Incubo MUOS per l’aeroporto di Comiso
Le microonde del MUOS, il nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari dei militari USA in via d’installazione a Niscemi, interdiranno l’uso dell’aeroporto di Comiso e di buona parte dello spazio aereo siciliano. Alla vigilia del tavolo di lavoro inter-istituzionale che dovrà fissare l’ennesima data di apertura dello scalo ragusano, lo studio dei rischi associati alla realizzazione del MUOS a firma dei professori Massimo Zucchetti e Massimo Coraddu del Politecnico di Torino, prefigura interferenze elettromagnetiche incompatibili con il regolare traffico aereo in buona parte della Sicilia orientale. Le mega-antenne per le future guerre degli Stati Uniti d’America rischiano così di contribuire a creare l’ennesima cattedrale nel deserto. Un’opera che è già costata più di 50 milioni di euro e che adesso potrà fare in Sicilia da monumento della cieca e folle obbedienza agli interessi di supremazia planetaria dei padri-padroni d’oltre oceano.
“Le considerazioni sulla compatibilità elettromagnetica (CEM), contenute anche negli studi di impatto prodotti dall’US Navy, indicano come livello di riferimento per il rischio di interferenza elettromagnetica a RF quello di un campo con una componente elettrica di ~ 1V/m”, spiegano gli studiosi del Politecnico di Torino. “Alcuni apparecchi commerciali accusano interferenze e malfunzionamenti in presenza di emissioni elettromagnetiche di alta frequenza già per livelli di campo di 1 V/m. Risultano poi particolarmente vulnerabili a questo tipo di disturbi alcune categorie di dispositivi elettronici, come gli apparecchi elettromedicali (pacemaker, defibrillatori, apparecchi acustici) e la strumentazione avionica, tanto da richiedere particolari cautele nel loro utilizzo”.
Nonostante i dati sulle caratteristiche tecniche dei trasmettitori MUOS siano del tutto carenti e i militari USA si sono guardati bene dal fornire le dovute informazione sul tipo dei segnali inviati, i professori Zucchetti e Coraddu hanno potuto accertare che, in condizioni normali di funzionamento, il fascio di microonde delle parabole viene emesso “con un angolo di elevazione minima, rispetto all’orizzonte, pari a soli 17°” e quindi, a 30 Km di distanza, esso “verrebbe a trovarsi a soli 10.000 metri dal suolo, con un’intensità pari a circa 2 W/m2 (~27 V/m)”. Una densità di potenza enorme che, secondo i due esperti, “è senz’altro in grado di provocare gravi interferenze nella strumentazione di bordo di un aeromobile che dovesse essere investito accidentalmente dal fascio, con conseguenti malfunzionamenti e rischi di incidente”.
Per Zucchetti e Coraddu, gli incidenti provocati dall’irraggiamento accidentale di aeromobili “distanti anche decine di Km.” sono eventualità tutt’altro che “remote e trascurabili” ed è incomprensibile come non siano state prese in considerazione dagli studi progettuali della Marina militare USA. “I rischi d’interferenza investono potenzialmente tutto il traffico aereo della zona circostante il sito d’installazione del MUOS. Nel raggio di 70 Km si trovano ben tre scali aerei: Comiso (di prossima apertura) a poco più di 19 Km dalla stazione di Niscemi, e gli aeroporti militare di Sigonella e civile di Fontanarossa (Catania), che si trovano rispettivamente a 52 Km e a 67 Km”. Sigonella e Fontanarossa, tra l’altro, sono oggetto delle spericolate operazioni di atterraggio e decollo dei velivoli da guerra senza pilota UAV “Global Hawk”, “Predator” e “Reaper”.
Per gli studiosi del Politecnico, l’“irraggiamento accidentale, a distanza ravvicinata, di un aereo militare” potrebbe avere conseguenze inimmaginabili. “Le interferenze generate dalle antenne del MUOS possono arrivare infatti a innescare accidentalmente gli ordigni trasportati”, affermano. “È quanto accaduto il 29 luglio 1967 nel Golfo del Tonchino a bordo della portaerei US Forrestal, quando le radiazioni emesse dal radar di bordo detonarono un missile in dotazione ad un caccia F-14, causando una violenta esplosione e la morte di 134 militari. Tali considerazioni dovrebbero portare a interdire cautelativamente vaste aree dello spazio aereo sovrastanti l’installazione del MUOS, aree che andrebbero individuate e segnalate preventivamente”.
