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mercoledì 12 ottobre 2011

Triplice stop del Tar Sardegna ai radar anti-migranti di Antonio Mazzeo

No Radar 3, GdF Almaviva 0. È festa tra i comitati che si
oppongono all’installazione dei radar anti-migranti in alcune delle
aree naturali più incantevoli della Sardegna. Il Tribunale
Amministrativo Regionale di Cagliari ha accolto le richieste di Italia
Nostra e del Comune di Tresnuraghes, ordinando la sospensione dei
lavori nei tre siti prescelti dal Comando generale della Guardia di
finanza per i sensori che dovrebbero impedire gli irrealistici sbarchi
d’immigrati nelle coste sarde. Il secondo round è previsto per il 25
gennaio 2012, quando il Tar si pronuncerà sul merito dei ricorsi.
“Per
adesso i siti costieri di Flumenimaggiore, Sant’Antioco e Tresnuraghes
sono salvi”, commenta il segretario regionale di Italia Nostra,
Graziano Bullegas. “L’orientamento manifestato dai giudici
amministrativi ci fa sperare in una decisione sul merito favorevole, in
modo da chiudere definitivamente la partita con il dissennato progetto
della rete anti-migranti della Guardia di finanza e della società
chiamata a curarne l’allestimento, Almaviva S.p.a. di Roma”.
Per
Leandro Janni, consigliere nazionale dell’associazione, la triplice
decisione del Tar cagliaritano rappresenta una “nuova, importante e
autorevole affermazione dei valori dell’ambientalismo”. “Nelle
ordinanze – spiega Janni - sono stati presi in considerazione il
principio di precauzione, ma anche i diritti alla salute, alla
salubrità dell’ambiente e ad un paesaggio non devastato. Principi e
diritti collegati fra loro, con un nucleo centrale comune, espressione
di un sentimento del vivere e di un’idea sana della vita. Un’
esemplificazione sul campo dell’irrinunciabilità ad
ulteriori indicatori di benessere, individuando il bene comune
come il fondamento stesso della democrazia e della libertà”.
Nelle
ordinanze di sospensione dei provvedimenti che hanno autorizzato la
Guardia di finanza ad installare i radar di produzione israeliana, il
Tar sottolinea come “l’interesse nazionale perseguito con la
realizzazione dell’opera cede di fronte al superiore interesse pubblico
costituito dalla tutela della salute, pacificamente intesa come diritto
soggettivo della persona e come interesse della collettività ad un
ambiente salubre”.“Il legame di questo diritto con la tutela della
salute attribuisce ad essa il valore dell’assolutezza”, aggiunge il
Tar. “Ciò significa che va protetto contro ogni iniziativa ostile da
chiunque essa provenga e con la conseguenza che esso ha anche una
valenza incondizionata”.
Per i giudici amministrativi, la tutela della
salute va ampliata fino a comprendere le ipotesi in cui i rilievi
scientifici non raggiungano una “chiara prova di nocività a lungo
termine”, per cui “occorre applicare il principio di minimizzazione,
corollario del principio di precauzione di derivazione comunitaria”.Il
principio della salubrità dell’ambiente deve essere inteso inoltre non
solo come assenza di danno ma “anche e soprattutto come assenza di
alterazione irreversibile o comunque permanente di fattori ambientali,
la cui cura è affidata alla pubblica amministrazione in modo
prioritario rispetto ad altri interessi”. Un’affermazione
inequivocabile che nella gerarchia dei valori, la difesa dell’ambiente
e della salute umana è incomparabile.
Nelle ordinanze di sospensione
dei lavori, vengono pure rilevate incongruenze nelle valutazioni sulla
sostenibilità ambientale della nuova rete radar della Guardia di
finanza. “Il parere dell’ARPAS, l’Agenzia regionale per la protezione
dell’ambiente, non sembra reso sulla base di una approfondita
istruttoria, ma, per stessa ammissione dell’Amministrazione procedente,
in modo frettoloso per non perdere i finanziamenti per questa opera di
interesse nazionale”. Inoltre, appaiono “erronee o comunque
approssimative” le valutazioni negative effettuate dal Servizio
sostenibilità e valutazione impatti (Savi) dell’Assessorato regionale
alla Tutela dell’Ambiente. “Tale giudizio – afferma il Tar - appare
reso in difetto di appropriata considerazione delle caratteristiche dei
siti ove gli impianti dovrebbero sorgere”. Per i radar anti-migranti,
infatti, si è deciso incomprensibilmente di utilizzare aree protette d’
incomparabile pregio
 naturalistico e paesaggistico.  
