Dopo avere preso atto del fatto che in Val di Susa la strategia dei manganelli non ha invero sortito alcun effetto tangibile, che prescindesse dal rafforzamento della protesta, la "banda del buco" sembra ora avere deciso di chiamare a raccolta legulei e magistrati compiacenti, per tentare di smantellare la lotta NO TAV attraverso l'uso dell'inquisizione.
Sono infatti 65 gli avvisi di garanzia, a vario titolo recapitati in questi giorni ad attivisti del movimento NO TAV, ed è di questa mattina perfino la perquisizione nella casa di Alberto Perino, bancario in pensione, da sempre in prima fila nella lotta contro l'alta velocità.
I reati ipotizzati sono in linea di massima istigazione a commettere reati, resistenza aggravata, interruzione di pubblico servizio e violenza privata e riguardano una serie di fatti accaduti nell'inverno 2010 e la sassaiola (quella delle 711 pietre contate dalla questura) dello scorso 24 maggio alla Maddalena di Chiomonte.
Curiosamente le proteste dello scorso anno, oggetto delle accuse, furono provocate (ad arte?) da una serie di sondaggi, assolutamente inutili dal punto di vista tecnico, poiché effettuati sotto i piloni dell'autostrada e dentro le discariche, messi in essere in tutta evidenza al solo scopo di generare una reazione da parte di chi contesta l'opera. Mentre la sortita notturna del 24 maggio fu condotta dalle forze dell'ordine in maniera talmente maldestra da lasciare supporre che fosse unicamente finalizzata ad istigare i manifestanti.....
Laddove ha falllito il bastone, potrebbe invece sortire l'effetto voluto la scure giudiziaria, deve essere stato il pensiero della consorteria politica del "Minotauro" che riguardo a giudici e processi vanta grande dimestichezza. Pensiero che in tutta evidenza ha dato il la all'operazione "inquisizione" con la quale tentare di smantellare il movimento NO TAV, attraverso la paura della galera, che si muove sfruttando ingranaggi imperscrutabili degni del Processo di Kafka.
La prima sensazione è quella che la consorteria del tondino e del cemento abbia fatto male i conti, dal momento che "gonfiare il petto", producendo accuse scarsamente credibili e minacciare le persone a titolo personale, arrivando ad entrare nelle loro case, è un atteggiamento che in Val di Susa non spaventa proprio nessuno. Tanto più chi, da anni è abituato a stare sulle barricate per difendere la terra in cui vive, dal partito del malaffare e conosce i luoghi esatti dove il malaffare alligna.
La seconda è quella che la congrega di politici e prenditori interessati alla costruzione dell'opera, in questo momento in grande difficoltà, stia cercando una scorciatoia giudiziaria che le permetta di arrivare alla meta, senza passare dalle forche caudine della contestazione popolare.
Anche in questo caso si tratta di un errore di calcolo o di una "pia" illusione, fate voi. Chi vorrà costruire il TAV in Val di Susa dovrà giocoforza confrontarsi con la rabbia popolare, salire a Chiomonte, bastonare i cittadini, militarizzare la Valle per anni e affrontare le conseguenze politiche del proprio gesto. Proprio quelle conseguenze che in questo momento tutti stanno rimpallandosi l'un l'altro, evidentemente terrorizzati dal fatto di ritrovarsi nella stessa palude del 2005.
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sabato 18 giugno 2011
Dopo i manganelli la "legge"
In Val di Susa inizia l'inquisizione
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