi è pronta a festeggiare il completamento della rete più estesa di sorveglianza al mondo, un centinaio di radar per la copertura di 7.500 km di coste, come dire un impianto ogni 75 km, valore della commessa 400 milioni di euro. Si tratta del Vessel Traffic Management System (VTMS), sviluppato per conto del ministero dei Trasporti e della Guardia costiera italiana, una selva di antenne e centri di trasmissione a microonde che entro la fine del 2011 consentirà d’identificare l’esatta posizione di ogni imbarcazione che si avvicinerà alle coste italiane, tracciando e memorizzando le rotte di più di cinquemila unità al giorno.
Il piano, figlio della cronica sindrome da gigantismo di politici e forze armate nostrane, ha preso il via nel 1999 con l’assegnazione ad Alenia Marconi Systems (poi Selex) di un contratto di 90 milioni di euro per la progettazione e la costruzione dei primi radar del sistema. Dopo l’inserimento da parte dell’Unione Europea tra i progetti cofinanziati dai cosiddetti fondi PON Trasporti (il contributo Ue è stato di 71.469.000 euro), il VTMS è stato ufficialmente presentato nel 2004 dall’allora ministro dei Trasporti, Pietro Lunardi. “Si tratta di un sistema fondamentale per garantire la gestione e la sicurezza del normale trasporto marittimo e delle rotte navali, per contrastare l’immigrazione clandestina e supportare la lotta al terrorismo”, disse Lunardi. L’Italia era ancora sotto choc per gli attentati dell’11 settembre e i programmi di “auto-difesa” privilegiavano le missioni di guerra in Medio oriente, le crociate anti-migranti e la proliferazione di radar e impianti d’intercettazione tra i reparti di esercito, marina, aeronautica, forze di polizia, Guardia di finanza e Guardia costiera. Obiettivo della prima tranche del sistema VTMS, la copertura delle regioni meridionali, prima fra tutte la Puglia, dove sono stati installati tra il 2004 e il 2006, cinque radar per “identificare le piccole e veloci imbarcazioni che giungono dall’Albania per trasportare migranti illegali”, come dichiararono i manager di Selex. Peccato che il flusso dei gommoni da Valona e Durazzo era già crollato da tempo e che gli ingressi “illegali” da est si erano spostati ai confini di terra con la Slovenia.
La seconda tranche contrattuale, per un valore di 298 milioni di euro, fu sottoscritta nel 2006: Selex s’impegnò a realizzare ed installare altri novanta radar e a fornire tre sistemi mobili montati su velivoli leggeri multiruolo “Lince” per l’utilizzo in caso di “emergenze” o “eventi speciali” (sbarchi massicci di migranti, conferenze Nato e di capi di Stato, ecc.). Quando sarà completato, il VTMS italiano comprenderà un centro nazionale istallato presso la centrale del Comando generale delle Capitanerie di porto a Roma; quattordici centri d’area operativi nelle sedi delle direzioni marittime; ottantadue siti della Guardia costiera per la raccolta e l’elaborazione delle informazioni e cento siti sensori. I dati saranno integrati con quelli raccolti dall’Automatic Identification System (AIS), il sistema d’identificazione in dotazione alle unità navali. Sono in corso, inoltre, ricerche per integrare il VTMS con i centri militari che elaborano i dati provenienti dai velivoli senza pilota UAV in dotazione alle forze armate italiane e NATO, “particolarmente per la lotta alla pirateria”, come spiegano i manager dell’industria militare.      
Il Vessel Traffic Management System impiega i radar della famiglia “Lyra”, da quelli più piccoli (modello “10”), per il monitoraggio a breve raggio e il trasporto mobile, a quelli più grandi (i “50” e “80”) per la sorveglianza marittima sino a 48 Km di profondità. I modelli “50” e “80”, in particolare, operano nella banda X con una frequenza che si colloca intorno ai 10 Ghz ed una potenza di emissione media pari a circa 5 W. Ciononostante non sono stati forniti studi sul rischio delle emissioni elettromagnetiche per la salute umana e la fauna, eppure buona parte delle installazioni si trova in luoghi densamente abitati.
I centri di sorveglianza marittima più importanti della rete VTMS sono ospitati nelle città portuali di Genova, Venezia, Trieste, Cagliari, Bari, Brindisi, Palermo, Reggio Calabria, Messina e Civitavecchia. Come spiega un comunicato del ministero dei Trasporti “la localizzazione del sistema è prevista però in tutte le regioni costiere italiane, ed in particolare in Campania, Basilicata, Sardegna, Sicilia, Calabria e Puglia”. La regione destinata a ricevere il maggior numero di radar (una decina) è la Sardegna: dopo quelli già installati a Guardia Vecchia (isola de La Maddalena) e Capo Sant’Elia (cagliari), dovrebbero sorgere le stazioni di Punta della Scomunica (nel parco nazionale dell’Asinara), Capo Testa (Santa Teresa di Gallura), isola di Bocca (Olbia), Capo San Marco (penisola di Sinis), Capo Sandalo (isola di San Pietro), Capo Spartivento (Teulada), Capo Ferrato (Muravera) e Capo Bellavista (Arbatax). I siti si trovano tutti all’interno di aree protette e riserve naturali, esattamente come per le postazioni volute dalla Guardia di finanza per installare i radar di produzione israeliana per la sorveglianza e l’intervento anti-migranti (Sant’Antioco, Fluminimaggiore, Tresnuraghes e Argentiera in Sardegna, Capo Murro di Porco, Siracusa in Sicilia, Gagliano del Capo in Puglia). Insostenibili servitù ad altissimo impatto elettromagnetico, fortemente osteggiate da comitati spontanei di cittadini e associazioni ambientaliste in tutto il sud Italia.
Il VTMS è una delle produzioni su cui Selex Sistemi Integrati punta maggiormente per affermarsi nei mercati esteri. Impianti e radar sono stati venduti alla Polonia, alla Russia, alla Cina. In Serbia è stato costituito un consorzio per la realizzazione di un sistema di monitoraggio del traffico navale nel Danubio del valore di 6,4 milioni di euro, mentre in Yemen si sta completando l’installazione di una rete VTMS per il controllo del Golfo di Aden. Si tratta di sei centri con stazioni radar nelle città di Mokha, Kokha, Miun, Khor, al Omirah, Al Shira, Shograh, acquistati in buona parte con fondi della cooperazione italiana. Nel biennio 2009-2010, la Farnesina ha destinato allo Yemen “aiuti” per un centinaio di milioni di euro, sessanta dei quali per “finanziare le prime due fasi del sistema VTMS e la formazione della Guardia costiera yemenita”, come riferisce l’ambasciata italiana nel paese arabo.
Nel marzo dello scorso anno, Selex Sistemi ha inoltre sottoscritto un contratto del valore di 25 milioni di euro per la fornitura di un VTMS al governo della Turchia. Il progetto prevede la creazione di un centro di controllo nazionale ad Ankara, tre centri regionali ad Izmit, Mersin e Izmir e ventiquattro siti sensori, ognuno equipaggiato con il “Lyra 50”. Molto più sostanzioso il contratto sottoscritto nell’ottobre 2009 con il governo libico del colonnello Gheddafi (300 milioni di euro) per un sofisticato sistema di controllo e vigilanza dei confini meridionali (quelli con Niger, Ciad e Sudan), contro gli ingressi “illegali” di migranti provenienti dall’Africa subsahariana. Dopo la sospensione forzata dei lavori per lo scoppio del conflitto in Libia, Selex e Finmeccanica si stanno adesso prodigando con i leader del “nuovo” corso di Tripoli perché siano confermate le commesse belliche già finanziate. Selex, spera di fornire ai libici pure i radar FADR (Fixed Air Defence Radar), modello RAT 31DL, per la difesa aerea e anti-missili, con una portata operativa di circa 500 Km, presentati al salone militare LABDEX 2008 di Tripoli, insieme al VTMS. Non meno controverso il contratto firmato nell’agosto 2010 con il ministero di sicurezza pubblica di Panama, per la fornitura di un sistema di sorveglianza marittima con un centro di controllo, otto stazioni locali e diciotto radar “Lyra 50” da dislocare su altrettanti siti costieri. Il VTMS panamense rientra nel programma di “cooperazione nell’area della sicurezza legata alla lotta al crimine organizzato e al narcotraffico”, firmato nel giugno 2010 dal premier Silvio Berlusconi e dal presidente della Repubblica di Panama, Ricardo Martinelli. Consegne di sistemi d’arma, unità navali, elicotteri e radar di produzione Finmeccanica in cambio di 180 milioni di euro, intermediario dell’affaire Valter Lavitola, procacciatore presunto di escort e veline per i festini del cavaliere.