Nello
specifico, il Collegio rileva che nel caso di Sant’Antioco, l’area
prevista per l’installazione ricade nell’ambito n. 6 “Carbonia ed Isole
Minori” del Piano paesaggistico regionale e nella Zona di protezione
speciale (Zps) perimetrata ai sensi della Direttiva 79/409/CEE. Per
Fluminimaggiore, invece, l’area ricade nell’ambito n. 8 “Arburese” del
Ppr e in Zona SIC (sito d’interesse comunitario), perimetrata ai sensi
della Direttiva 92/43/CEE. Nonostante le tutele delle leggi, le
autorità competenti hanno rilanciato autorizzazioni per lavori
notevolmente impattanti. Nei siti si prevede l’estirpazione di macchia
mediterranea in superfici estese tra i 200 e i 300 mq; il
posizionamento di shelter di dimensioni 6x2,5x2,7; la realizzazione di
basamenti di cemento armato (al 95% interrati e sporgenti dal terreno
per 10–15 cm) e di reti metalliche elettrosaldate alte 2 metri; il
trasporto e l’installazione di torri d’acciaio
 con porta antenna, alte
tra i 10 e i 12 metri.
Come denunciato da Italia Nostra e dai comitati
No Radar sorti nell’isola, prima dei pronunciamenti del Tar, sono stati
effettuati alcuni interventi nelle aree sottoposte a tutela ambientale.
“Lo scorso 24 marzo, ad esempio, in località “Capo Sperone - Su
Semafuru” a Sant’Antioco, alcuni lavoratori hanno avviato il
decespugliamento nella sommità del colle, in un’area diversa da quella
indicata in progetto e per la quale era stato rilasciato parere
positivo dalla Soprintendenza delle Province di Cagliari e Oristano”,
afferma Graziano Bullegas. “Sul luogo non è stato però rinvenuto alcun
cartello di cantiere indicante l’oggetto dei lavori, la data d’inizio
degli stessi, il committente, la ditta esecutrice e quant’altro che per
legge dia conto della natura e regolarità delle attività svolte”. E la
non corrispondenza tra il cantiere contrassegnato per i lavori e l’area
autorizzata per l’ubicazione del radar si è ripetuta
 pure nel caso di
Tinnias, Tresnuraghes.
“Il 13 maggio sono iniziati i lavori pure a
Punta Vedetta, in località Argentiera, nel comune di Sassari”, aggiunge
il segretario regionale di Italia Nostra. “In questo caso i lavoratori
della ditta preposta sono arrivati con una macchina operatrice con l’
intenzione di spianare l’area, ma i lavori non hanno avuto corso perché
numerosi cittadini e successivamente gli amministratori comunali, hanno
chiesto di capire cosa si stava cercando di realizzare e i lavoratori
hanno quindi desistito”. Almaviva S.p.a. ha poi sospeso ogni
intervento. Gli ambientalisti fanno pure notare che Punta Vedetta è
stata individuata come “area a forte rischio di frane” dal Piano per l’
assetto idrogeologico della Sardegna, così come dalla relazione
ambientale allegata al Piano urbanistico del comune di Sassari.
Molto
più devastanti i lavori avviati a fine marzo in località Capo Pecora –
Fluminimaggiore, subito bloccati dal presidio spontaneo di donne
e  giovani locali. Le ruspe hanno sbancato il cucuzzolo di Murru
Biancu, la collina che domina il litorale vicino alla provinciale,
sfregiando il territorio con una nuova arteria stradale di oltre 200
metri di lunghezza e 4-6 metri di larghezza. “Le prime piogge autunnali
hanno trasformato i tornanti in un pericoloso letto di fango mentre
sono visibili gli scavi da cui sono stati asportati illegalmente decine
e decine di metri cubi di terra e inerti”, denunciano i No Radar.
“Questi interventi non risultano essere mai stati autorizzati dall’
amministrazione comunale e comunque sono sicuramente in contrasto con l’
autorizzazione rilasciata dal SAVI il 31 gennaio 2011”.
