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mercoledì 9 novembre 2011

Area Spa – Dall’Italia alla Siria, al servizio della repressione

da “bello come una prigione che brucia” [trasmissione di radio blackout]

Mentre la rappresaglia del regime siriano contro i manifestanti ha reclamato più di 3000 vite a partire dal marzo 2011, i tecnici italiani di Area Spa, stanziati sul territorio, sono tuttora particolarmente impegnati a fornire a Bashar Al-Assad il potere di intercettare, scansionare e catalogare potenzialmente ogni e-mail circolante attraverso il paese.
Ad occuparsi di installare il sistema, sotto supervisione di agenti dei servizi segreti siriani, sono appunto gli impiegati della Area Spa, una compagnia con sede nel varesotto, che insieme a Innova, Rcs e Sio, è una delle aziende con le quali il ministero della Giustizia nostrano è indebitato per circa 160 milioni di euro per il servizio di intercettazioni offerto al governo italiano. Fonti che hanno lavorato al programma, riferiscono delle continue pressioni del regime siriano su Area Spa per accelerare i tempi di realizzazione del progetto, vista la necessità di tracciare, identificare ed eliminare il dissenso interno. Il contratto è stato stipulato nel 2009, prima che iniziassero a dilagare le contestazioni, mentre a partire da febbraio di quest’anno, poche settimane prima dell’inizio delle proteste e della sanguinosa repressione, gli impiegati dell’azienda italiana hanno iniziato a muoversi verso Damasco, dove alloggiano in un appartamento nell’area residenziale della capitale.
Area Spa, impiega tecnologia europea e statunitense per servire gli imperativi della dittatura di Al-Assad: nulla di nuovo. Le strumentazioni belliche e di sorveglianza prodotte dal democratico occidente capitalista, alimentano le peggiori dittature in giro per il mondo: è infatti oramai noto come in Iraq furono i francesi a fornire a Saddam Hussein la tecnologia e i codici per intercettare i telefoni satellitari americani. O come in Libia, dopo la caduta di Gheddafi, si sia scoperto che società francesi, inglesi, spagnole e belghe avevano venduto a Gheddafi sistemi di intercettazione per linee fisse, telefonini, internet e comunicazioni satellitari. Per questo motivo, diverse grandi compagnie occidentali hanno mandato in Libia squadre speciali di contractors, nel tentativo di recuperare o distruggere le prove fisiche degli affari più imbarazzanti.
In questo caso, le aziende che producono i componenti del nuovo Grande Fratello siriano (come la californiana NetApp Inc., la francese Qosmos SA, e la tedesca Utimaco Safeware) non vendono direttamente al regime di Assad ma passano per l’Italia. L’Unione Europea, aderendo all’embargo contro la Siria ha proibito la vendita di armi, ma non quella di attrezzature elettroniche, nonostante queste risultino essere ben più letali in un contesto di repressione del dissenso politico. Gli Stati Uniti invece vietano l’esportazione di qualunque merce eccetto cibo e medicinali, anche per questo l’americana NetApp nega di aver mai attivato rapporti commerciali con il regime di Assad. Formalmente non fa un grinza: tutte le attrezzature prodotte dalla NetApp vengono di fatto acquistate ed esportate dalla Area Spa.
Quando l’azienda lombarda, Area Spa, avrà completato il progetto, le forze repressive siriane saranno in grado di monitorare i propri obbiettivi attraverso monitor flat-screen, dove verranno mostrati in tempo reale le comunicazioni e gli accessi alla rete e parallelamente una mappa del territorio con le connessioni internet graficamente sovrapposte alle abitazioni dei cittadini e i loro diversi contatti elettronici.
Questo apparato di sorveglianza, battezzato Asfador, occupa due stanze a temperatura controllata in un edificio nel quartiere di Mouhajireen: in quella al piano inferiore sono installati, su 30 scaffali rack, i computer e gli hard disk; al piano superiore sono presenti le 40 postazioni attraverso le quali gli operatori possono accedere ed elaborare i dati Il sistema di cui Area Spa sta completando l’installazione e successivamente la formazione degli addetti, è infatti costituito da postazioni informatiche di monitoraggio, battezzate dalla compagnia “Captor”, che lavorano in simbiosi con le risorse della Syrian Telecommunication Establishment, il principare operatore siriano di telefonia fissa.