venerdì 23 settembre 2011

SERVIZIO RADIO 24

Per facilitare l'ascolto del servizio no radar di radio 24 questo montaggio di foto e immagini dell'argomento
http://www.youtube.com/watch?v=L6PFFnPrI2Q lo trovate anche nel canale NO RADARS  di youtube
 http://www.youtube.com/watch?v=oU1jLVDUb8E&feature=related
ciao a tutti...domenica 25 settembre non dimenticate a capo pecora no radar trekking....

lunedì 12 settembre 2011

COMUNICATO STAMPA



Ieri sera (sabato 10 settembre) si è tenuta a Paulilatino la riunione mensile fra i Comitati No Radar sardi; hanno partecipato folte rappresentanze provenienti dai quattro siti nei quali dovrebbero essere installati i radar della Guardia di Finanza: Sant’Antioco, Fluminimaggiore, Tresnuraghes, Argentiera Sassari. Si è registrata con soddisfazione, oltre alla consueta presenza di Cagliari (solo recentemente si è avuta notizia della già avvenuta installazione di un radar proprio a Sant’Elia, facente parte delle ulteriori undici installazioni previste dalla Marina Militare), la partecipazione di  cittadini provenienti da altri comuni interessati da questa seconda tranche di radar, fra cui la qualificata presenza di Santa Teresa di Gallura.
La discussione ha interessato diversi temi fra cui la sensibilizzazione dei cittadini delle altre località individuate dalla Guardia Costiera sul territorio sardo, le iniziative da mettere in campo per richiamare l’attenzione sul tema della salvaguardia del territorio, dell’ambiente, della salute dei cittadini, oltre che dell’uso disinvolto di denaro pubblico (si parla di un costo delle reti radar intorno ai 400 milioni di euro) della progressiva e crescente militarizzazione del territorio, con particolare attenzione ai due prossimi eventi: la visita del giornalista e scrittore siciliano Antonio Mazzeo, autore di "I padrini del ponte" e vincitore del premio Giorgio Bassani-Italia Nostra 2010 (fra i primi a denunciare la costruzione di questi eco-mostri), e la data del  5 ottobre, contemporanea alla visita di Mazzeo, prevista per la pronuncia del Tar sui ricorsi presentati per tre dei siti, data per la quale si è deciso di effettuare un sit-in a Cagliari.
Si è discusso anche della imminente presentazione di un esposto alle Procure della Repubblica interessate dove vengono segnalate evidenti anomalie nell’iter autorizzativo e ipotesi di abuso nella fase di installazione dei cantieri.  
I Comitati hanno espresso cauta soddisfazione per  l’approvazione della mozione 130 contro i radar in Consiglio Regionale, augurandosi che alle buone intenzioni facciano seguito fatti concreti.
Ci si è aggiornati anche sulla raccolta delle firme NOradar, arrivate ormai a circa ventimila, che si presumono in forte aumento visto l’allargamento del fenomeno radar ad altri comuni sardi. Per questa ragione si propone anche di interessare, a livello istituzionale, l’ANCI, perché i sindaci già coinvolti rendano partecipi i loro colleghi di questa problematica. Il Comitato NOradar Sardegna si è inoltre impegnato a coordinarsi e collaborare con i Comitati Noradar esistenti nel resto d’Italia. 
Si è confermato che ogni comitato manterrà una propria autonomia organizzativa, promuovendo qualunque iniziativa utile alla causa comune; infine si è deciso di approfittare della bellissima location e della calorosa accoglienza del Teatro di Paulilatino (centrale in Sardegna rispetto alle sempre più numerose località interessate) per le prossime riunioni mensili del Comitato No Radar Sardegna, espressione dei comitati locali e dei tanti cittadini mobilitati per impedire l’installazione dei radar in Sardegna.
Ha chiuso la riunione il sindaco di Tresnuraghes:  ringraziando i Comitati per il loro importante lavoro nell’impedire l’installazione dei radar, ha ribadito il proprio impegno istituzionale, preannunciando fra l’altro l’invio di una lettera al Presidente Cappellacci.

mercoledì 7 settembre 2011

«Sant'Elia, no al radar»

Unione Sarda 6 settembre 2011



COMUNE. Interrogazione al sindaco dell'esponente della Sinistra

Lobina: danni all'ambiente, Zedda prenda posizione
 Enrico Lobina, consigliere comunale della Federazione della Sinistra, presenta un'interrogazione al sindaco e gli chiede di prendere posizione contro la decisione del ministero della Difesa di installare 15 radar in tutta l'Isola a scopo di intelligence. A Massimo Zedda, Lobina pone quattro quesiti: «Se ritiene opportuno che si rivalutino tutte le autorizzazioni che hanno portato a questa installazione; se abbia intenzione di prendere posizione politica su questa costruzione dannosa per la comunità; se possa valutare l'esistenza di una valutazione ambientale in merito; se possa convocare una nuova conferenza di servizi coinvolgendo maggiormente la cittadinanza attiva».
Secondo Lobina «in Sardegna viviamo un periodo di crisi profonda, che limita la qualità della vita dei sardi» e questo sarebbe «l'ennesimo provvedimento che danneggia le nostre coste e la nostra qualità della vita perché», sostiene Lobina, «questi radar sono o saranno installati in punti costieri di grande pregio e sottoposti a vari vincoli paesaggistici. In generale tutti questi progetti sono stati pensati e discussi con un livello insufficiente di pubblicità.
Si tratta di strutture inquinanti, brutte e costose, così a Sant'Elia uno di questi radar è comparso, nel silenzio generale, in un punto classificato come Sito di interesse comunitario. Da qui i quattro quesiti.