Stando ad una
prima ricerca catastale, i terreni su cui dovrebbe sorgere il radar di
Fluminimaggiore sarebbero stati dati in comodato d’uso alla Guardia di
finanza dalla Forma Urbis S.p.a. di Padova. La società è proprietaria
nella zona tra Arbus e Fluminimaggiore di circa 540 ettari, rilevati
anni fa dall’azienda agricola dei Casana. Nel febbraio 2004, gli
architetti veneti Gianpietro Gallina e Albano Salmaso, titolari del 50%
della quota sociale di Forma Urbis, presentarono agli amministratori
locali un progetto per un complesso turistico-residenziale di 120.000
metri cubi di cemento, fortunatamente mai decollato. A fine 2006, i due
professionisti trasferirono per 20 milioni di euro le loro quote a
Mauro Benetton, ex direttore generale di Ducati Motor Holding e
responsabile marketing dell’omonimo gruppo familiare (Mauro è figlio di
Luciano Benetton). Attualmente l’altro 50% della S.p.a. è in mano ai
fratelli Alessandra, Enrico, Paola e
 Lorenza Toffano, anch’essi
veneti, già titolari di una consistente quota azionaria della catena di
supermercati Despar. Per la cronaca, Forma Urbis è pure proprietaria di
una parte dei terreni della costa di Teulada, fra Capo Spartivento,
Tuerredda e Malfatano, dove si sta costruendo un mega complesso
turistico-alberghiero fortemente osteggiato dagli ambientalisti sardi.
Per il cosiddetto “Piano Malfatano” sono scesi in campo, accanto alla
società di Padova, due big della portata di Francesco Gaetano
Caltagirone ed Emma Marcegaglia, mentre sono state commissionate al
Dipartimento d’Ingegneria del territorio dell’Università di Cagliari le
“linee guida per la gestione ambientale del piano di sviluppo
turistico”. Direttore scientifico, il professore Giancarlo Deplano.

Nelle ordinanze di sospensione dei provvedimenti autorizzativi dei
lavori, il Tribunale amministrativo di Cagliari lamenta infine l’
assenza di studi o riferimenti, da parte degli organi competenti, dell’
impatto che le onde elettromagnetiche potrebbero generare sugli
abitanti e sulle specie animali che popolano le aree interessate ai
radar. Una delle motivazioni addotte dall’Avvocatura dello Stato per
giustificare la scarsa attenzione verso i rischi elettromagnetici degli
impianti è quella che “ai sensi dell’articolo 2 comma 3 della legge
quadro del 22 febbraio 2001 sulla protezione delle esposizioni a campi
elettrici, magnetici ed elettromagnetici, nei riguardi delle Forze
armate e delle Forze di polizia le norme sono applicate tenendo conto
delle particolari esigenze del servizio espletato”. Affermazione che
contraddice la Guardia di finanza che continua a sostenere in ogni sede
l’innocuità dei radar israeliani e il pieno rispetto delle
 norme
legislative sui limiti delle emissioni.
Di altro avviso sono invece i
giudici del Tar. “Le opere in argomento – scrivono - benché certamente
da considerarsi d’interesse statale e destinate all’esecuzione di
compiti istituzionali di un Corpo nazionale di polizia ad ordinamento
militare, sono sempre qualificate, nelle comunicazioni dell’
Amministrazione, come opere di carattere civile”. Grazie a questo
escamotage, la concessione delle autorizzazioni per gli impianti radar
è avvenuta senza la convocazione del Comitato misto paritetico Stato-
Regione sulle servitù militari.
Sulla rilevanza strategico-militare
della nuova rete di rilevamento della Guardia di finanza si è espresso
il senatore Pd Antonello Cabras, vicepresidente della delegazione
parlamentare italiana alla Nato (ed ex sindaco di Sant’Antioco). “I
radar sono indispensabili per prevenire ogni possibile azione contro la
sicurezza dell’Europa e la loro funzione anti-clandestini è solo un
aspetto del progetto”, ha dichiarato Cabras a margine del vertice del
Patto Atlantico tenutosi nell’isola della Maddalena, lo scorso mese di
luglio. Ancora più esplicito l’ammiraglio Samuel J. Locklear III,
comandante delle forze navali Usa e Nato per il Sud Europa e l’Africa.
“Dobbiamo garantire la sicurezza nel Mediterraneo e per questo dobbiamo
contare su una rete analoga a quella usata contro i narcotrafficanti”,
ha spiegato l’alto ufficiale. “Attraverso i nostri apparati di
controllo oggi possiamo vigilare sul 60% degli specchi d’acqua, in
futuro
 dovremmo portare questo livello al 70-80%. Per farlo non è
indispensabile avere nostre unità costantemente in mare per compiti di
pattugliamento. Èsufficiente che la Marina, grazie alla sorveglianza
dei radar, possa intervenire rapidamente, dove necessario”. Ben vengano
dunque le selve d’antenne in Sardegna e in sud Italia per la guerra
alle migrazioni e ai migranti…

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