Senza il supporto tecnologico di Area Spa, il regime di Assad potrebbe sorvegliare solo una porzione delle comunicazioni nazionali, mentre a progetto completato, i servizi siriani potranno consultare, catalogare, identificare e localizzare tutto ciò che transita in rete.
E’ un sistema esplicitamente studiato per la repressione, un ambito in cui la società Area Spa opera dalla sua creazione, nel 1996, quando iniziò ad offrire servizi di intercettazione al governo italiano.
Nel 2008 il regime siriano inizia a prendere contatto con Area Spa, e l’anno successivo viene siglato un contratto da oltre 13 milioni di euro.
Interpellato da due giornalisti di Bloomberg News in merito alla collaborazione della sua azienda con un regime sanguinario, il presidente di Area Spa, Andrea Formenti ha dichiarato che la compagnia rispetta tutte le leggi e le regolamentazioni inerenti le esportazioni, aggiungendo come non ci sia nulla di strano nella scelta di un governo di utilizzare sistemi di intercettazione assolutamente “legali”, per catturare soggetti “criminali”. Che “legale” e “criminale” siano due categorie funzionali al mantenimento del potere, che vengano stabilite dallo stesso apparato autoritario e che non abbiano alcun valore universale, sono riflessioni che probabilmente Andrea Formenti preferisce evitare di affrontare. Sembra invece maggiormente preoccupato dalle repentine trasformazioni degli scenari politici e dalle eventuali ripercussioni sulla salute dei propri contratti milionari, quando dichiara: “Bisogna considerare che i sistemi di intercettazione legali sono caratterizzati da processi di vendita molto lunghi e le cose cambiano molto rapidamente. Gheddafi era un caro amico del nostro primo ministro fino a poco tempo fa.”
Maggiore imbarazzo dimostrano invece i partner francesi, che dovrebbero fornire ad Area Spa strumenti e supporto informatico. La dirigenza della Qosmos, che commercia in software sonda in grado di entrare nelle caselle di posta elettronica o direttamente nei monitor dei cittadini spiati, si dice pronta a ritirarsi dall’accordo stipulato con l’azienda italiana, e quindi indirettamente con il regime siriano. Per ora, viste anche le difficoltà e le penali per la scissione di un contratto milionario, restano solo belle parole.
L’acquisto da parte del governo siriano di tecnologie e servizi per la repressione italiani, è un’ulteriore riprova del ruolo cardine nel supporto alle dittature ricoperto da diversi settori dell’industria occidentale. Oltre alle armi leggere e pesanti fornite da Beretta e affini, ai sistemi d’arma di Finmeccanica, o ai dispositivi di produzione europea per la tortura e il contenimento (quali pungoli elettrici o manette per pollici, descritti in un rapporto di Amnesty International di marzo 2010), ditte e industrie complici di regimi sanguinari, omicidi politici e sadismi vari operati a migliaia di chilometri di distanza, hanno sedi e centri operativi molto più vicini alla nostra quotidianità.
Magari, come per Area Spa, un anonimo ufficio vicino all’aeroporto di Malpensa, dove nessuno potrebbe immaginare che si tessano le trame, fatte di rapporti commerciali, cavi di rete e stringhe di codice, per alimentare il regime di Bashar al-Assad, per fornirgli precisi e subdoli strumenti atti a scardinare il dissenso e la resistenza.
Tecnici di Area Spa erano in Siria, proprio nei giorni in cui si palesava la scelta autoritaria e sanguinaria di Assad; era marzo mentre nelle strade le manifestazioni venivano represse nel sangue, e chiusi nel loro stanzino gli informatici italiani scambiavano mail con gli statunitensi di NetApp per delucidazioni sulle procedure di installazione degli hard disk dove immagazzinare ogni dato di traffico del popolo siriano, per smascherare agli occhi del regime eventuali rapporti complici, solidali, cospiranti o dissidenti. Proviamo a pensare ai racconti dei nostri nonni sulla resistenza partigiana, proviamo a condirli di intercettazioni telefoniche e ambientali, telecamere di sorveglianza, immagini satellitari. Sembra uno scenario senza vie di scampo. Eppure è un nemico fatto principalmente di cavi, di scambio di dati, di lenti e microfoni. E’ un nemico complesso e capillarizzato, ma fragile e vulnerabile.