I rilievi sull’insostenibile pericolo per il traffico aereo del nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari sono noti ai tecnici della Marina USA perlomeno da sei anni, al punto di convincerli a dirottare a Niscemi il terminale terrestre che in un primo momento doveva essere installato nella stazione aeronavale di Sigonella. A imporre la differente destinazione finale del MUOS sono state le risultanze di uno studio sull’impatto delle onde elettromagnetiche generate dalle grandi antenne (Sicily RADHAZ Radio and Radar Radiation Hazards Model), eseguito da due aziende contractor USA, AGI - Analytical Graphics Inc. (con sede a Exton, Pennsylvania) e Maxim Systems (San Diego, California). Nello specifico, è stato elaborato un modello di verifica dei rischi di irradiazione sui sistemi d’armi, munizioni, propellenti ed esplosivi (il cosiddetto HERO - Hazards of Electromagnetic to Ordnance), ospitati nella grande base aeronavale siciliana. Secondo quanto si può leggere nei manuali di prevenzione incidenti adottati dalla Marina USA, “un alto livello di energia elettromagnetica prodotta dalla RFR (Radio Frequency Radiation) può provocare anche correnti o voltaggi elettrici che possono causare l’attivazione di derivazioni elettro-esplosive ed archi elettrici che detonano materiali infiammabili”. Appurato che le fortissime emissioni elettromagnetiche del MUOS possono avviare la detonazione degli ordigni di Sigonella, AGI e Maxim Systems raccomandarono i militari statunitensi di “non installare i trasmettitori in prossimità di velivoli dotati di armamento”. Da qui la scelta di Niscemi.
L’incompatibilità del terminale MUOS con il traffico aereo nello scalo di Comiso era stata denunciata in passato dalla Campagna per la smilitarizzazione di Sigonella, dal Comitato No MUOS e da alcuni amministratori locali. Il 14 dicembre 2009, a conclusione di una riunione dei sindaci dei Comuni di Butera, Caltagirone, Niscemi, San Michele di Ganzaria e Vittoria, fu emesso un comunicato che segnalava come “l’aeroporto civile di Comiso potrebbe essere costretto alla chiusura per le interferenze elettromagnetiche dell’impianto radar che gli americani intendono realizzare in contrada Ulmo, all’interno della riserva naturale “Sughereta”, sito d’importanza comunitaria SIC”. Denuncie che furono costantemente ignorate dalle autorità regionali, dagli enti preposti alla sicurezza del traffico aereo e dalla SO.A.CO., la società di gestione dell’aeroporto comisana, controllata al 65% da Intersac Holding Spa (azionisti SAC - Aeroporto di Catania, Interbanca e l’imprenditore-editore Mario Ciancio) e per il restante 35% dal Comune di Comiso (l’unico a non esprimersi sino ad oggi contro l’installazione del sistema satellitare).
Sino alla fine e degli anni ’80, Comiso ha ospitato una delle più importanti basi missilistiche nucleari in Europa: quella del 478th Tactical Missile Wing dell’US Air Force, dotato di 112 missili Cruise a medio raggio e di altrettante testate atomiche del tipo W.84 a basso potenziale selezionabile. A seguito del trattato sulle forze nucleari a medio raggio (INF), firmato l’8 dicembre del 1987 dai presidenti di USA e URSS, i Cruise furono progressivamente smantellati e i militari statunitensi abbandonarono la base nel 1991 dopo la fine della prima Guerra del Golfo. Nonostante l’esistenza di un gran numero di edifici ed abitazioni realizzati con fondi NATO (si parlò al tempo di una spesa non inferiore ai 350 miliardi di lire), l’infrastruttura fu del tutto abbandonata per diversi anni, tranne il breve utilizzo nel 1999 per accogliere 5.000 profughi del Kosovo, vicenda che ebbe un epilogo nelle aule giudiziarie per i presunti illeciti nella gestione dell’emergenza “Arcobaleno”. Furono presentati alcuni interessanti progetti di riconversione da parte di istituzioni universitarie, associazioni e soggetti sociali, in buona parte dai costi prossimi allo zero, ma alla fine si decise di puntare alla realizzazione di uno scalo civile passeggeri e merci, senza però valutare la reale domanda di traffico, i futuri costi di gestione e i possibili impatto socio-ambientali. Dopo il pressing a tutto campo della deputazione locale, con delibera del CIPE del 3 maggio 2002 fu approvata la spesa di 47.407.976 euro per realizzare una pista di atterraggio, la torre di controllo e le relative attrezzature di volo, le aree passeggeri e i parcheggi. I lavori iniziarono nell’ottobre 2004 e, seguendo il copione delle grandi opere nazionali, si prolungarono all’infinito. L’inaugurazione del nuovo aeroporto di Comiso è stata promessa ad ogni campagna elettorale: è stata fissata una prima volta per l’autunno del 2006, poi per il 2007, il 2008, il 2009, il 2010, fino all’impegno dell’ex ministro Matteoli di rendere operativo lo scalo entro l’estate 2011. La struttura è stata però consegnata al sindaco di Comiso solo lo scorso 7 novembre 2011, mentre si attende ancora dall’Aeronautica militare l’assegnazione degli spazi aerei e l’approntamento del piano di avvicinamento allo scalo degli aeromobili tramite il centro di controllo esistente nella base militare di Sigonella (lo stesso che dirige il traffico a Catania-Fontanarossa).
