Contratti NATO per l’italiana Selex Elsag
Affari atlantici per Selex Elsag, la società del gruppo Finmeccanica specializzata nella progettazione e nello sviluppo dei sistemi di comunicazione per la difesa. Con un contratto che secondo il sito web specializzato Dedalonews sarebbe nell’ordine di decine di milioni di euro, Selex Elsag è stata chiamata a gestire l’ammodernamento dei centri di telecomunicazioni satellitari della NATO e delle infrastrutture collegate. Il contratto prevede una serie di attività che vanno dalla costruzione di una nuova installazione per le comunicazioni via satellite in Belgio, l’ammodernamento delle stazioni di terra ad antenna multipla di Kester (Belgio) e Lughezzano (Verona) e dei siti ad antenna singola di Oglaganasi (Turchia) e Atalanti (Grecia). I tecnici dell’azienda italiana cureranno inoltre la formazione e l’addestramento del personale militare dell’Alleanza atlantica presso la NATO Communications & Information Systems School di Borgo Piave, Latina. Gli interventi di Selex Elsag saranno coordinati dalla propria filiale di Basildon, in Gran Bretagna.
La società ha sede generale a Genova e si è affermata a livello internazionale nello sviluppo e nella fornitura di reti di comunicazione militari e di polizia per applicazioni terrestri, navali e satellitari. Selex Elsag è nata l’1 giugno 2011 dalla fusione tra le aziende Selex Communications ed Elsag Datamat. L’operazione è stata voluta dai manager di Finmeccanica per riorganizzare il settore dell’elettronica per la difesa in tre grandi poli strategici: oltre a quello delle telecomunicazioni satellitari di Selex Elsag, quello relativo ai grandi sistemi per la difesa e ai radar di superficie di Selex Sistemi Integrati e il polo per l’avionica e le componenti elettro-ottiche di Selex Galileo. A presiedere il gruppo genovese l’immancabile generale in pensione, Nazzareno Cardinali, già ispettore capo del Genio aeronautico.
Poco prima della fusione, Selex Communications ha firmato un altro importante contratto con l’Agenzia della NATO NACMA - NATO Air Command and Control System Management, del valore di circa 30 milioni di euro, per la fornitura e l’installazione di sistemi di comunicazione in diversi siti terrestri, nell’ambito della cosiddetta “Rete Link 16” che consentirà lo scambio di dati con vettori aerei a 29.000 piedi di altitudine nello spazio aereo europeo. Questi sistemi includono tra l’altro i terminali MIDS LVT (Multifunctional Information Distribution System Low Volume Terminal) e saranno consegnati a partire del 2012 a quattordici paesi NATO (Danimarca, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Italia, Norvegia, Olanda, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Spagna, Turchia e Ungheria). “Il progetto contribuirà ad apportare dei miglioramenti di grande valore nel Sistema di difesa missilistica della NATO”, ha commentato il general manager di NACMA, Gerhard van der Giet, in occasione della firma del contratto con l’azienda del gruppo Finmeccanica.
Altri importanti contratti in ambito militare sono stati sottoscritti da Selex Communications tra la fine del 2009 e i primi mesi del 2011. In particolare, la società dovrà fornire all’esercito italiano ventitré stazioni radio a banda larga per il Sistema automatizzato contro-aerei, destinate agli shelter di comando e controllo (C2) dei principali reparti di terra. Selex Elsag è stata poi selezionata dalle autorità scozzesi per fornire di sistemi di comunicazioni satellitari voce e dati a supporto delle attività di pubblica sicurezza nelle isole Shetland, Orkney e Lewis e nella città di Edimburgo.
Alla Marina militare britannica saranno invece consegnati i sistemi di comunicazione “Tetra” che supporteranno le comunicazioni tra le squadre d’aviazione e il personale imbarcato. I “Tetra” saranno montati a bordo delle due portaerei della classe Queen Elizabeth di circa 65.000 tonnellate e 280 metri di lunghezza che la Royal Navy varerà entro il 2018 e che saranno in grado di trasportare sino a 40 nuovi cacciabombardieri F-35 “Joint Striker Fighter”, prodotti dal colosso USA Lockeed Martin. Quest’ultimo è partner di Selex dal 2005 nella produzione dei sistemi “Loam” per il rilevamento della presenza di ostacoli lungo la rotta di volo a bassa quota degli elicotteri da guerra UH-60 “Blackhawk” in dotazione a US Army.