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Blue Coat
Abbiamo descritto alcuni retroscena di Asfador, il sistema di sorveglianza delle comunicazioni fornito dalla italiana Area Spa al regime di Bashar Al-Assad. Passiamo ad un altro strumento, questa volta fornito dall’americana Blue Coat, per consentire al governo siriano di censurare la rete e monitorare gli attivisti anti-regime.
Lo strumento informatico, fornito da una delle principali compagnie della Silicon Valley, consente a governi e grandi aziende di gestire il traffico dati, ma può anche venire impiegato per monitorare gli utenti e bloccare l’accesso a determinati siti web, come social network o servizi di messaggistica e telefonia come Skype, divenuti primari canali di comunicazione nelle recenti insurrezioni nel mondo arabo.
Ad agosto il gruppo di attivisti hacker svedesi “Telecomix”, oltre ad avere fornito per mesi supporto tecnico ai dissidenti di diversi paesi, aiutandoli a criptare i messaggi e ad allestire reti di comunicazione locali, ha scaricato 54 giga di dati appartenenti alle compagnie di telefonia siriana.
Da questi documenti emerge come il governo siriano utilizzi tecnologie della Blue Coat, come SG-400 e Proxy SG-9000, per filtrare le comunicazioni che attraversano la rete del paese.
Ovviamente i portavoce della Blue Coat negano, a differenza degli italiani della Area Spa, ogni coinvolgimento consapevole, ammettendo comunque la possibilità di vendite indirette.
Di fatto è assolutamente assodato il ruolo ricoperto dalle tecnologie occidentali nel supporto alle dittature arabe. Negli ultimi mesi è, per esempio, emerso come i servizi segreti libici utilizzassero strumenti della compagnia francese Amesys, o le forze repressive egiziane quelli della britannica Gamma Group, o ancora quelli della Trovicor in Baharain. Tecnologie che vanno dalla sorveglianza alla trascrizione automatica degli interrogatori.
Tornando alla Blue Coat, oltre a strumenti di sorveglianza e censura, la compagnia è specializzata in sistemi di “gestione del traffico” per le compagnie di telecomunicazioni nazionali.
A settembre, Blue Coat ha annunciato che Afribone (un internet provider del Mali), ha acquistato uno dei suoi prodotti, formalmente, per gestire i picchi di traffico. Allo stesso tempo, la compagnia americana ha dichiarato che la tecnologia venduta ad Afribone, potrà consentire un filtraggio degli indirizzi internet per assecondare le richieste culturali del provider malinese. Leggesi censura. Non a caso Blue Coat è stata insignita del titolo di “Venditore dell’Anno”, nel 2010 a Dubai, probabilmente per i servizi di censura tecnologica che vende ai governi di Arabia Saudita, Emirati Arabi, Quatar, Kuwait, Oman e Yemen. Censura, che grazie ai servizi aggiuntivi offerti dalla stessa compagnia, si trasforma rapidamente in identificazione degli utenti.
Ecco alcune evoluzioni di un mondo, quello della tecnologia e in particolare della rete, che nonostante venga raffigurato come foriero di libertà (virtuali), nella concretezza rimane solidamente ancorato alle sue radici militari, un mondo che oltre a sopravvivere grazie a complesse infrastrutture capitaliste, si concretizza come indispensabile strumento di controllo e sorveglianza. In un mondo, che mai prima d’ora nella storia dell’umanità, ha sottoposto i propri abitanti a un tale livello di monitoraggio. Sorvegliati spesso consenzienti, abbagliati dal fascino delle lucine e dei display, che contribuiscono in prima persona alla diffusione capillare di un carcere a cielo aperto, in cui le sbarre e la vigilanza delle guardie sono meno appariscenti, ma altrettanto opprimenti.

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