Il soggetto gestore è ancora in attesa della certificazione da parte dell’Enac, indispensabile per l’avvio delle attività aeroportuali, mentre prosegue senza soste il flusso di denaro per lo start-up dell’aeroporto fantasma. Nel dicembre 2010, il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha firmato un decreto con il quale lo Stato si assume le spese del servizio di assistenza al volo e dei Vigili del Fuoco per i primi tre anni di operatività (circa quattro milioni e mezzo l’anno). Inoltre sarebbero stati messi a disposizione i fondi previsti dalla legge n.102/2009, poco più di tre milioni di euro, per l’adeguamento delle infrastrutture della torre di controllo agli standard Enav. Sempre a “supporto della attività” dell’aeroporto di Comiso, la Regione Siciliana ha destinato con due recenti decreti (27 settembre e 12 ottobre 2011) la somma complessiva di 4,5 milioni di euro. Adesso, con l’entrata in funzione delle antenne del MUOStro di Niscemi, potrebbero tramontare le ultime speranze di vedere decollare un aereo dal multimilionario scalo ragusano.
Il NO del Politecnico di Torino al MUOStro di Niscemi
La stazione di telecomunicazioni MUOS (Mobile User Objective System) comporta gravi rischi per la popolazione e per l’ambiente tali da impedirne la realizzazione in aree densamente popolate, come quella adiacente la cittadina di Niscemi (Caltanissetta). Ad affermarlo sono Massimo Zucchetti, professore ordinario di Impianti Nucleari del Politecnico di Torino e research affiliate del Massachusetts Institute of Technology (USA) e Massimo Coraddu, consulente esterno del dipartimento di Energetica del Politecnico ed ex ricercatore dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN).
I due studiosi hanno analizzato i possibili rischi per la salute della popolazione dovuti all’irraggiamento diretto del nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari della Marina militare USA, e i danni che le emissioni possono provocare all’ambiente circostante. I risultati, estremamente inquietanti, sono contenuti in un report consegnato qualche giorno fa all’amministrazione comunale di Niscemi. Il sindaco, Giovanni Di Martino, lo ha immediatamente inviato al presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo, chiedendogli di sospendere l’autorizzazione concessa per installare il terminale MUOS all’interno della zona naturalistica protetta “Sughereta di Niscemi”, inserita nella rete Natura 2000 come sito di interesse comunitario (SIC ITA05007). La Regione aveva autorizzato i lavori l’1 giugno scorso, basandosi su una sommaria certificazione della sostenibilità ambientale del MUOS da parte della facoltà d’Ingegneria dell’Università di Palermo. Ma per il Politecnico di Torino, i rischi delle antenne satellitari “sono stati sottovalutati, o del tutto ignorati” dai docenti siciliani (gli ingegneri Luigi Zanforlin e Patrizia Livreri) e dagli “esperti” nominati dalle forze armate statunitensi.