Importanti commesse sono state acquisite dalla società genovese anche in paesi extra-NATO, primo fra tutti il Brasile. Selex Elsag sta sviluppando e ammodernando il sistema per le comunicazioni tattiche “SISTAC” dell’esercito brasiliano, prodotto una quindicina di anni fa da Marconi Communications (poi Selex Communications). Esso consiste in un network di comunicazioni digitale integrato, basato su shelter, in grado di fornire servizi voce e dati e di interfacciarsi anche con la rete telefonica e con i sistemi radio pubblici. Il SISTAC è utilizzato dal 1° Battaglione di Comunicazioni di Santo Angelo nello stato di Rio Grande do Sul in appoggio alla 3^ Divisione terrestre. La società del gruppo Finmeccanica è presente in Brasile dalla fine degli anni ‘90 attraverso la controllata Selex do Brasil, fornisce all’esercito altri sistemi per le comunicazioni tattiche e supporta le trasmissioni radio a corto raggio delle forze speciali dell’esercito e della marina militare. Un’altra controllata, Sirio Panel, collabora con il colosso industriale brasiliano “Embraer” nei principali programmi per velivoli militari e civili, fornendo pannelli di controllo e sistemi d’illuminazione.
L’azienda ha consolidato la propria presenza pure in Russia nel settore delle comunicazioni radio di pronto intervento e sicurezza. Qualche mese fa sono stati firmati contratti per un valore complessivo di circa 4,5 milioni di euro per la fornitura di apparati “Tetra” ai servizi speciali russi e alle autorità chiamate a “difendere” i Giochi Olimpici Invernali del 2014 a Sochi. A queste ultime Selex Communications aveva già fornito, nel corso del 2010, una cinquantina di stazioni radio con software di gestione per i servizi di telecomunicazione nella regione di Krasnodar e di altre aree della costa russa sul Mar Nero. Una boccata d’ossigeno in un momento di forte crisi per la holding Finmeccanica: l’ultimo consiglio d’amministrazione ha registrato 4,66 miliardi di euro d’indebitamento e una riduzione degli ordini del 21% nei primi nove mesi del 2011.
lunedì 14 novembre 2011
L’Italia è sempre più Predator
Borse in picchiata, tagli draconiani a istruzione, sanità, pensioni e stipendi, ma intanto crescono a dismisura e segretamente le spese per l’acquisto di nuovi sistemi di guerra da destinare alle nostre forze armate. Gli ultimi gioielli di morte vengono dagli Stati Uniti d’America: due velivoli senza pilota UAV Predator, nella versione B “MQ-9 Reaper” per il bombardamento teleguidato contro obiettivi terrestri. A darne notizia non è il ministro della difesa italiano, come ci si aspetterebbe, ma il Dipartimento della difesa USA. “Il contratto, per un valore di 15 milioni di dollari, è stato sottoscritto dall’Aeronautica Militare italiana e prevede pure la fornitura di tre radar LYNX Block 30 e un motore di ricambio”, annuncia Washington. L’acquisizione rientra all’interno del cosiddetto Foreign Military Sales (FMS), il programma per la vendita a paesi terzi di sistemi d’arma prodotti negli Stati Uniti con l’interposizione del Pentagono. In sostanza l’Aeronautica non potrà acquistare direttamente gli UAV dall’industria produttrice (la General Atomics Aeronautical Systems di San Diego, California) ma dovrà affidarsi agli intermediari della Defense Security Cooperation Agency.
