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venerdì 23 dicembre 2011

Fermati i radar sulle coste dell'isola: lo Stato sospende l'installazione di 15 impianti. Fermati i radar sulle coste dell'isola: lo Stato sospende l'installazione di 15 impianti Argentiera, Ischia Ruggia, Capo Pecora e Capo Sperone non subiranno il peso dei radar a difesa delle coste. La decisione è stata presa per tutelare l’ambiente dell’isola e il diritto dei cittadini alla salute

CAGLIARI. Hanno vinto Italia Nostra e i comitati no-radar: il ministero dell'Economia e il Comando generale della Guardia di Finanza rinunciano alla costruzione degli impianti nei siti di Argentiera, Capo Sperone, Capo Pecora e Ischia Ruggia individuati dal ministero delle Infrastrutture per monitorare il mare e prevenire sbarchi di clandestini sulle coste.

La decisione è stata comunicata dall'avvocato dello stato Giandomenico Tenaglia ai giudici del Tar, che il 25 gennaio avrebbero dovuto trattare in udienza pubblica i ricorsi presentati dall'associazione culturale e dal comune di Tresnuraghes: «Si comunica - è scritto nella memoria depositata alla cancelleria del tribunale amministrativo e trasmessa alle parti in causa - che per motivi sopravvenuti, anche connessi alle manifestazioni di protesta delle popolazioni e all'intervenuta perdita nelle more del giudizio dei previsti finanziamenti (cinque milioni e 461 mila euro, ndr) - motivi sopravvenuti comunque del tutto indipendenti da valutazioni negative in ordine alla legittimità degli atti e dei provvedimenti posti in essere - le amministrazioni sono addivenute alla decisione, pur nella motivata fiducia che i ricorsi avrebbero dovuto essere dichiarati irricevibili, di non coltivare ulteriormente il disegno di installare l'apparato nel sito per cui è causa». 


La nota è riferita a quello di Tresnuraghes (per Ischia Ruggia) ma è riferita anche agli altri tre (Sant'Antioco per Capo Sperone, Fluminimaggiore per Capo Pecora e Sassari per l'Argentiera) più gli undici previst
i dalla Guardia Costiera. Alcuni radar verranno comunque installati perché ritenuti indispensabili, considerata la situazione politica nei paesi del nord Africa. I nuovi siti saranno concordati con la Regione e i comuni interessati. In un documento della Guardia di Finanza si avanzano le proposte per i quattro radar principali, tutte in aree militari: Capo Caccia ad Alghero, Capo San Marco a Oristano, Capo Sandalo nell'isola di San Pietro e Capo Sant'Elia a Cagliari. 


Comunque un orientamento finalmente ragionevole, cui il governo e la Guardia di Finanza sono stati costretti dalle azioni legali e dalla mobilitazione straordinaria e appassionata delle associazioni ambientaliste, degli indipendentisti e dei cittadini impegnati nella difesa delle coste dove le Fiamme Gialle contavano di piazzare impianti di rilevamento che avrebbero deturpato il paesaggio naturale. Una difesa che i giudici del Tar hanno mostrato di condividere, malgrado le speranze espresse dall'Avvocatura dello Stato. Perchè prima un decreto firmato dal presidente del tribunale amministrativo Aldo Ravalli alla fine della scorsa estate e subito dopo la decisione depositata dalla prima sezione - presidente lo stesso Ravalli, consiglieri Alessandro Maggio e Gianluca Rovelli - avevano sospeso i lavori di costruzione dei radar destinati a proteggere le frontiere dai clandestini. 


Significative le motivazioni della decisione cautelare: «L'ambiente - è scritto nelle ordinanze - va protetto contro ogni iniziativa ostile da chiunque essa provenga» e «l'interesse nazionale perseguito con la realizzazione dell'opera pubblica (i radar, ndr) cede di fronte al superiore interesse pubblico costituito dalla tutela della salute». Una tutela che - scrive ancora il Tar - nell'ordinamento italiano «è pacificamente intesa come diritto soggettivo della persona e come interesse della collettività ad un ambiente salubre». E siccome «è del tutto evidente che la salute può subire nocumento dalla degradazione dell'ambiente» è giustificato il divieto di installare gli impianti. Peraltro «lo stesso legislatore - è scritto nelle ordinanze - da tempo ha sottolineato il nesso tra salute e condizioni ambientali». E più avanti: «Il legame del diritto all'ambiente salubre con la tutela della salute attribuisce a tale tutela il valore dell'assolutezza, ciò significa che va protetto contro ogni iniziativa ostile da chiunque esso provenga e con la conseguenza che esso ha anche una valenza incondizionata». 


Un obbligo che i giudici del Tar estendono anche ai casi - viene in mente Quirra - in cui la nocività per la salute di installazioni militari o altri strumenti non è ancora del tutto dimostrata dalla scienza: «La tutela deve ritenersi ampliata fino a comprendere le ipotesi in cui i rilievi scientifici non hanno raggiunto una chiara prova di nocività a lungo termine, per cui occorre applicare il principio di minimizzazione che costituisce il corollario del principio di precauzione di derivazione comunitaria».


All'udienza di gennaio il tribunale dichiarerà l'improcedibilità dei ricorsi per «cessazione della materia del contendere». Una vittoria piena per chi difende l'ambiente e il paesaggio.


da La Nuova Sardegna

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