Sardegna Quotidiano 6 settembre 2011

LOBINA CONTRO IL RADAR

A Sant’Elia è spuntato un radar. Uno dei 14 finanziati dal ministero Difesa a scopo di intelligence. «I radar sono o saranno installati in punti costieri di grande pregio e sottoposti a vari vincoli paesaggistici », attacca Enrico Lobina, consigliere comunale delle federazione della Sinistra, «per questo ho pensato di porre al sindaco dei quesiti sul tema. Gli chiederò se ritiene opportuno che si rivalutino tutte le autorizzazioni che hanno portato a questa installazione. Se abbia intenzione di prendere posizione politica su questa costruzione dannosa per la comunità. E se possa valutare l’esistenza di una valutazione ambientale in merito

martedì 6 settembre 2011

MUOS: Tra mezze verità e gravi responsabilità: Iniziano i lavori dell’ecomostro che mortifica la Sicilia.



Si chiama Muos ( Mobile User Objective System) il nuovo e potentissimo ecomostro che fa (o dovrebbe fare) inorridire e agghiacciare, oggi, la Sicilia sud-orientale. Il progetto di telecomunicazione satellitare della Marina Militare degli Stati Uniti che sta per vedere la luce a Niscemi, Caltanissetta. Nel torpore di un caldo vento di scirocco che sembra aver avvolto tutti in una specie di nuvola di incoscienza “il mio paese vive la sua storia, silenziosa ed anonima”, scriveva Mario Gori* più di quaranta anni fa. Ebbene le cose non sembrano cambiate di molto. Lo scenario che si dipana davanti ai nostri occhi è qualcosa di estremamente scandaloso e grave: In quanti lo conoscono veramente? Quanti ancora in Sicilia, ma soprattutto in Italia e nel resto del mondo, non ne ha mai sentito parlare, e ancora peggio quanti lo ignorano ancora? In una situazione in cui un intero Stato avrebbe dovuto sobbalzare per la portata del fenomeno e fremiti di gelo avrebbero dovuto percuotere certe comode poltrone delle capitale, nessuno scandalo è saltato agli onori della cronaca in Italia. Nessuno, neppure per sbaglio.
Tre grandi antenne circolari con un diametro di 18,4 metri e due torri radio alte 149 metri. Questi gli elementi chiave della stazione terrestre MUOS. L’impianto trasmetterà VHF-UHF (Very High Frequency ed Ultra High Frequency) con frequenze che raggiungono valori compresi tra i 244 e i 380 MHz. Altri tre i siti di MUOS al mondo: Norfolk, Hawaii e Geraldton, zone per lo più isolate. Le onde VHF-UHF attraversano la ionosfera senza venire riflesse e per questo vengono usate per le trasmissioni extraspaziali con i satelliti artificiali, ma non solo, vengono utilizzate per le trasmissioni terrestri oltre l’orizzonte utilizzando le irregolarità della troposfera, che permettono una dispersione delle stesse su vaste aree geografiche. Il sistema Muos consentirà di propagare universalmente gli ordini di guerra convenzionale, chimica, batteriologica e nucleare. Non poche le connessioni e le analogie presenti tra il MUOS e il c.d. HAARP (High Frequency Active Auroral Researche Program), un programma supersegreto portato avanti dal 1994 dall’US Air Force e la US Navy nella base di Gakona, Alaska. Questo, un sistema composto da centinaia di antenne che trasmettono in “banda bassa” (da 2,8 a 7 MHz) e “banda alta” ( da 7 fino a 10MHz), cioè lo stesso range di frequenza del MUOS. Un programma, che dietro la facciata di studi sulle telecomunicazioni, sta eludendo qualsiasi controllo internazionale alla volta della scoperta e della costruzione di armi geofisiche capaci di danneggiare satelliti e apparecchiature missilistiche nemiche, questo quanto denunciato da numerosi scienziati. Diverse le dichiarazioni di Corrado Penna, fisico indipendente che da anni denuncia come siano “possibili, oltre alle interferenze sulle comunicazioni radio, televisive e radar, delle probabili modificazioni ambientali (siccità, uragani, inondazioni …) grazie a forti campi elettromagnetici e scie chimiche che intervengono direttamente sulla ionosfera o sul nucleo terrestre”. Insomma, una vera e propria arma di distruzione di massa che riceve segnali direttamente da casa nostra.
Tutto inizia nel 2006, la base prescelta per l’installazione era quella di Sigonella, ma uno studio sull’impatto che avrebbero avuto queste onde compiuto da AGI (Analytical Graphics, Inc.) portò alla scelta del sito attuale, quello di Niscemi. Gli HERO (Hazards of Electromagnetic Radiation to Ordnance) preoccupano, e non poco. Lo studio rivelò come “un alto livello di energia elettromagnetica è in grado di provocare danni sul personale e la detonazione di armi e carburante a bordo degli elicotteri ed anche gravi incidenti ad aerei di linea, come già successo” *. In molti si chiedono come tutto questo andrebbe ad influire con l’aeroporto di Comiso (Ragusa), una volta attivato, a 15Km di distanza in linea d’aria dagli impianti. Nel 2007 il via venne dato da Rossana Interlandi (Mpa), Assessore regionale territorio e ambiente, per la costruzione del MUOS all’interno del (SIC) Sito di Importanza Comunitaria, la Riserva naturale “Sughereta” di Niscemi, per un area di 2.509 m2. Con il consenso del Comune iniziarono i lavori già nel maggio 2008 e ad oggi l’iter di avanzamento resta a tutti i cittadini ignoto. Una cosa è certa: tutta la relazione tecnica presentata dalla Marina Militare riguardo all’impatto che questo progetto avrebbe avuto sulla flora, la fauna del luogo ma soprattutto sulla stessa popolazione risultò “incompleta e di scarsa attendibilità” con documentazioni allegate “discordanti, insufficienti e inadeguate”. Il patrimonio della Riserva è di inestimabile valore, un biotipo di notevole interesse naturalistico e scientifico, con le sue 200-250 specie diverse di flora, il 40 % delle quali esclusive del bacino del Mediterraneo, alcune sottoposte a tutela internazionale. Anfibi, rettili, 16 specie diverse di mammiferi, 5 delle quali “protette”. Per non parlare dei danni che questo provocherebbe alla salute umana: “in caso di puntamento errato, il fascio di una sola delle tre antenne potrebbe causare danni devastanti a persone o animali anche per esposizioni di soli 6 minuti”. Come afferma lo stesso giornalista Antonio Mazzeo : “Anche in assenza di studi specifici sui rischi si può attingere a quanto già accertato per le onde generate dalle telefonia cellulare che operano i 900 Mhz e i 2 Ghz, lo stesso range del sistema MUOS. Come rilevato dalla Commissione Internazionale per la Sicurezza Elettromagnetica (ICEMS) “evidenze sperimentali epidemiologiche, in vivo e in vitro, dimostrano che l’esposizione a specifici campi elettromagnetici a bassa frequenza (ELF) può aumentare il rischio di cancro nei bambini ed indurre altri e gravissimi problemi di salute sia nei bambini che negli adulti. Inoltre è stata accumulata evidenza epidemiologica che indica un aumentato rischio di tumori al cervello per uso prolungato di telefoni mobili..” ma non solo anche le apparecchiature elettroniche come pacemaker cardiaci, defibrillatori etc sono vulnerabili a queste interferenze.
Tenuto conto di questo il Comune ha disposto l’annullamento dell’autorizzazione ambientale rilasciata il 9 settembre 2008, e dopo un periodo di silenzio seguito da una presa di coscienza collettiva sulla portata della questione sono iniziate diverse proteste e manifestazioni da parte popolazione tutta, che si è unita nel Comitato NoMuos. Ma per aggirare nuovamente qualsiasi opposizione la Regione con un Decreto di riperimetrazione della Riserva naturale ne ha ridotto la superficie, stravolgendo ben 32 particelle di terreno, tutte censite come bosco comunale, riclassificando le diverse zone A e B. A questo punto parte il ricorso al TAR del Comune di Niscemi che però non contiene nessun accenno riguardo il ripristino delle particelle secondo la classificazione originaria.