Subito dopo la consegna, i due velivoli “MQ-9 Reaper” saranno trasferiti al 28° Gruppo Velivoli Teleguidati “Le Streghe” di Amendola (Foggia), l’unico reparto italiano dotato di velivoli senza pilota, il primo in Europa a fornirsi di sistemi UAV. Il gruppo ha già a disposizione sei “Predator” nella versione A “RQ-1B” (per le missioni d’intelligence, sorveglianza, riconoscimento degli obiettivi e per la lotta all’immigrazione “clandestina”) e due nella versione “MQ-9 Reaper”. Si tratta di strumenti militari sofisticatissimi e particolarmente costosi. Per l’acquisto (nel 2004) dei primi cinque sistemi Predator, l’Italia ha speso 47,8 milioni di dollari; due anni più tardi è arrivato un secondo lotto di due velivoli e relativi mezzi di supporto per 16 milioni di dollari (un UAV era intanto precipitato in fase di addestramento). Dopo aver utilizzato i Predator in missioni di guerra in Iraq ed Afghanistan, l’Aeronautica militare ha chiesto di acquistare pure il modello “Reaper” che può essere armato con missili e bombe a guida laser. Il 12 febbraio 2008, la Commissione difesa della Camera ha autorizzato la spesa sino a 80 milioni di euro per l’acquisizione di quattro Predator B e relativi sensori, sistemi di controllo a terra e supporti logistici, con termine il 2011. Per ottenere il consenso unanime al nuovo sistema d’attacco, l’allora sottosegretario ulivista Giovanni Lorenzo Forcieri assicurò che i “Reaper” avrebbero avuto il ruolo di meri ricognitori e che non sarebbero stati armati. “L’opzione di dotare i Predator di armamenti potrà avvenire solo dopo un’eventuale autorizzazione del Parlamento”, spiegò Forcieri. Il contratto con la General Atomics Aeronautical Systems fu sottoscritto nel febbraio 2009 e i velivoli divennero operativi ad Amendola nell’estate 2010. Glissando il dibattito alle Camere, il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha autorizzato l’uso dei “Reaper” contro obiettivi in Libia a partire dello scorso 10 agosto, nell’ambito dell’operazione Unified Protector. Stando all’Aeronautica, i velivoli sono stati impegnati “senza armi” in “attività di ricognizione e sorveglianza durate all’incirca 12 ore ciascuna”. È forte il sospetto, tuttavia, che i Predator italiani siano stati impiegati anche in vere e proprie operazioni di strike.
Con una lunghezza di undici metri e un’apertura alare di venti, il “Reaper” assicura maggiori prestazioni dei Predator A in termini di raggio d’azione (3,200 miglia nautiche), altitudine di crociera (15.000 metri), autonomia di volo (tra le 24 e le 40 ore), velocità (440 Km/h) e carico trasportabile (quasi 1.800 kg). A differenza della prima versione per la “ricognizione”, il nuovo UAV può essere armato con missili “Hellfire”, bombe a guida laser Gbu-12 “Paveway II” e Gbu-38 “Jdam” (Joint direct attack munition) a guida Gps. La postazione standard consiste in una stazione di controllo a terra che, grazie al data-link satellitare, può guidare il velivolo anche oltre la linea dell’orizzonte. Il Predator B può essere trasportato a bordo di un aereo C-130 ed essere reso operativo in meno di dodici ore.
Il 28° Gruppo Velivoli Teleguidati “Le Streghe” è alle dipendenze del 32° Stormo AMI “Armando Boetto” di Amendola, uno dei reparti più importanti dal punto di vista operativo e strategico delle forze armate italiane. Oltre al gruppo di controllo degli sistemi UAV, il 32° Stormo sovrintende alle attività del 13° Gruppo, dotato di cacciabombardieri AM-X, già impegnato a fine anni ’90 nelle operazioni di guerra in Bosnia e Kosovo, successivamente in Afghanistan e più recentemente in Libia. Gli AM-X di Amendola hanno funzioni di routine nell’interdizione e nel supporto aereo alle forze terrestri e navali e partecipano periodicamente a importanti esercitazioni militari in Canada, Stati Uniti, Francia, Germania, Spagna, Egitto ed Israele.