Secondo i dati tecnici forniti dalle autorità militari, il sistema di telecomunicazione MUOS consiste in tre grandi antenne paraboliche (due continuativamente funzionanti e una di riserva) per le trasmissioni in banda Ka verso i satelliti geostazionari, più due trasmettitori elicoidali in banda UHF, per il posizionamento geografico. Le antenne paraboliche di 18,4 metri di diametro hanno frequenze di trasmissione di 30-31 GHz e 20-21 GHz di ricezione; la potenza è di 1600 W, mentre l’altezza del centro radiante rispetto al suolo è di 11,2 metri. Le frequenze di trasmissione e ricezione delle antenne elicoidali (4 metri di lunghezza e 33 cm di diametro) vanno da i 240 ai 315 MHz, la potenza è di 105 W, mentre l’altezza del centro radiante è di 3,7 metri. “Si tratta di informazioni assai carenti”, affermano gli studiosi del Politecnico. “In nessuna delle relazioni note sono indicati per le due tipologie di antenne il tipo di trasmissione (se a onda continua o impulsata e l’eventuale forma dell’impulso). Nel caso delle grandi antenne paraboliche non è poi indicato il diagramma polare completo, con esatta localizzazione dei lobi”.
“Incompleti e affetti da innumerevoli incongruenze” sono pure i dati relativi alle emissioni del sistema MUOS e quelli riferiti ai rischi associati all’eventuale realizzazione della stazione di trasmissione. Nel loro studio, i professori Zucchetti e Coraddu segnalano che nel caso dei trasmettitori con antenna parabolica, “la maggior parte dell’energia radiante emessa è concentrata in uno stretto fascio principale, con un’apertura angolare di qualche decimo di grado, che in condizioni normali di funzionamento è puntato verso il cielo con una inclinazione minima rispetto all’orizzonte di soli 17°”. Date le caratteristiche di questi sistemi, il “limite di attenzione” per le esposizioni prolungate deve essere calcolato in un raggio di 132,5 Km dai trasmettitori, mentre il “limite del valore per la compatibilità elettromagnetica” raggiunge gli 814,3 Km. di distanza.
Nel caso di emissioni al di fuori del fascio principale, il limite per le “esposizioni prolungate” è di 1,13 km, mentre quello del “valore per la compatibilità EM” è di 6,9 km. L’abitato di Niscemi si trova però a distanze comprese tra 1 e 6 Km rispetto le parabole del MUOS e dunque interamente nella zona di campo vicino delle antenne. “La realizzazione del MUOS potrebbe portare dunque a un incremento medio dell’intensità del campo in prossimità delle abitazioni più vicine pari a qualche V/m rispetto al livello esistente, con la possibilità del verificarsi di punti caldi, con un incremento del campo nettamente superiore”, scrivono i due ricercatori.
In conseguenza sono assai gravi i rischi per la salute umana generati dalle microonde delle antenne. “Si tratta di effetti acuti, legati a esposizioni brevi, a campi di elevata intensità; e di effetti dovuti a esposizioni prolungate a campi di intensità inferiore”, spiegano Zucchetti e Coraddu. “I primi sono essenzialmente legati all’esposizione diretta al fascio principale emesso dalle parabole MUOS, che può avvenire in seguito a un malfunzionamento o a un errore di puntamento. Ciò può provocare danni gravi e permanenti alle persone accidentalmente esposte a distanze inferiori ai 20 Km., e ciò significa che l’eventualità di una esposizione diretta al fascio riguarda l’intera popolazione di Niscemi e va considerata come il peggiore incidente possibile”. I danni più frequentemente riportati sono dovuti all’ipertermia con conseguente necrosi dei tessuti e l’organo più esposto è l’occhio (cataratta indotta da esposizione a radiofrequenze o a microonde). “Le persone irraggiate accidentalmente potrebbero subire danni gravi e irreversibili anche per brevi esposizioni”, aggiungono gli studiosi.