Lo scenario è a dir poco allarmante. La stazione di telecomunicazioni della Marina USA di Niscemi è attiva dal 1991 e da allora è stata implementata con i più sofisticati sistemi di comunicazione. Le onde emesse dalle antenne della base coprono lo spettro compreso tra le UHF e le VHF alle ELF-VLF-LF (Extremely and Very Low Frequency- frequenze estremamente basse e bassissime, dai 300 Hz a 300 kHZ), le ultime in grado di penetrare in profondità le acque degli oceani e contribuire alle comunicazioni con i sottomarini a capacità e propulsione nucleare. Con il sistema di trasmissione “AN/FRT-95” le forze navali USA hanno accresciuto la loro copertura nelle regioni del Nord Atlantico e del Nord Pacifico. Nel settembre 2006 un “addizionale” Sistema di Processamento e Comunicazione Automatico e Integrato con i Sottomarini (ISABPS) ha permesso collegamenti con i sottomarini strategici della regione atlantica. Come se tutto questo non bastasse nell’ottobre 2008 si sono conclusi i lavori per gli impianti di trasmissione a microonde, le onde comprese tra i 300MHz e i 300Ghz di frequenza che vengono utilizzate per le trasmissioni spaziali e satellitari, nella telefonia cellulare e nei “forni a microonde”. Impianto successivamente esteso anche alla base di Sigonella e di Augusta.
Già così, anche senza il MUOS, le emissioni delle antenne superano i “limiti di attenzione” fissati dalle normative per l’esposizione ai campi elettromagnetici, Decreto n.381 del 10 settembre 1998 e il DPCM dell’8 luglio 2003 relativamente all’intensità della componente elettrica delle emissioni, la cui unità di misura è il Volt per metro (V/m). Delle centraline hanno rilevato una “media” di esposizione di circa 6 V/m in contrada Ulmo e in contrada Martelluzzo con dei picchi settimanali di superamento, ovviamente questi dati variano in relazione alle zone, quella ad esempio vicino all’installazione militare ha raggiunto picchi di 9 V/m. Quindi siamo già ben oltre i valori limite ( di 6V/m per il campo elettrico che non deve mai essere raggiunto in prossimità delle abitazioni), ma non è tutto. Questo monitoraggio effettuato dall’ARPA, l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente, tra il 10 dicembre 2008 e il 9 marzo 2009, tiene conto soltanto del 50 % circa delle antenne che erano in funzione, per non contare che le trasmissioni non sono mai continue e quindi la potenza con cui vengono irradiate è fortemente variabile.
Il dott. Massimo Coraddu – INF Cagliari si è espresso in questi termini: “ I rilievi effettuati dall’ARPA hanno permesso di evidenziare come il limite di legge venga raggiunto e superato in prossimità almeno di alcune abitazioni, tuttavia la strumentazione e la procedura utilizzate per la misurazione non sono del tutto adeguate al rilievo del tipo di emissioni dovute alla stazione NRTF, il che può aver portato a una sistematica sottostima del campo rilevato. Tutte le misure sono mediate con un intervallo di 6 minuti e sono affette da un incertezza del 10%.”
Un progetto dissennato che non piace ai cittadini e agli amministratori delle provincie di Caltanissetta, Catania e Ragusa e di altre decine di comuni del sud- est della Sicilia. In molti si sono mobilitati a livello locale con manifestazioni e proteste soprattutto nell’ultimo anno. Una mobilitazione forte che non si registrava dai tempi delle storiche manifestazioni pacifiste dei primi anni ’80 “NO Cruise” contro la militarizzazione e nuclearizzazione della base di Comiso. Un’eredità importantissima fatta di ricchezza ideologica e forza sociale. Si trova il coraggio di schierarsi apertamente contro il Muos, un coraggio che prorompe forse tardi, ma che sembra essersi spento un po’ troppo in fretta. Perché, mi sono chiesta? Perché forse a volte battaglie più grandi di noi, e condotte verso protagonisti indiscussi del globo ci spaventano o forse perché in questa battaglia ci siamo sentiti, o ci hanno fatti sentire.. “soli”? Altro grande nodo della questione Muos. La “circoscrizione” del problema. La convinzione che hanno ingenerato in noi che il Muos sia soltanto un problema dei Niscemesi quando invece così non è. “Forse a volte non dovremmo sentirci più soltanto siciliani,” diceva Sciascia. Il problema è di tipo internazionale, quindi in primo luogo riguarda lo Stato Italiano, uno stato che da decenni si prostituisce di fronte qualsiasi richiesta d’oltreoceano. Una Sicilia che sta tendendo esponenzialmente verso una militarizzazione costante, silenziosa quasi invisibile. L’oscurantismo mediatico e non solo verso ciò che avviene all’interno delle basi è sconcertante, nessuno sa o vuole dire a cosa servano questi ordigni e perché sono così essenziali ed imprescindibili tanto da non essere fermati neppure dai rischi che corrono delle vite umane. Uno stato dovrebbe preservare la vita, la salute dei suoi cittadini e garantire loro un ambiente salubre, uno stato è sovrano principalmente per questo. Scrive Antonio Mazzeo in una sua nota : “La militarizzazione ha avuto una duplice funzione: il rafforzamento del controllo sociale, anti-democratico ed anti-popolare; un flusso-distribuzione di risorse finanziarie a favore del blocco politico –economico -istituzionale che governa l’isola ed esercita contemporaneamente il monopolio nel controllo delle testate della carta stampata e radiotelevisive”. Insomma non si sa neanche bene contro che cosa si lotta, perché non te lo dicono, e soprattutto se anche altri dovrebbero prendere posizione. Sta di fatto che l’America fa le guerre e la Sicilia si paralizza, chiudono aeroporti e i loro giocattoli senza pilota sorvolano le nostre teste. Il presidente della Regione Sicilia Raffaele Lombardo aveva promesso mari e monti per lenire il danno che stavano per subire i cittadini, come ospedali migliori ad esempio.. come dire “la malattia e la cura” assieme. “Oggi il comune chiede al TAR la sospensiva, per bloccare l’efficacia delle disposizioni Regionali che hanno permesso il via ai lavori”questo è quanto ha dichiarato il sindaco Giovanni Di Martino in una piccola intervista. Ma molti interrogativi restano sospesi per aria, senza risposta. Perché non si è urlato in tutta Italia ciò che stava succedendo? Perché alla manifestazione del 4 luglio 2009 a Vicenza aperta a tutti coloro che erano lontani da casa, siciliani emigrati al nord, c’erano solo quattro gatti? Perché nessuno sapeva niente? Perché non si è voluto far sapere niente? I quotidiani nazionali e regionali non hanno mai posto la doverosa attenzione al caso, esistono forse ulteriori ed altrettanto gravi connivenze per gli appalti delle opere della Marina Militare? Perché nessuno ha mai posto la dovuta attenzione alle analogie tra il MUOS e L’HAARP, il che se fosse provato in maniera inequivocabile, sarebbe a dir poco mostruoso? Mille interrogativi ai quali il sindaco non sa darmi risposte, anzi tutto sembra ancora più confuso, una cosa è certa: dobbiamo riprendere le redini del nostro paese, ma dobbiamo farlo tutti assieme, formando una rete tra nord e sud,e spingerci molto oltre, coinvolgere i movimenti pacifisti in primis, ridisegnare il perimetro della nostra dignità di uomini e di cittadini, quella stessa che ci stanno portando via a furia di detonarci il cervello. Il mio appello va a tutti coloro che sono fuori e lontani da casa, va a chi ha creato il Comitato NoMuos, rimettiamo in funzione la macchina e continuiamo a farci sentire, senza errori stavolta e coinvolgendo tutti nella nostra battaglia. Dall’Unità ad oggi conserviamo quell’amaro in bocca che sa di sconfitta, di isolamento, di vittimismo. Il problema è che se ancora va avanti così ci diranno di sgomberare il campo perché in fondo gli uomini non servono più a nessuno, non servono neanche più a fare le guerre, diventano addirittura scomodi. Per non trovarci sul punto di sentirci stranieri nella nostra stessa terra, Riprendiamocela! Oriana Fallaci ci avrebbe suggerito “Wake Up, Italia!”.