Amendola è destinata a divenire entro un paio d’anni la prima base italiana per i nuovi cacciabombardieri Lockheed Martin F-35 (Joint Strike Fighter) che nelle intenzioni del ministero della Difesa sostituiranno prima gli AM-X e poi i Tornado. l’Italia si è impegnata ad acquisire 131 velivoli per la folle spesa di 16 miliardi di euro. Sempre che i prototipi riescano a superare i test di volo e si risolvano i numerosi problemi tecnici e progettuali di quello che è ormai il programma più controverso e più costoso della storia dell’aviazione militare mondiale.
venerdì 11 novembre 2011
La Russa e Lombardo al cospetto del MUOStro di Niscemi
Testa a testa tra il ministro della Difesa (uscente), Ignazio la Russa, e il presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, a chi la spara più grossa sul MUOS, il nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari che le forze armate degli Stati Uniti d’America stanno per installare a Niscemi (Caltanissetta). Se per il primo si tratta di un sistema che emette microonde del tutto innocue per l’uomo e per l’ambiente, il secondo giura che le potentissime antenne mitigheranno miracolosamente l’impatto elettromagnetico generato dalla stazione di trasmissione che l’US Navy possiede all’interno della Riserva naturale orientata “Sughereta” del comune siciliano. Su una cosa però concordano perfettamente: questo MUOS si ha da fare con o senza il consenso popolare, perché allo zio Sam e ai mercanti di morte non si può dire “no”, anche quando benefici e guadagni restano a Washington e per la Sicilia ci sono solo i danni e poi le beffe.
A Vicenza, Aviano, Napoli e Sigonella con i militari USA arrivano sempre un bel po’ di dollari da investire in infrastrutture e alloggi e qualche briciola finisce pure a costruttori e faccendieri locali. Per il MUOS, un progetto che arriverà a costare oltre 6 miliardi di dollari, nulla da fare. L’asso pigliatutto lo fa Lockheed Martin, corporation USA. Per Niscemi, una delle quattro sedi planetarie per i terminali del sistema satellitare, non ci sarà neanche qualche spicciolo per le opere complementari o compensative anche perché, assicurano La Russa e Lombardo, non c’è nulla da compensare.
Salvo, i due, incontrarsi segretamente a Roma l’1 giugno 2011 per firmare un “protocollo d’intesa” con cui ministero e governo siciliano “definiscono termini, modalità e impegni volti a garantire che l’installazione delle antenne del MUOS avvenga nel rispetto irrinunciabile della salvaguardia della salute della popolazione, della sicurezza dell’area, della tutela dell’ambiente, della conversazione della biocenesi e della fruizione e della valorizzazione della Riserva Naturale di Niscemi”.
Sembra il gioco delle parti. Lombardo s’impegna a “concludere positivamente” l’iter di approvazione dei lavori per il MUOS (con inusuale e sorprendente velocità lo fa lo stesso giorno della firma del protocollo grazie ad un’autorizzazione del dirigente generale dell’assessorato regionale al territorio e ambiente, Giovanni Arnone); il ministro La Russa, promette in cambio di adottare le “necessarie misure di mitigazione, a breve termine, dell’esposizione ai campi elettromagnetici generati dagli apparati di trasmissione già esistenti”. In che modo? Installando “entro tre mesi” a Niscemi un sistema interrato a fibre ottiche che “ridurrà le emissioni a radiofrequenza”. Peccato che una linea a fibre ottiche era stata installata un paio d’anni fa da Telecom, previa autorizzazione del Comune di Niscemi e della provincia di Caltanissetta. E certamente non aveva contribuito a ridurre i livelli d’inquinamento elettromagnetico all’interno della zona protetta e nelle aree abitate confinanti con la base militare. Stavolta però c’è un piano B di mitigazione, nel medio e lungo termine, “ricorrendo, ove possibile, alla eliminazione degli apparati trasmittenti esistenti non più necessari e/o privilegiando tecnologie di trasmissione alternative ed innovative e tali da ridurre i consumi energetici e le emissioni”.