Per il Politecnico di Torino, la realizzazione del sistema MUOS “incrementerà necessariamente le emissioni esistenti” a Niscemi. “Nel valutare gli effetti dovuti a esposizioni prolungate occorre tener conto che l’abitato già ora è investito dalle emissioni prodotte dalla stazione Naval Radio Transmitter Facility (NRTF), in una misura superiore ai limiti di sicurezza previsti dalla legislazione italiana”. Il sito prescelto per il terminale terrestre del nuovo sistema satellitare si trova infatti all’interno di uno dei maggiori centri di telecomunicazioni della US Navy nel Mediterraneo, attivo da più di vent’anni e caratterizzato da intenso elettromagnetismo. Nella stazione sorgono 41 antenne radiatori verticali, 27 delle quali attualmente in funzione, operanti nella banda HF (High Frequency, frequenza 3-30 MHz e lunghezza d’onda 10-100 mt), per le comunicazioni di superficie; più un’antenna in banda LF (Low Frequency, frequenza 43 KHz e lunghezza d’onda di 6,98 Km), per le comunicazioni sotto la superficie del mare. “Le rilevazioni delle emissioni elettromagnetiche generate dalla stazione NRTF – scrivono Zucchetti e Coraddu - effettuate dall’ARPA Sicilia con strumentazione e procedure non del tutto adeguate, in un periodo compreso tra il dicembre 2008 e l’aprile 2010, hanno evidenziato un sicuro raggiungimento dei limiti di sicurezza per la popolazione ed anzi un loro probabile superamento”.
Per gli studiosi, la situazione reale delle emissioni elettromagnetiche sarebbe ancora peggiore di quella evidenziata dall’agenzia siciliana per la protezione dell’ambiente. “I misuratori utilizzati dall’ARPA (centraline PMM 8055S, banda passante 100 Khz - 3 GHz in modalità Wide Band, 100 KHz-860 MHz in modalità Low Band) non sono sensibili alle emissioni dell’antenna in banda LF alla frequenza di 43 Khz (quasi 7 Km di lunghezza d’onda)”, scrivono Zucchetti e Coraddu. “La potenza di picco del trasmettitore VERDIN (VLF Digital Information Network per le comunicazioni con i sommergibili in immersione) dell’NRTF di Niscemi, può variare infatti da 500 a 2000 KW. Valori estremamente elevati che non consentono certo di trascurare o sottostimare sistematicamente questa componente nella valutazione complessiva”.
Sempre secondo i due ricercatori, le misurazioni dell’agenzia siciliana per l’ambiente non sarebbero state “neppure del tutto conformi” alla procedura prevista dalla legislazione che prevede di effettuare le rilevazioni quando tutte le sorgenti siano in funzione alla potenza massima. Ciò non è stato possibile a Niscemi dato che quasi la metà delle antenne, come ammesso dalle autorità militari USA, erano spente al momento delle rilevazioni.
“L’incremento del livello di campo emesso nella stazione NRTF con l’entrata in funzione dei trasmettitori del MUOS avrà come conseguenza un incremento di rischio, per la popolazione residente nella zona, di contrarre vari tipi di disturbi e malattie, tra cui alcuni tumori del sistema emolinfatico, come evidenziato in numerosi studi epidemiologici”, affermano Zucchetti e Coraddu. A ciò si aggiungeranno tutta una serie di effetti negativi sull’ambiente circostante, del tutto trascurati dalle valutazioni della facoltà d’Ingegneria di Palermo e dai tecnici statunitensi. “La stazione del sistema satellitare è stata progettata all’interno di un’area protetta e occorre quindi valutare le conseguenze dell’irraggiamento sulle specie tutelate. Si può evidenziare un rischio elevato per l’esposizione degli uccelli al fascio principale emesso dalle antenne paraboliche, che può risultare anche fatale, in quanto essi hanno una maggiore vulnerabilità agli effetti acuti delle microonde rispetto agli esseri umani”. Altri esseri viventi fortemente vulnerabili alle microonde sono gli insetti impollinatori, le api in particolare, che vengono disturbate da livelli di campo dell’ordine di -1 V/m. “I disturbi indotti dalle microonde impediscono alle api di sciamare regolarmente e costruire il nido, portando così a una grave riduzione della popolazione, con ripercussioni a catena sulla flora e sull’intera catena alimentare”, scrivono i due ricercatori.
“Per un principio di salvaguardia della salute della popolazione e dell’ambiente - concludono Zucchetti e Coraddu - non dovrebbe essere permessa alcuna installazione di ulteriori sorgenti di campi elettromagnetici presso la stazione NRTF di Niscemi, e anzi occorre approfondire lo studio delle emissioni già esistenti e pianificarne una rapida riduzione, secondo la procedura a conformità prevista dalla legislazione italiana”. Una copia del rapporto del Politecnico di Torino sul pericolo MUOS sarebbe già sul tavolo del neo ministro dell’Ambiente. I tempi stringono. Le antenne potrebbero essere montate già nei prossimi giorni…
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