* Poeta niscemese (1926-1970).
* Il 7 ottobre 2008 subirono interferenze i computer di bordo, gli Air Datat Inertial Reference Unit (ADIRU) dell’Airbus A330 della compagnia australiana Qantas, mentre sorvolava la stazione navale di radiocomunicazioni situata nei pressi di Learmonth.
*la responsabilità per eventuali contenziosi è da attribuire al proprietario della testata

da informare per resistere

lunedì 5 settembre 2011

RIUNIONE COMITATI NORADAR A PAULILATINO

I comitati no radar già esistenti, quelli che hanno dato vita ai presidi che hanno bloccato i lavori in 4 siti sardi, si riuniranno a Paulilatino il 10 settembre nel locale teatro e invitano tutte le persone interessate dei siti dei nuovi radar e tutti i cittadini sardi che intendano unirsi alla lotta a partecipare.
LA RIUNIONE SI SVOLGERA’ NEL TEATRO DI PAULILATINO ALLE ORE 17.00
E' stata scelta Paulilatino perché centrale, così che da tutta la Sardegna ci sia la possibilità di esser presenti.

giovedì 1 settembre 2011

Mozione 130 (Bruno e più) sull’installazione di stazioni radar di penetrazione per finalità militari nel territorio regionale.


Dopo il ritiro delle mozioni 138 e 140 da parte dei proponenti, la presidente Claudia Lombardo ha dato la
parola al consigliere del Pd Antonio Solinas per l’illustrazione della mozione 130 sull’installazione di stazioni
radar di penetrazione per finalità militari nel territorio della Regione. 

Solinas ha ripercorso le vicende degli ultimi mesi relative alla decisione da parte del ministero della Difesa
di installare quattro radar in Sardegna: “Il ministero della Difesa aveva acquistato da Israele potenti radar per
il controllo delle coste contro lo sbarco di migranti. L’installazione nella nostra isola riguarda zone di particolare
interesse ambientale e turistico mette a rischio la salute dei cittadini”. Solinas ha anche ricordato che le aree
individuate per l’installazione dei macchinari in queste settimane sono oggetto di presidi e occupazioni
“che possono arrivare a creare problemi di ordine pubblico” e che in alcuni casi il Tar ha accolto i ricorsi dei
comitati anti radar bloccandone la procedura di installazione. Secondo Solinas e i proponenti della mozione
la Giunta dovrebbe riesaminare pareri e autorizzazioni rilasciate a favore dell’installazione dei radar, assumere
formalmente una posizione contro il governo che “intende aumentare la presenza militare in Sardegna” e perché
vengano immediatamente convocate le conferenze di servizio per un riesame approfondito degli interventi
coinvolgendo le rappresentanze delle associazioni dei cittadini interessati. 

A intervenire per primo durante la discussione generale il consigliere del Psd’Az Efisio Planetta che ha posto
l’accento sugli appalti per l’installazione dei radar “affidati ad aziende che fanno capo a Finmeccanica”.
Per Planetta si tratta di “milioni di euro che alimenteranno i fatturati dei soliti noti che su questi
appalti campano allegramente”. Planetta ha anche ricordato la forte mobilitazione dei cittadini delle
aree interessate dall’installazione e ha ribadito la necessità di approfondire gli studi sulla nocività di
questi macchinari sulla salute pubblica e sulla inopportunità dell’aumento della presenza militare in Sardegna. (MP)

E’ poi intervenuto l’on. Radhuan Ben Amara (Sel – Comunisti – Indipendentistas) che ha evidenziato come “questa mobilitazione
contro il radar arriva da ovvie motivazioni: dalla tutela della salute a quella dell’ambiente, al rifiuto infine per l’imposizione che
arriva dall’alto”. “Chiediamo il rispetto della nostra comunità. E’ disarmante che un senatore del nostro schieramento si sia
pronunciato a favore del radar. Sconcertante il fatto che sia tra l’altro l’unico esponente a non aver firmato l’interrogazione parlamentare.
Notiamo con tristezza - ha proseguito l’on. Ben Amara - che tutte le aree destinate all’installazione del radar sono aree
di importante interesse ambientale”. L’esponente dell’opposizione ha poi sottolineato come non esistano studi specifici
sugli effetti causati dai radar sulle popolazioni che risiedono nelle vicinanze, evidenziando, però, come “ci siano invece
studi effettuati sui militari addetti al radar che rilevano l’aumento dei rischi di leucemia”.
L’on. Ben Amara infine ha chiesto “di intervenire a tutela della salute degli abitanti e dell’ecosistema.
Serve un ente pubblico per valutare l’impatto dei radar”. 

