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venerdì 6 gennaio 2012

da disinformazione.it

"Chi vive entro due chilometri rischia tumori del sangue" 
Parla Livio Giuliani, il responsabile dell'Unità Radiazioni dell'Ispesl Livio Giuliani è il responsabile dell'Unità radiazioni dell'Ispesl, l'Istituto superiore per la prevenzione e per la sicurezza del lavoro, incaricato di rilasciare il nulla osta per l'installazione di nuovi impianti.
Dottor Giuliani, le antenne sono pericolose? 
«Bisogna distinguere tra basse frequenze, che sono quelle degli elettrodotti, e le alte frequenze, per la radiotelevisione e i cellulari. Nel primo caso, la ricerca è arrivata a risultati conclusivi: quando le emissioni sono superiori a 0,4 microtesla, raddoppia il rischio di leucemia infantile. Teniamo presente che il limite della nostra legge ormai superata è di 100 microtesla».
Cosa succede con le antenne per le televisioni e i telefonini?
«Studi compiuti in Australia e in Inghilterra hanno provato che per le persone che vivono entro 2 chilometri dalle torri di emissione elettromagnetica aumenta il rischio di tumori del sangue e del sistema linfatico».
La situazione delle torri australiane o inglesi è assimilabile a quella dei siti romani?
«Le torri hanno una potenza da 10.000 kilowatt. Le antenne Rai e Mediaset a Monte Mario sono di quell'ordine di grandezza, anche gli impianti a Monte Cavo e a Santa Palomba».
Oltre a studi epidemiologici, cioè basati sull'evidenza delle malattie, ci sono anche studi sperimentali, cioè di laboratorio? 
«In Australia hanno lavorato con topi geneticamente modificati per ammalarsi spontaneamente di linfoma. La manipolazione è stata fatta per accelerare i tempi dell'esperimento. Metà di questi topi sono stati sottoposti per 18 mesi ad una radiazione identica a quella emessa da un antenna per gsm, mezz'ora la mattina e mezz'ora il pomeriggio. Ebbene, alla fine dei 18 mesi si è visto che nei topi esposti la probabilità di ammalarsi di tumori era aumentata del 240 per cento. Ora io mi appresto a coordinare un esperimento analogo finanziato dal ministro della Sanità su  4500 topi stavolta non manipolati. Per questo motivo lo studio richiederà un tempo maggiore, cinque anni».

Tratto da La Repubblica 11-9-2000



Nuovo caso di allarme nell'esercito: 69 soldati addetti ai radar militari si sono ammalati di cancro tra il 1976 e il 1996. Ma potrebbe essere solo la punta di un iceberg: furono esposti 900 uomini.
BERLINO -  Sessantanove malati di cancro, di cui 24 già morti, e forse si tratta solo della punta di un iceberg. Un autentico bollettino di guerra giunge dalla Germania, questa volta però sotto accusa non sono i proiettili all’uranio impoverito, ma normalissimi radar militari. Finora, almeno ufficialmente, ritenuti innocui. A lanciare l’allarme è stata il secondo canale televisivo pubblico “Zdf”: l’emittente cita uno studio - in un primo tempo negato, poi confermato dallo stesso ministro della Difesa Rudolf Scharping - che dimostra scientificamente come nel corso di 25-30 anni i militari addetti ai radar siano stati esposti, senza alcuna protezione, a raggi X, un “sottoprodotto” dei raggi emessi dal radar. I risultati sono gravi danni alla salute dei soldati, i sessantanove casi rintracciati sono soltanto un campione, complessivamente il numero di militari esposti in questi anni alle radiazioni si aggira intorno alle 900 unità. L’età media delle morti di cancro - si parla di leucemia, tumori cerebrali, cancro ai nodi linfatici, carcinomi polmonari - è di soli 40 anni. 

Secondo lo studio citato dalla “Zdf”, già alla fine degli anni Cinquanta la Bundeswehr era al corrente dei rischi per i soldati, ma non aveva mai preso alcuna  misura di protezione. Ancora negli anni Novanta i valori massimi sono stati superati ad esempio nel sistema di difesa Patriot.

“Con sicurezza - si legge nello studio - si può affermare che le soglie di tolleranza massima sono state ampiamente superate. I soldati non sono stati né informati né protetti”. Secondo la “Zdf” lo studio era già da due anni in possesso delle autorità militari, che però l’avevano tenuto sotto chiave.

Una pesantissima accusa, cominciano a fioccare le denunce degli ex milari danneggiati. Il primo è l’ex sottoufficiale addetto ai radar Peter Rasch, oggi cinquantanovenne, che negli anni Sessanta si ammalò 39 volte in soli quattro anni, i medici non riuscirono mai a trovare le cause. Più tardi al sottoufficiale fu scoperto un tumore al polmone, fortunatamente guarito da una tempestiva chemioterapia. Rasch ha in mano documenti che dimostrano che già nel 1958 il suo posto di lavoro era stato ispezionato dalle autorità locali, raccomandando ai vertici militari di porre protezioni di piombo intorno alle apparecchiature. Ancora nel 1992 una misurazione aveva rivelato valori 15 volte superiori ai livelli di guardia.
Il ministro Scharping ha ammesso l’esistenza dello studio: “Il numero dei casi registrati è davvero drammatico” - ha detto. Scharping ha chiesto che i tempi dei tempi brevi per i risarcimenti, ma ha difeso il suo dicastero: “Già nel 1962 - ha detto - furono diramate istruzioni di protezione, riprese dalla Nato nel 1978 e solo nel 1984 dalle autorità civili”.
Adesso però si pone un dubbio drammatico: gli impianti radar tedeschi sono spesso analoghi a quelli usati in altri paesi della Nato, Italia inclusa. E se anche altrove non fu usata alcuna protezione, il caso tedesco dei radar potrebbe diventare - come già mucca pazza e i proiettili all’uranio - un caso europeo.
Tratto da www.ilnuovo.it (15 GENNAIO 2001, ORE 12:02)

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