Una vocazione verde-ambientalista quella del ministro della Difesa che si scontra però con il dettato dei trattati bilaterali Italia-USA sulle installazioni militari. La stazione di telecomunicazioni dell’US Navy di Niscemi, nonostante per La Russa ospiti “numerosi impianti con lo scopo di fornire un servizio a supporto delle attività militari NATO in Europa e nel Mediterraneo”, è un’infrastruttura ad uso esclusivo delle forze armate statunitensi, su cui non c’è modo di esercitare la sovranità e alcun controllo da parte delle autorità nazionali. È scritto nero su bianco nell’Accordo tecnico tra il Ministero della Difesa italiano e il Dipartimento della difesa degli Stati Uniti d’America riguardante le installazioni in uso alle forze USA di Sigonella, firmato a Roma il 6 aprile del 2006 dall’ammiraglio N. G. Preston, comandante US Navy per la regione europea e dal generale Mario Marioli dell’esercito italiano. L’“uso esclusivo” ricade su un’area di 1.660.000 metri quadri e, come si legge nell’accordo, “significa l’utilizzazione dell’infrastruttura da parte della forza armata di una singola Nazione, per la realizzazione di attività relative alla missione e/o a compiti assegnati a detta forza dallo Stato che l’ha inviata”. A esplicitare ulteriormente la piena sovranità di Washington, la tabella annessa all’accordo con le facility di “proprietà ed uso esclusivo” USA a Niscemi: “il sito di trasmissione e l’antenna a microonde; l’Helix House e l’antenna a bassa frequenza LF; un magazzino di stoccaggio; un edificio per la protezione antincendio; un serbatoio d’acqua; un’officina di manutenzione elettronica; 37 antenne ad alta frequenza HF”. Proprio quei trasmettitori che La Russa dice di voler smantellare.
Fortunatamente il ministro prometta ben più colorati e realistici interventi di “mitigazione”. Come ad esempio la mimetizzazione delle nuove installazioni del MUOS (tre grandi antenne circolari di 18,4 metri di diametro e due torri radio di 149 metri d’altezza), mediante “una opportuna verniciatura delle superfici e l’impianto di alberi” o la fornitura della strumentazione necessaria ad effettuare il “monitoraggio continuo” dei campi elettromagnetici, da integrare nella rete regionale dell’ARPA Sicilia che ne “curerà la gestione e l’elaborazione dei dati”. Il generoso La Russa s’impegna pure ad attrezzare l’area naturalistica della Sughereta, “entro sei mesi dall’inizio dei lavori del MUOS”, con una “infrastruttura ecocompatibile per il controllo, la gestione ed accoglienza della Riserva, adeguata a supportare l’attività di unità ippomontate e di sistemi per la vivibilità del parco”. In concorso con la Presidenza del consiglio dei ministri (quella di Berlusconi, dimissionario), la Difesa supporterà le azioni per la “promozione del prodotto agro-alimentare dell’area di Niscemi sul territorio nazionale ed internazionale” (forse è pronta l’etichettatura per il carciofo con le stellette dop o, per lo status giuridico USA dell’area, a stelle e strisce).
Onde sigillare l’americanizzazione del comprensorio niscemese, vengono promessi “rapporti diretti di collaborazione, anche attraverso specifici gemellaggi, con gli Enti gestori di uno o più parchi naturali degli Stati Uniti d’America”; scambi culturali “continui” tra i giovani locali e i coetanei fruitori delle aree protette degli States; l’istituzione di summer schools con centri d’eccellenza americani e borse di studio e di ricerca all’estero; l’“attrazione” di esperti USA per “supportare il territorio nella fase di avvio della gestione innovativa del Parco della Sughereta, anche attraverso specifiche azioni innovative”.
Dulcis in fundo l’immancabile bufala dell’occupazione per tutti: con il protocollo con la Regione siciliana, La Russa impegna il dicastero a promuove “ogni iniziativa diplomatica necessaria a favorire l’inserimento lavorativo della popolazione locale nel personale amministrativo in carico presso al base USA di Sigonella nel caso di nuove assunzioni”. Solo che nella stazione aeronavale siciliana si susseguono i licenziamenti dei dipendenti italiani, prontamente sostituiti da personale e contractor statunitensi. Ma forse questo La Russa non lo sa.