La presidente Lombardo ha poi dato la parola all’on. Pietro Cocco (Pd), che ha evidenziato come, in un momento in cui si
indaga sui danni alla salute causati dall’uranio impoverito e si rendono inutilizzabili ettari di terreno per i pastori, “si insista
nel voler militarizzare la Sardegna in dispregio dei pareri di chi amministra e vive in quei territori”. Poi ha aggiunto:
“La Sardegna è la regione più militarizzata d’Europa. Non mi voglio soffermare sui vincoli paesaggistici, che all’occorrenza
possono essere superati per l’interesse nazionale, mi interessano gli studi sui danni alla salute e alla fauna di quei territori.
Sappiamo che l’elevata esposizione delle persone alle onde elettromagnetiche provoca danni”. E ha concluso:
“Mi chiedo come si possa ancora accettare tutto questo senza dire neanche una parola, ancora una volta”.
L’on. Cocco ha poi chiesto se “bastino i radar sulle coste della Sardegna per elevare lo stato di sicurezza”.
E ha concluso: “Credo sia doveroso da parte della Giunta regionale chiarire cosa sta succedendo a casa nostra”. (E.L.N.) 

L’on. Gianvalerio Sanna (Pd) ha evidenziato il carattere fortemente politico della mozione, che stride con l’assenza
ormai sistematica del Presidente della regione. La Sardegna, a suo avviso, “si è fatta ingannare per l’ennesima volta
concedendo rapidamente tutte le autorizzazioni per i radar, anche in difformità dai progetti presentati dagli stessi proponenti.
Tutto questo, ha proseguito, rende del tutto prive di credibilità le tesi, che qualcuno ha sostenuto, sulla sovranità
e sull’indipendenza della Sardegna”. Sanna ha poi contestato l’installazione degli impianti, che dovrebbero essere
strutture di contrasto all’emigrazione clandestina eppure sono stati collocati anche nella costa occidentale dell’isola,
da sempre del tutto estranea a questi flussi. In tutto questo, ha aggiunto, “sento odore di cricca e di affari”. 

L’on. Carlo Sechi (Sel-Comunisti-Indipendentistas) ha ricordato le innumerevoli occasioni in cui il consiglio regionale
si è occupato delle pesanti restrizioni alla sua sovranità territoriale, per scopi militari o di sicurezza nazionale.
Quello dei radar, ha proseguito, è “l’ultimo tassello di un sistema istituzionale che mortifica l’autonomia regionale,
senza nemmeno la parvenza di una qualche ricaduta economica. Si tratta, oltretutto, di strutture che provocheranno
esclusivamente danni pesantissimi alla salute dell’ambiente, del territorio, delle persone, della flora e della fauna.
Si sono seguite peraltro procedure incomprensibili; dovrebbero essere installazioni di contrasto all’immigrazione
clandestina mentre invece sono attrezzature militari a tutti gli effetti.
C’è un solo motivo che può giustificare questo intervento così pesante: gli affari”. (A.F.) 

Nel prendere la parola il consigliere del Pdl Giorgio Locci ha condiviso alcuni punti della mozione.
“Se riportiamo il ragionamento sull’installazione dei radar in zone sensibili dal punto di vista ambientale
e naturalistico lasciando da parte le polemiche politiche e di parte, il problema esiste”. Locci non si spiega
la scelta di installare uno dei radar a Capo Sperone, l’estrema punta sud dell’isola di Sant’Antioco,
quando nella stessa zona, nell’altra punta sud dell’Isola, c’è capo Teulada che ricade nella zona di una
delle più grosse servitù militari dell’isola. “Come mai – si è chiesto Locci - non è stata presa in considerazione
la possibilità di installare il radar in una zona che già è interessata dalle servitù militari?”.
Per Locci sarebbe dunque opportuno riprendere in considerazione le concessioni e le autorizzazioni perché
questi radar vengano installati in zone già interessate dalle servitù. Locci ha anche auspicato la stesura e
l’approvazione di un ordine del giorno congiunto sull’argomento. 

Giampaolo Diana, vice capogruppo del Pd, ha espresso tutti i suoi dubbi circa la reale necessità e il bisogno
effettivo dei radar sul territorio sardo e ha chiesto in merito chiarimenti alla Giunta e all’assessore agli Enti locali Nicola Rassu. 

Claudia Zuncheddu, Sel-Comunisti-Indipendentistas, ha ribadito che si tratta “di un’operazione finanziaria
allettante e cinica perché agevolata dalla drammaticità delle ribellioni nei paesi del Maghreb”.
Per Zuncheddu non ha senso l’installazione di radar al nord della Sardegna quando il Maghreb è a sud.
La consigliera dell’opposizione ha insistito sulla necessità di “revocare le delibere di giunta con cui sono
stati concessi in comodato d’uso alla Guardia di Finanza i territori dove è prevista l’installazione dei radar”. (MP)

L’on. Adriano Salis (Idv) ha rilevato sia l’opportunità della mozione che la colpevole trascuratezza che ha accompagnato,
fin dall’inizio, la vicenda dell’installazione dei radar, nonostante i pareri favorevoli sia dell’Arpas che delle
conferenze di servizi svoltesi nei vari territori. Gli appalti, ha aggiunto, “vengono assegnati sempre con la procedura
della trattativa privata a società delle quali non si conoscono in modo trasparente le compagini azionarie.
La collocazione delle strutture, inoltre, configura a tutti gli effetti, nuove servitù militari, oltretutto in un quadro generale
di scarso coordinamento fra gli stessi enti militari che operano nel settore della sicurezza nazionale”. Sotto questo profilo,
ha concluso, “non è sostenibile la giustificazione del contrasto all’immigrazione clandestina.
Per tutte queste ragioni è importante sapere come intende muoversi l’esecutivo regionale.” 

