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mercoledì 6 luglio 2011

L'ammiraglio Locklear: «I nuovi radar in Sardegna indispensabili per la Nato»

LA MADDALENA. Volete sapere perché c'è fretta di piazzare tanti radar sulle coste sarde? La risposta, indirettamente, la dà il comandante della Nato per il Sud Europa e per l'Africa: «Dobbiamo garantire la sicurezza nel Mediterraneo: attraverso i nostri apparati di controllo oggi possiamo vigilare sul 60% degli specchi d'acqua, in futuro dovremmo portare questo livello al 70-80%». Al vertice del Patto atlantico l'ammiraglio Usa, Samuel J. Locklear III, spiega che gli Stati membri dell'Alleanza atlantica sono impegnati a mantenere «un clima legale e sicuro» nei traffici marittimi. Riferimento non soltanto ai flussi migratori, ma a un quadro che s'inserisce piuttosto in una chiave di lettura internazionale che comprende la possibile presenza vicino alle coste europee di forze ostili alla Nato. «Dobbiamo contare su una rete analoga a quella usata contro i narcotrafficanti», precisa ancora l'alto ufficiale, chiamato alla Maddalena per parlare della guerra in Libia e delle altre situazioni di crisi nel Mediterraneo, come i Balcani. «E per farlo non è indispensabile avere nostre unità costantemente in mare per svolgere compiti di pattugliamento - aggiunge - E' sufficiente che la Marina, grazie alla sorveglianza dei radar, possa intervenire rapidamente, dove necessario, e anche per evitare catastrofi umanitarie». Occasione e circostanze non consentono invece all'ammiraglio di dir nulla sul ruolo strategico della Sardegna. Né di riferire qualcosa sulle voci (sempre smentite) di una possibile riapertura della ex base Us Navy a Santo Stefano. Mentre accetta di buon grado il colloquio con i parlamentari del Gruppo speciale per il Medio Oriente e per il Mediterraneo, Lockear manda a dire che non intende in questa sede rispondere alle domande di giornalisti. Nella seconda e ultima giornata di lavori del seminario dell'Allenza atlantica, tra i quesiti sollevati da Giorgio La Malfa e dall'ex ministro della Difesa italiano Arturo Parisi, la relazione del comandante in capo scivola dal Kosovo, alla Serbia, al Montenegro e alla Bosnia fino a toccare le sponde settentrionali dell'Africa. Con un aggiornamento sulle procedure dell'embargo e dell'interdizione aerea sulla Libia. Messe a fuoco sul flusso dei fuoriusciti dal Paese sotto l'attacco Nato: finora i profughi superano il milione e 100mila. Memorandum sulle condizioni per la fine dei raid dal clelo, che sino a ieri hanno superato la quota di 13mila (colpiti 26mila bersagli a terra e in volo). Rispondendo a una serie di obiezioni avanzate da parlamentari russi, francesi, inglesi, canadesi e belgi, prima di allontanarsi dal Main Conferecence l'ammiraglio conferma come il Comando Nato, da Napoli, stia uniformandosi in modo preciso alle direttive delle Nazioni unite. «E in questo senso la nostra azione potrà cessare solo a fronte di tre condizioni», dice. Per elencarle subito dopo: cessate il fuoco, ritiro nelle caserme dell'esercito che sostiene Gheddafi, garanzie sulla possibilità di far arrivare aiuti e soccorsi alle popolazioni che si sono sollevate contro il colonnello. C'è il tempo, prima della fine dei lavori, per un'ultima battuta su quella rete di controlli radar che in Sardegna sta suscitando tante polemiche. «Ne abbiamo parlato anche con Parisi di recente - commenta il senatore Antonello Cabras, prossimo presidente dello Special Group dei parlamentari membri del Patto atlantico - capisco le ragioni degli amministratori e delle popolazioni locali. Ma dobbiamo trovarci nella condizione di poter vedere chi giunge sino a casa nostra. E dal tipo di apparecchi che la Finanza intende adottare francamente non mi pare che esistano problemi per la salute: si parla di un dispositivo di produzione israeliana che è installato a bordo di medi e grandi yacht e usato comunemente». A parte queste brevi considerazioni, il vertice Nato si chiude a tempo di record, così com'era cominciato. E così dalla tarda serata di ieri è iniziata la smobilitazione generale delle centinaia di uomini della polizia, dei carabinieri, della guardia costiera e delle fiamme gialle messi in campo per garantire la sicurezza dei partecipanti al convegno. Tra prove di dialogo a distanza, qualche clamorosa rottura come quella degli israeliani con il vicepremier dell'Iran e molti passi avanti nel disgelo tra Paesi spesso contrapposti, un test positivo per il Gruppo speciale e per La Maddalena. dall'inviato Pier Giorgio Pinna LA MADDALENA - Volete sapere perché c'è fretta di piazzare tanti radar sulle coste sarde? La risposta, indirettamente, la dà il comandante della Nato per il Sud Europa e per l'Africa: "Dobbiamo garantire la sicurezza nel Mediterraneo: attraverso i nostri apparati di controllo oggi possiamo vigilare sul 