Null’altro per una popolazione che subirà uno dei più costosi e devastanti processi di riarmo e militarizzazione delle forze armate USA. Nemmeno lo sforzo a rivedere il piano sanitario della Regione Siciliana che ha imposto la chiusura del punto nascite dell’ospedale di Niscemi, costringendo le donne in gravidanza a faticosi pellegrinaggi per la provincia di Caltanissetta e di Catania. O a sbloccare i fondi FAS per realizzare le strade provinciali dissestate. Eppure queste erano due “compensazioni” che il presidente Lombardo aveva timidamente prospettato agli amministratori locali in cambio di una loro disponibilità ad accogliere senza troppi indugi il nuovo MUOStro di Niscemi. La Regione non farà comunque mancare il suo apporto alla grande sagra del nulla: bilancio permettendo, potrebbero essere effettuate campagne di monitoraggio delle emissioni elettromagnetiche “con cadenze almeno quadrimestrale, mediante mezzi mobili di ultima generazione allestite per misure georiferite” o indagini di natura epidemiologica e in “tema di emissioni tossiche” nel comprensorio Gela-Niscemi. Forse perfino l’invio della polizia forestale a cavallo presso l’area naturalistica della Sughereta.
“In considerazione della riduzione del numero di impianti trasmittenti conseguenti all’attivazione del sistema MUOS è ragionevole attendersi una riduzione degli attuali valori di campo elettromagnetico di fondo nelle aree circostanti la stazione NRTF”, annuncia trionfale il protocollo d’intesa Lombardo – La Russa. Come si faccia a dirlo è un mistero, considerato che in nessun documento ufficiale delle Marina militare USA si afferma che l’installazione del nuovo sistema satellitare comporterà tagli alle emissioni delle antenne a bassa ed alta frequenza della stazione di Niscemi. C’è invece da supporre che il MUOS si sommerà agli impianti esistenti. Nel bilancio di previsione per il 2012 del Dipartimento della difesa è previsto un finanziamento di 280.000 dollari (NCTS Sicily Microwave), per “progettare, realizzare, installare e testare le componenti elettroniche necessarie all’interconnessione con le principali installazioni di NAS Sigonella, in modo di assicurare circuiti affidabili a supporto VLF, HF, MUOS e di altre missioni tattiche strategiche operate da NCTS Sicily”.
Ministro della difesa e presidente della regione confidano nella bontà del MUOS forti del parere “scientifico” di due esperti della facoltà d’Ingegneria dell’Università degli Studi di Palermo. Secondo loro “il sistema presenta, nelle aree antropizzate, valori di scambio elettromagnetico di gran lunga inferiori a quelli generati dal sistema di comunicazioni attualmente esistente”. Per gli ingegneri, il MUOS sarebbe quindi “migliorativo sia dal punto di vista di progetto elettronico sia in termini di valore di campo elettromagnetico cui può essere sottoposta la popolazione e non comporta condizioni di rischio per la salute dell’uomo”.
Conclusioni respinte dal professore Massimo Zucchetti, ordinario di Impianti nucleari del Politecnico di Torino e dal dottore Massimo Coraddu, consulente esterno del dipartimento di Energetica del Politecnico. In una recentissima “analisi dei rischi” del sistema satellitare USA, i due studiosi rilevano che con la realizzazione delle nuove antenne “si verificherà un incremento medio dell’intensità del campo in prossimità delle abitazioni più vicine pari a qualche volt per metro rispetto al livello esistente, con la possibilità del verificarsi di punti caldi, con un incremento del campo nettamente superiore”. Con il rapporto del Politecnico, a disposizione dell’amministrazione comunale di Niscemi, si spera di ribaltare la sentenza del Tar di Palermo che, un mese fa, ha legittimato la Marina degli Stati Uniti a continuare i lavori d’installazione del terminale terrestre.
“Siamo venuti a conoscenza del protocollo d’intesa tra la regione e il ministero della Difesa molto tempo dopo la sua firma”, commenta il sindaco del centro siciliano, Giovanni Di Martino. “Nessuno ha sentito il dovere di consultare preventivamente questa amministrazione. Abbiamo scelto di non entrare in merito sui contenuti dell’accordo, almeno fino a quando non si concluderà l’iter dei lavori alla stazione militare che vedono l’opposizione nostra e quella dei cittadini”. I No MUOS però non demordono. Venerdì 25 novembre si daranno appuntamento davanti alla sede del governo regionale a Palermo. Per essere finalmente ascoltati da un presidente che parla di “autonomismo” da Roma forse perché sogna una Sicilia colonia nordamericana.
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