L’on. Luciano Uras (Sel-Comunisti-Indipendentistas) ha affermato che la questione dei radar
“investe direttamente il ruolo dell’assemblea regionale”. Ha citato in proposito, rivolgendosi
all’Assessore degli Enti Locali, la norma regionale che consente la stabilizzazione dei lavoratori
dei centri servizi per l’impiego, adottata anche in base alla c.d. legge La Loggia che prevede la
permanenza in vigore delle norme finche non interviene la Coste Costituzionale a deciderne l’illegittimità.
Ebbene, nonostante questa copertura normativa la provincia di Sassari si è dovuta fermare di
fronte al contrasto del dirigente della ragioneria di quell’ente”. Che legame esiste fra questa vicenda e quella dei radar?
Secondo l’on. Uras “nella totale assenza di un ruolo della regione e del consiglio regionale.
Quanto ai radar, nessuno può credere al contrasto dell’immigrazione: in Sardegna non ci viene nessuno,
anzi molti se ne vanno, figuriamoci se ci vengono gli immigrati. Anzi, in quei paesi stanno nascendo nuovi governi autonomi”.
Ha auspicato infine che, almeno, “la risoluzione del consiglio regionale sia presentata al governo.” (A.F.) 

Per la Giunta ha replicato l’assessore agli Enti locali Nicola Rassu: “Se avessimo la competenza e il potere
di intervenire sulle strategie internazionali probabilmente avremmo avuto voce in capitolo sui radar,
ma così non è”. Rassu ha spiegato di non conoscere le motivazioni strategiche che hanno indotto il
Governo all’accordo con Israele, ma ha ribadito che il problema non può essere affrontato in questi termini.
“La richiesta della Guardia di Finanza per il radar di Capo Sperone aveva già passato il vaglio di tutti gli
enti preposti e aveva incassato l’ok della conferenza di servizio”. La questione per l’assessore è più generale:
“La Regione non ha potestà in queste materie ed è necessario investire il Consiglio sul problema generale
delle servitù militari e non dei singoli interventi”. Per Rassu si potrebbe tentare la via della trattativa dello Stato
per avere potere concorrente in queste materie. L’assessore ha anche affermato di attendere la sentenza con
cui il Tar ha sospeso l’installazione di tre radar nel territorio isolano, “perché dalla sentenza potremmo trarre
spunto per prendere dei provvedimenti che in qualche modo possano limitare le servitù”. 

Nella contro replica il consigliere Antonio Solinas, Pd, ho concordato sulla sottovalutazione del problema
da parte delle amministrazioni locali, spiegando però che durante le conferenze di servizio si era parlato
di semplici antenne che poi si sono rivelate tutt’altra cosa. Solinas ha chiesto che sia la Giunta, e l’assessore
agli Enti locali in particolare, ad aprire un confronto serrato con lo Stato in materia di servitù militari. (MP) 

Alla ripresa dei lavori, è stato presentato un ordine del giorno unitario che prevede, fra l’altro, l’impegno
della giunta regionale a riesaminare i pareri e le autorizzazioni rilasciate chiedendo che vengano riconvocate,
nei territori interessati, le conferenze di servizi. 

L’on. Giulio Steri, capogruppo di Udc-Fli ha ribadito la posizione negativa del suo gruppo sulle servitù militari,
ed ha valutato con favore il riesame, da parte della giunta regionale, di tutto l’iter amministrativo che ha portato
al rilascio delle autorizzazioni. Sulle sentenze di sospensiva già emesse dal Tar, in attesa delle motivazioni,
l’on. Steri ha osservato che molto probabilmente “il tribunale ha tenuto conto del fatto che la presenza delle
installazioni avrebbe impedito l’accesso a strade vicinali e poderi di proprietà privata.
Questo argomento, fra l’altro, avrebbe dovuto essere trattato e definito in sede di conferenza di servizi.” 

L’on. Luciano Uras, capogruppo di Sel-Comunisti-Indipendentistas, ha definito il contenuto di dell’ordine del giorno
“annacquato, come tutto quello che il consiglio regionale fa da molto tempo a questa parte”.
Nell’annunciare comunque il suo voto favorevole ha aggiunto, rivolto all’Assessore degli Enti Locali
on. Nicola Rassu, che i punti 2 e 3 del documento “vanno intesi nel senso che occorre sospendere le
autorizzazioni fin qui rilasciate e che la procedura deve ripartire daccapo; non basta una rilettura tecnica da parte dei funzionari.”
Non essendoci altri iscritti a parlare, la Presidente Lombardo ha messo in votazione l’ordine del giorno, con il seguente esito:
favorevoli 51, contrari 2, astenuti 3.
Il consiglio approva.

