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giovedì 9 giugno 2011

Poligoni militari sardi, un manuale di controinformazione dello Stato Maggiore per rendere credibili le istituzioni

Alcuni bersagli utilizzati nel Poligono di Quirra (Ansa)


L’importante è controinformare: non fa nulla se un cittadino muore o un soldato si ammala. Per agevolare il lavoro di disinformazione, il ministero della Difesa ha inviato nelle caserme interessate un piano di “norme e di linguaggio” per i militari che operano nei poligoni di tiro della Sardegna. Il “Piano di Comunicazione”, predisposto dallo Stato Maggiore è un vademecum, una sorta di bignamino delle veline che gli interessati devono attivare quando i media tentano di indagare sulle attività addestrative e di sperimentazione svolte dalle forze armate italiane e straniere presso i poligoni di Capo Frasca, Capo Teulada e Salto di Quirra “con particolare riferimento alle problematiche connesse alla tutela dell’ambiente e della salute”.
Gli argomenti posti al bando sono scottanti: in particolare il documento suggerisce di non dare troppi chiarimenti sull’uso di uranio impoverito e sugli effetti delle “nano particelle”. Inoltre, consiglia di non dare spiegazioni sul nesso di causalità esistente tra le sostanze 'sparate' nel poligono e le malattie genetiche e le leucemie riscontrate tra le popolazioni locali e nel personale militare. Sempre secondo il prontuario, non devono essere enfatizzati i casi di malattia riscontrati fra il bestiame della zona. E ancora, si deve evitare come la peste di parlare dell’inquinamento “elettromagnetico generato dai radar per la guida dei missili e per il controllo delle attività dei poligoni”. Top secret anche le indagini ambientali svolte su input della Difesa.
Ai militari è stato inoltre imposto il compito di non dare risalto alla ”indagine anamnestica svolta” nell’area di Quirra dai veterinari dell’ Asl di Cagliari Giorgio Melis e Sandro Lorrai. Secchiate d'acqua devono essere versate sull'indagine ordinata dalla Procura della Repubblica di Lanusei: secondo lo Stato Maggiore, "potrebbe minare la credibilità dell’istituzione militare” e la “corretta percezione dell’opinione pubblica” sulla veridicità dell’indagine ambientale promossa dal ministero della Difesa nel 2008 per fare “piena chiarezza sulla situazione”. In definitiva, si è chiesto ai militari di innalzare una cortina di ferro per salvaguardare la “fattibilità delle attività addestramento e di sperimentazione condotte all’interno del Poligono, per fini istituzionali, da parte degli operatori industriali di ricerca e sperimentazione”.
Le parole d'ordine: "Minimizzare e neutralizzare gli effetti di una comunicazione non supportata da dati oggettivi”; ridurre ai minimi termini “il danno d’immagine” per l’amministrazione e per l’esercito; difendere “il valore delle risultanze delle indagini ambientali” commissionate dalla Difesa. Per ottenere questi risultati la circolare consiglia di “definire una strategia di comunicazione unitaria” e di designare “figure di riferimento nell’ambito della difesa” e di affiancarli di volta in volta esperti in materia di sanità, armamenti e balistica in gradi di “supportare, confutare, a livello scientifico le tesi riportate dagli organi di stampa”. Il quadro è agghiacciante: perché non si tiene conto, in alcun modo, della salute degli abitanti, né di quella dei militari.
Ogni comandante, ogni ufficio stampa dell’Esercito deve utilizzare “messaggi chiave”. Qualche ritaglio: “Il ministero della Difesa ha a cuore il benessere del proprio personale e dei civili”; la Difesa ha sempre garantito “indagini ambientali serie, approfondite, trasparenti”; il ministero della Difesa garantisce “grande attenzione alle norme ambientali”; le forze armate “non hanno mai usato o stoccato uranio impoverito al poligono”. Uno dei piatti forti delle “norme di linguaggio” imposte dalla Difesa è il comunicato stampa del 27 febbraio 2011 che ha per oggetto le indagini di Lanusei: “In merito a quanto apparso sugli organi di stampa ... è opportuno e doveroso” che i militari sostengano la tesi secondo la quale “tra il materiale finora rinvenuto nel corso delle ispezioni disposte dal magistrato inquirente non figura alcun munizionamento all’uranio impoverito. Si tratta bensì di componenti elettronici per usi industriali (civili e militari) ”.

La mission ha avuto successo: tutti i mass media che si sono occupati delle indagini di Lanusei hanno riportato tutti le stesse parole. Lo Stato Maggiore ha così centrato il suo obiettivo di “ridurre il livello di apprensione ingeneratesi nella collettività … minimizzare/neutralizzare i danni d’immagine per l’Amministrazione della Difesa e le F.A. da notizie non supportate da dati oggettivi”. Il tutto per la tutela d’informazioni di “carattere classificato”. “Disinformatia”. I pastori hanno lasciato i pascoli di Quirra.

E proprio a Quirra i pastori sono in rivolta. ''Porteremo le pecore davanti al Tribunale se non potremo pascolare e mungere le greggi nei campi dell'Ogliastra'', è la minaccia-appello lanciata dalla Coldiretti dopo l'avvio dello sgombero degli allevatori dalle aree adiacenti il Poligono, disposto dalla Procura di Lanusei nell'ambito dell'inchiesta sulla possibile correlazione fra i test militari e i casi di malattie e morti fra pastori, personale della base e bestiame. Lo sgombero, che colpisce 62 allevatori, dovrà essere completato entro il 20 luglio
09 giugno 2011

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