60% degli specchi d'acqua, in futuro dovremmo portare questo livello al 70-80%. Al vertice del Patto atlantico l'ammiraglio Usa Samuel J. Locklear III spiega che gli Stati membri dell'Alleanza atlantica sono impegnati a mantenere "un clima legale e sicuro" nei traffici marittimi. Riferimento non soltanto ai flussi migratori, ma a un quadro che s'inserisce piuttosto in una chiave di lettura internazionale che comprende la possibile presenza vicino alle coste europee di forze ostili alla Nato. "Dobbiamo contare su una rete analoga a quella usata contro i narcotrafficanti", precisa ancora l'alto ufficiale, chiamato alla Maddalena per parlare della guerra in Libia e delle altre situazioni di crisi nel Mediterraneo, come i Balcani. "E per farlo non è indispensabile avere nostre unità costantemente in mare per svolgere compiti di pattugliamento - aggiunge - E' sufficiente che la Marina, grazie alla sorveglianza dei radar, possa intervenire rapidamente, dove necessario, e anche per evitare catastrofi umanitarie". Occasione e circostanze non consentono invece all'ammiraglio di dir nulla sul ruolo strategico della Sardegna. Né di riferire qualcosa sulle voci (sempre smentite) di una possibile riapertura della ex base Us Navy a Santo Stefano. Mentre accetta di buon grado il colloquio con i parlamentari del Gruppo speciale per il Medio Oriente e per il Mediterraneo, Lockear manda a dire che non intende in questa sede rispondere alle domande di giornalisti. Nella seconda e ultima giornata di lavori del seminario dell'Allenza atlantica, tra i quesiti sollevati da Giorgio La Malfa e dall'ex ministro della Difesa italiano Arturo Parisi, la relazione del comandante in capo scivola dal Kosovo, dalla Serbia, al Montenegro e alla Bosnia fino a toccare le sponde settentrionali dell'Africa. Con un aggiornamento sulle procedure dell'embargo e dell'interdizione aerea sulla Libia. Messe a fuoco sul flusso dei fuoriusciti dal Paese sotto l'attacco Nato: finora i profughi superano il milione e 100mila. Memorandum sulle condizioni per la fine dei raid dal clelo, che sino a ieri hanno superato la quota di 13mila (colpiti 26mila bersagli a terra e in volo). Rispondendo a una serie di obiezioni avanzate da parlamentari russi, francesi, inglesi, canadesi e belgi, prima di allontanarsi dal Main Conferecence l'ammiraglio conferma come il Comando Nato, da Napoli, stia uniformandosi in modo preciso alle direttive delle Nazioni unite. "E in questo senso la nostra azione potrà cessare solo a fronte di tre condizioni", dice. Per elencarle subito dopo: cessate il fuoco, ritiro nelle caserme dell'esercito che sostiene Gheddafi, garanzie sulla possibilità di far arrivare aiuti e soccorsi alle popolazioni che si sono sollevate contro il colonnello. C'è il tempo, prima della fine dei lavori, per un'ultima battuta su quella rete di controlli radar che in Sardegna sta suscitando tante polemiche. "Ne abbiamo parlato anche con Parisi di recente - commenta il senatore Antonello Cabras, prossimo presidente dello Special Group dei parlamentari membri del Patto atlantico - Capisco le ragioni degli amministratori e delle popolazioni locali. Ma dobbiamo trovarci nella condizione di poter vedere chi giunge sino a casa nostra. E dal tipo di apparecchi che Finanza intende adottare francamente non mi pare che esistano problemi per la salute: si parla di un dispositivo di produzione israeliana che è installato a bordo di medi e grandi yacht e usato comunemente". A parte queste brevi considerazioni, il vertice Nato si chiude a tempo di record,così com'era cominciato. E dalla tarda serata di ieri inizia la smobilitazione generale delle centinaia di uomini della polizia, dei carabinieri, della guardia costiera e delle fiamme gialle messi in campo per garantire la sicurezza dei partecipanti al convegno. Tra prove di dialogo a distanza, qualche clamorosa rottura come quella degli israeliani con il vicepremier dell'Iran e molti passi avanti nel disgelo tra Paesi spesso contrapposti, un test positivo per il Gruppo speciale e per La Maddalena. dall'inviato Pier Giorgio Pinna LA MADDALENA - Volete sapere perché c'è fretta di piazzare tanti radar sulle coste sarde? La risposta, indirettamente, la dà il comandante della Nato per il Sud Europa e per l'Africa: "Dobbiamo garantire la sicurezza nel Mediterraneo: attraverso i nostri apparati di controllo oggi possiamo vigilare sul 60% degli specchi d'acqua, in futuro dovremmo portare questo livello al 70-80%. Al vertice del Patto atlantico l'ammiraglio Usa Samuel J. Locklear III spiega che gli Stati membri dell'Alleanza atlantica sono impegnati a mantenere "un clima legale e sicuro" nei traffici marittimi. Riferimento non soltanto ai flussi migratori, ma a un quadro che s'inserisce piuttosto in una chiave di lettura internazionale che comprende la possibile presenza vicino alle coste europee di forze