Fincantieri e il business di guerra africano



dal blog di Antonio Mazzeo

Orizzonte Sistemi Navali, società controllata da Fincantieri e partecipata da Selex Sistemi Integrati (gruppo Finmeccanica), si è aggiudicata un contratto dal ministero della difesa dell’Algeria per la costruzione di un’unità da sbarco e supporto logistico destinata alle forze armate nazionali. Il valore della commessa è di circa 400 milioni di euro. Secondo la testata on line Dedalonews, l’imbarcazione sarà una “derivazione progettuale molto potenziata”, sul piano delle capacità operative, delle navi da sbarco portaelicotteri (LPD) della classe “San Giorgio”, utilizzate dalla Marina militare italiana a partire dagli anni ‘90 per intervenire nei maggiori teatri di guerra internazionali (Somalia, Balcani e Kosovo, missioni “Antica Babilonia” in Iraq e “Leonte” in Libano, più recentemente in Libia), per contrastare le imbarcazioni dei migranti nel Mediterraneo o deportare gli immigrati dall’isola di Lampedusa ai centri di reclusione sparsi in mezza Italia.
A differenza delle “cugine” San Giorgio, San Marco e San Giusto, l’unità destinata all’Algeria avrà una lunghezza più ridotta (40 metri), una larghezza di 21 e un dislocamento di circa 8.000 tonnellate. Sarà in grado di imbarcare sino a 350 uomini, 35 veicoli corazzati, motoscafi veloci ed elicotteri da attacco AB212, NH90, SH-3D ed EH-101.
La nave sarà costruita in buona parte negli stabilimenti Fincantieri del Muggiano di La Spezia e in quelli di Riva Trigoso, mentre sarà responsabile dell’integrazione dei sistemi di bordo la società Seastema (Genova) operante nella progettazione e realizzazione di sistemi di automazione destinati ad imbarcazioni civili e militari, di proprietà Fincantieri e della holding svizzera ABB. Nella realizzazione dell’unità saranno coinvolte pure alcune aziende di Finmeccanica specializzate in sistemi di comunicazione, comando e controllo e di combattimento.
“Giungono così a buon fine gli sforzi promozionali di Fincantieri che, in collaborazione con la Marina Militare, nel lontano novembre del 2007 organizzò in Algeria una trasferta della nave “San Giusto, con a bordo uomini, mezzi anfibi e veicoli del reggimento San Marco ed elicotteri SH-3D del 3° Gruppo Maristaeli di Catania”, aggiunge Dedalonews. In quell’occasione, a promuovere il gioiello navale made in Italy, si recarono in visita ad Algeri l’allora sottosegretario alla difesa, senatore Lorenzo Giovanni Forcieri (Ds-Ulivo poi Pd, odierno presidente dell’Autorità portuale di La Spezia) e il comandante delle forze navali Italiane (COMITMARFOR), ammiraglio Rinaldo Veri, odierno responsabile del comando navale della Nato per il Mediterraneo (Napoli). A capo della “San Giusto” c’era al tempo il capitano di vascello Carlo Cellerino, attuale capo ufficio stampa della Marina militare.
Il trasferimento alle forze armate algerine della nuova unità da guerra è stato salutato con favore da tutte le forze politiche e dalle organizzazioni sindacali italiane, preoccupate per la grave crisi finanziaria e occupazionale che sta colpendo la cantieristica navale. A stigmatizzare l’accordo è intervenuto però opportunamente l’analista Manlio Dinucci con una nota su Il Manifesto. “L’Algeria – scrive Dinucci - ha un tasso di disoccupazione del 30% e ha appena ricevuto un aiuto di 170 milioni di euro dalla Ue, ma spenderà quasi mezzo miliardo per acquistare una nave per la proiezione di potenza dal mare, utilizzabile per operazioni multinazionali in Nordafrica o altrove, e allo stesso tempo per schiacciare eventuali ribellioni interne”.
Il paese nordafricano è al centro da lungo tempo di un violentissimo conflitto politico-militare e continuano le denunce sui crimini, gli abusi e le violazioni dei diritti umani commessi da appartenenti alle forze armate o ai corpi di polizia speciale. Il rapporto 2010 di Amnesty International segnala in particolare come il Dipartimento per l’informazione e la sicurezza (Drs), i servizi segreti militari algerini, sia solito arrestare sospettati per terrorismo e a “detenerli in incommunicado per settimane o mesi”, esponendoli al “rischio di tortura o altri maltrattamenti”. Le autorità statali, inoltre, “non hanno intrapreso alcuna iniziativa per indagare le migliaia di casi di sparizioni forzate che ebbero luogo durante il conflitto interno degli anni ‘90”. Lo scorso anno, un centinaio di persone sono state condannate a morte, anche se le autorità hanno mantenuto la moratoria de facto sulle esecuzioni in vigore dal 1993. “La maggioranza delle sentenze – aggiunge Amnesty - sono state imposte nel contesto di processi collegati al terrorismo, per lo più in assenza degli accusati, ma alcune sono state comminate nei confronti di imputati giudicati colpevoli di omicidio premeditato”. Un progetto di legge per l’abolizione della pena di morte, presentato nel giugno 2010 da un parlamentare dell’opposizione, è stato respinto dal governo.
Durissima la repressione delle proteste popolari dilagate nel paese a partire dal gennaio di quest’anno. Tre persone sono state assassinate dalle unità anti-sommossa che hanno utilizzato armi da fuoco, più di 800 i feriti e migliaia i dimostranti arrestati e sottoposti a lunghe detenzioni. Scenari che rendono particolarmente indigesta la vendita di sistemi d’arma ad un paese che si caratterizza per l’instabilità e che appare particolarmente compromesso in tema di diritti umani ma che tuttavia non sembrano scuotere le coscienze dei politici di governo e d’opposizione e dei sindacalisti italiani.
Altrettanto inopportuna  una recente commessa Fincantieri con un altro stato africano di dubbia fede democratica e pro diritti umani. L’8 luglio 2011, lo stabilimento di Muggiano ha completato i lavori di rifacimento e potenziamento di due unità veloci lanciamissili in dotazione alla marina militare del Kenya (la “Nyayo” e l’“Umoja”), destinate a svolgere “compiti di pattugliamento costiero e contrasto al contrabbando e alla pirateria”. Gli interventi di Fincantieri hanno riguardato in particolare la ricostruzione dello scafo, il rifacimento delle eliche, degli impianti elettrici e dell’automazione, la completa sostituzione di tutti gli apparati di comando e controllo, l’installazione di nuovi sistemi di telecomunicazione e di puntamento. I lavori, come sottolinea una nota dell’azienda cantieristica, “segna l’attenzione di Fincantieri nei confronti del mercato africano, caratterizzato da un sensibile aumento della domanda di nuove unità per le Marine e le Guardie Costiere, in risposta alla necessità di assicurare un maggior presidio delle acque territoriali e per contrastare efficacemente attività terroristiche a danno dei traffici marittimi, nonché fenomeni di pirateria e di pesca di frodo”.
Il mercato continentale fa dunque gola ai manager italiani: l’asso nella manica  per moltiplicare utili e affari potrebbe essere la nuova fregata multimissione franco-italiana “FREMM”, in avanzata fase di realizzazione. Con una lunghezza di 140 metri circa, l’unità raggiunge le 5.900 tonnellate e può imbarcare sino a 145 uomini d’equipaggio più 20 uomini delle forze speciali d’assalto e numerosi elicotteri da guerra NH90 ed EH-101. Enti contraenti per il programma “FREMM” sono le imprese francesi  Thales e DCNS e l’italiana Orizzonte Sistemi Navali. A fare da “cliente di lancio” in terra d’Africa delle nuove fregate multiruolo sarà il Marocco che ha già ordinato alcune unità. Sulle “FREMM” saranno installati siluri MU90, missili Exocet MM40 ed Aster 15 ed i cannoni 76/62 SR stealth prodotti dalla OTO Melara, altra società del gruppo Finmeccanica. Questi ultimi sono pezzi d’artiglieria capaci di una cadenza di tiro molto elevata (sino a 120 proiettili al minuto con una gittata tra i 9 e i 30 chilometri) che, secondo la casa produttrice “li rende particolarmente adatti per la difesa anti-missile o per altri ruoli come la contraerea, il bombardamento navale e costiero”. I cannoni 76/62 possono utilizzare un ampio ventaglio di munizioni, comprese quelle “a frammentazione, incendiarie, anticarro, da esercitazione, a scoppio ritardato, a scoppio ravvicinato e a guida avanzata”. Tuoneranno italiano dunque le battaglie navali africane del XXI secolo.

Approvato dal Consiglio Regionale un odg sulle servitù militari.


Con 51 voti favorevoli, 2 contrari e 3 astensioni, il Consiglio regionale ha approvato un ordine del giorno che impegna la Giunta ad assumere le iniziative presso il Governo al fine di:
- rivisitare complessivamente la presenza delle servitù militari in Sardegna;
- contemperare le esigenze nazionali di sicurezza con quelle della tutela delle popolazioni e dei territori;
- riesaminare i pareri e le concessioni rilasciate a favore della installazione dei radar militari costieri, dei tralicci e delle apparecchiature;
- sollecitare la riconvocazione delle conferenze di servizio coinvolgendo i cittadini direttamente interessati.