ostili alla Nato. "Dobbiamo contare su una rete analoga a quella usata contro i narcotrafficanti", precisa ancora l'alto ufficiale, chiamato alla Maddalena per parlare della guerra in Libia e delle altre situazioni di crisi nel Mediterraneo, come i Balcani. "E per farlo non è indispensabile avere nostre unità costantemente in mare per svolgere compiti di pattugliamento - aggiunge - E' sufficiente che la Marina, grazie alla sorveglianza dei radar, possa intervenire rapidamente, dove necessario, e anche per evitare catastrofi umanitarie". Occasione e circostanze non consentono invece all'ammiraglio di dir nulla sul ruolo strategico della Sardegna. Né di riferire qualcosa sulle voci (sempre smentite) di una possibile riapertura della ex base Us Navy a Santo Stefano. Mentre accetta di buon grado il colloquio con i parlamentari del Gruppo speciale per il Medio Oriente e per il Mediterraneo, Lockear manda a dire che non intende in questa sede rispondere alle domande di giornalisti. Nella seconda e ultima giornata di lavori del seminario dell'Allenza atlantica, tra i quesiti sollevati da Giorgio La Malfa e dall'ex ministro della Difesa italiano Arturo Parisi, la relazione del comandante in capo scivola dal Kosovo, dalla Serbia, al Montenegro e alla Bosnia fino a toccare le sponde settentrionali dell'Africa. Con un aggiornamento sulle procedure dell'embargo e dell'interdizione aerea sulla Libia. Messe a fuoco sul flusso dei fuoriusciti dal Paese sotto l'attacco Nato: finora i profughi superano il milione e 100mila. Memorandum sulle condizioni per la fine dei raid dal clelo, che sino a ieri hanno superato la quota di 13mila (colpiti 26mila bersagli a terra e in volo). Rispondendo a una serie di obiezioni avanzate da parlamentari russi, francesi, inglesi, canadesi e belgi, prima di allontanarsi dal Main Conferecence l'ammiraglio conferma come il Comando Nato, da Napoli, stia uniformandosi in modo preciso alle direttive delle Nazioni unite. "E in questo senso la nostra azione potrà cessare solo a fronte di tre condizioni", dice. Per elencarle subito dopo: cessate il fuoco, ritiro nelle caserme dell'esercito che sostiene Gheddafi, garanzie sulla possibilità di far arrivare aiuti e soccorsi alle popolazioni che si sono sollevate contro il colonnello. C'è il tempo, prima della fine dei lavori, per un'ultima battuta su quella rete di controlli radar che in Sardegna sta suscitando tante polemiche. "Ne abbiamo parlato anche con Parisi di recente - commenta il senatore Antonello Cabras, prossimo presidente dello Special Group dei parlamentari membri del Patto atlantico - Capisco le ragioni degli amministratori e delle popolazioni locali. Ma dobbiamo trovarci nella condizione di poter vedere chi giunge sino a casa nostra. E dal tipo di apparecchi che Finanza intende adottare francamente non mi pare che esistano problemi per la salute: si parla di un dispositivo di produzione israeliana che è installato a bordo di medi e grandi yacht e usato comunemente". A parte queste brevi considerazioni, il vertice Nato si chiude a tempo di record,così com'era cominciato. E dalla tarda serata di ieri inizia la smobilitazione generale delle centinaia di uomini della polizia, dei carabinieri, della guardia costiera e delle fiamme gialle messi in campo per garantire la sicurezza dei partecipanti al convegno. Tra prove di dialogo a distanza, qualche clamorosa rottura come quella degli israeliani con il vicepremier dell'Iran e molti passi avanti nel disgelo tra Paesi spesso contrapposti, un test positivo per il Gruppo speciale e per La Maddalena. LA MADDALENA - Una stretta di mano sancisce una nuova intesa dopo mille incomprensioni. E' quella che vede uniti sotto gli occhi delle telecamere e dei flash l'ex premier di Baghdad Ayad Hashim Allawi e l'inviato del Kurdistan iracheno Nechirvan Idris Barzani. Nei loro interventi, durante la giornata conclusiva dei lavori del summit organizzato dall'Assemblea dei parlamentari dei Paesi Nato, i due protagonisti della mattinata hanno parlato a lungo delle difficoltà interne. Soffermandosi sulle persecuzioni che hanno visto vittime curdi e cristiani in questa regione travagliata da conflitti e interventi militari di ogni genere. Un processo di distensione seguito con particolare interesse dai rappresentanti degli Stati ospitati nell'arcipelago sardo. Allawi ha sottolineato come nel suo Paese si risenta ancora degli effetti negativi prodotti dalla tirannia di Saddam Hussein. "Ecco perché - ha convenuto l'ex primo ministro - la comunità internazionale deve continuare ad assicurare il proprio sostegno". "Soltanto grazie a quest'appoggio riusciremo a ritrovare la stabilità necessaria e a superare gli ostacoli cheper il momento impediscono all'Iraq di raggiungere la piena democrazia", è stata la conclusione.

da LA NUOVA SARDEGNA


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